Sandro Pertini: differenze tra le versioni

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Solo nel 1943, alla [[caduta del fascismo|caduta del regime fascista]], fu liberato. Contribuì a ricostruire il vecchio PSI fondando insieme a [[Pietro Nenni]] e [[Lelio Basso]] il [[Partito Socialista Italiano#La nascita del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria - PSIUP|Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria]]. Il 10 settembre 1943 partecipò alla battaglia di [[Porta San Paolo]] nel [[mancata difesa di Roma|tentativo di difendere Roma]] dall'occupazione tedesca. Divenne in seguito una delle personalità di primo piano della [[Resistenza italiana|Resistenza]] e fu membro della giunta militare del [[Comitato di Liberazione Nazionale]] in rappresentanza del PSIUP. A [[Roma]] fu catturato dalle [[SS]] e condannato a morte; riuscì a salvarsi evadendo dal [[carcere di Regina Coeli]] assieme a [[Giuseppe Saragat]] e ad altri cinque esponenti socialisti grazie a un intervento dei [[partigiani]] delle [[Brigate Matteotti]]. Nella lotta di Resistenza fu attivo a Roma, in [[Toscana]], [[Valle d'Aosta]] e [[Lombardia]], distinguendosi in diverse azioni che gli valsero una [[medaglia d'oro al valor militare]]. Nell'aprile 1945 partecipò agli eventi che portarono alla liberazione dal [[nazifascismo]], organizzando l'insurrezione di [[Milano]] e votando il decreto che [[morte di Mussolini|condannò a morte Mussolini]] e gli altri gerarchi fascisti.
 
Nell'[[Repubblica Italiana|Italia repubblicana]] fu eletto deputato all'[[Assemblea Costituente (Italia)|Assemblea Costituente]] per i socialisti, quindi [[Senato della Repubblica|senatore]] nella [[I legislatura della Repubblica Italiana|prima legislatura]] e [[Deputato della Repubblica Italiana|deputato]] in quelle successive, sempre rieletto dal 1953 al 1976. Ricoprì per due legislature consecutive, dal 1968 al 1976, la carica di [[Presidente della Camera dei deputati (Italia)|presidente della Camera dei deputati]], infine [[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1978|fu eletto]] [[presidente della Repubblica Italiana]] l'8 luglio 1978. Andando spesso oltre il "basso profilo" tipico del ruolo istituzionale ricoperto, il suo mandato presidenziale fu caratterizzato da una forte impronta personale che gli valse una notevole popolarità, tanto da essere ricordato come il "presidente più amato dagli italiani" o il "presidente degli italiani"<ref name="Altichieri">{{Cita news|autore=Alessio Altichieri|url=http://archiviostorico.corriere.it/1992/maggio/24/non_sara_piu_altro_Pertini_co_0_92052412145.shtml|titolo="Non ci sarà più un altro Pertini" la Voltolina ricorda il suo Sandro|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=24|mese=4|anno=1992|accesso=10 febbraio 2009|dataarchivio=27 settembre 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150927195617/http://archiviostorico.corriere.it/1992/maggio/24/non_sara_piu_altro_Pertini_co_0_92052412145.shtml|urlmorto=no}}</ref><ref name="Spina">{{Cita news|autore=Francesco La Spina |url= http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/10/19/savona-roma-nel-nome-di-pertini.html|titolo=Savona-Roma nel nome di Pertini | pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]] |giorno=19|mese=10|anno=2005| accesso = 1º settembre 2022 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20171010054815/https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/10/19/savona-roma-nel-nome-di-pertini.html |dataarchivio = 10 ottobre 2017 |urlmorto = no}}</ref><ref name="Schiavi">{{Cita news|autore=Giangiacomo Schiavi|url=http://archiviostorico.corriere.it/2007/aprile/23/Quel_giorno_Pertini_disse_co_9_070423122.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060744/http://archiviostorico.corriere.it/2007/aprile/23/Quel_giorno_Pertini_disse_co_9_070423122.shtml|titolo="Non ci sarà più un altro Pertini" la Voltolina ricorda il suo Sandro|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=24|mese=4|anno=1992|accesso=10 febbraio 2009|urlmorto=sì}}</ref>, avendo ricevuto infatti l'82,3% dei voti, il più alto tra tutte le elezioni presidenziali della storia repubblicana.
 
Come capo dello Stato conferì l'incarico a sei [[Presidente del Consiglio dei ministri|presidenti del Consiglio dei ministri]]: [[Giulio Andreotti]] (del quale respinse le dimissioni di cortesia presentate nel 1978), [[Francesco Cossiga]] (1979-1980), [[Arnaldo Forlani]] (1980-1981), [[Giovanni Spadolini]] (1981-1982), [[Amintore Fanfani]] (1982-1983) e [[Bettino Craxi]] (1983-1987). Nominò cinque [[senatore a vita (ordinamento italiano)|senatori a vita]]: [[Leo Valiani]] nel 1980, [[Eduardo De Filippo]] nel 1981, [[Camilla Ravera]] nel 1982 (prima donna senatrice a vita), [[Carlo Bo]] e [[Norberto Bobbio]] nel 1984; infine nominò tre [[Giudici della Corte costituzionale della Repubblica Italiana|giudici della Corte costituzionale]]: nel 1978 [[Virgilio Andrioli]], nel 1980 [[Giuseppe Ferrari (giurista)|Giuseppe Ferrari]] e nel 1982 [[Giovanni Conso]].
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[[File:Famiglia Pertini.gif|miniatura|sinistra|Sandro, in piedi, con la madre, il padre, la sorella Marion e il fratello Eugenio]]
 
Sandro Pertini, molto legato alla madre Maria Giovanna Adelaide Muzio, nata a Savona il 20 dicembre 1854 e morta a Stella il 31 gennaio 1945, fece i primi studi presso il collegio dei salesiani "[[Don Bosco]]" di [[Varazze]], poi al Liceo Ginnasio "[[Gabriello Chiabrera]]" di [[Savona]], dove ebbe come professore di filosofia [[Adelchi Baratono]], socialista riformista e collaboratore di ''[[Critica Sociale]]'' di [[Filippo Turati]], che contribuì ad avvicinarlo agli ambienti del [[movimento operaio]] ligure<ref>[http://www.pertini.it/cesp/video/socialismo.wmv CESP - Video] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515214622/http://www.pertini.it/cesp/video/socialismo.wmv |date=15 maggio 2011 }} Intervista</ref>. Del professor Baratono Pertini conserverà un insegnamento al quale rimarrà fedele: {{Citazione|Se non vuoi mai smarrire la strada giusta resta sempre a fianco della classe lavoratrice nei giorni di sole e nei giorni di tempesta.|Discorso del Presidente Pertini ai lavoratori dell'Italsider. Savona, 20 gennaio [[1979]]<ref>{{Cita|Massimiliano Di Mino e Pier Paolo Di Mino|pp. 47-48|DiMino}}.</ref><ref>{{Cita web | url = http://www.pertini.it/cesp/doc_04.htm | titolo = Il professor Baratono, maestro di socialismo | data = Savona, 20 gennaio 1979 | accesso = 1º settembre 2022 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20210518064931/http://www.pertini.it/cesp/doc_04.htm |dataarchivio = 18 maggio 2021 |urlmorto = no }}</ref>}}
 
Scoppiata la [[prima guerra mondiale|Grande Guerra]], nel novembre 1915 fu chiamato alle armi e assegnato alla 1ª Compagnia Automobilisti del 25º reggimento di artiglieria da campagna di stanza a [[Torino]], dove giunse il 2 dicembre.
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Seppur in possesso della licenza ginnasiale, prestò inizialmente servizio come soldato semplice, essendosi rifiutato, come molti altri socialisti [[Interventismo#I neutralisti|neutralisti]] del periodo, di fare il corso per ufficiali. Il 7 aprile 1917, tuttavia, venne inviato sul fronte dell'[[Isonzo]] e, a seguito di una direttiva del generale [[Luigi Cadorna|Cadorna]] che obbligava i possessori di titolo di studio a prestare servizio come ufficiali, frequentò il corso a Peri di [[Dolcè]].<ref name= FSP >{{Cita web | url = http://www.fondazionepertini.it/asp/fondazione.asp?IdSez=1&IdSottoSez=45 | titolo = Fondazione Sandro Pertini – Biografia | accesso = 1º settembre 2022 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20110912205333/http://www.fondazionepertini.it/asp/fondazione.asp?IdSez=1&IdSottoSez=45 | dataarchivio = 12 settembre 2011 | urlmorto = sì }}</ref>
 
Venne dunque inviato a combattere in prima linea come [[sottotenente]] di complemento, distinguendosi per alcuni atti di eroismo: per aver guidato, nell'agosto del 1917, un assalto al monte Jelenik durante la [[Undicesima battaglia dell'Isonzo|battaglia della Bainsizza]] fu proposto dal suo comandante per la [[Valor militare|medaglia d'argento al valor militare]]. Molti anni dopo, quando Pertini divenne presidente, il capo di stato maggiore, l'ammiraglio [[Giovanni Torrisi]], ritrovò il fascicolo e pensò di consegnargli la decorazione, ma Pertini - che era stato contrario alla guerra - si sottrasse all'onorificenza, pur ricordando l'azione bellica come "una cosa esaltante"<ref name="Medaglia17">[http://www.pertini.it/cesp/video/medaglia.wmv CESP - Video] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515220509/http://www.pertini.it/cesp/video/medaglia.wmv |date=15 maggio 2011 }} Intervista</ref>.
 
Nell'ottobre 1917 partecipò alla [[rotta di Caporetto]], di cui avrebbe sempre serbato un ricordo vivissimo. Dopo aver trascorso l'ultimo anno del conflitto nel settore del [[Pasubio]], durante il quale venne anche nominato tenente, il 4 novembre 1918 fece ingresso a [[Trento]] alla testa del suo plotone di mitraglieri. Durante il conflitto fu colpito dal gas tossico [[fosgene]] e venne salvato dal suo attendente che lo trasportò di peso, agonizzante, all'ospedale da campo ma dovette minacciare con la pistola i medici che non volevano curarlo dandolo per spacciato<ref name="GasTossici">La Repubblica 8 giu 2018 - Super 8 "L'eredità avvelenata" p. 3 - G. Di Feo</ref>. Dopo aver prestato servizio ancora per qualche mese in [[Dalmazia]], Pertini fu congedato nel marzo 1920.
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Il 3 giugno 1925 fu condannato a otto mesi di detenzione e al pagamento di un'ammenda per i reati di stampa clandestina, oltraggio al [[Senato del Regno (Italia)|Senato]] e lesa prerogativa regia, ma fu assolto per l'accusa di istigazione all'odio di classe. La condanna non attenuò la sua attività, che riprese appena liberato.
 
Nel novembre 1926, dopo il fallito attentato di [[Anteo Zamboni]] a [[Benito Mussolini|Mussolini]], come altri antifascisti in tutta [[Italia]], fu oggetto di nuove violenze da parte dei fascisti (il 31 ottobre 1926, dopo un comizio, durante un'aggressione di squadristi gli era stato spezzato il braccio destro<ref name=CulturalePertini />) e si trovò costretto ad abbandonare [[Savona]] per riparare a [[Milano]]. Il 4 dicembre 1926, in applicazione delle cosiddette [[leggi fascistissime|leggi eccezionali "fascistissime"]], Pertini, definito «''un avversario irriducibile dell'attuale Regime''», venne assegnato dalla Commissione provinciale di Genova al [[confino]] di polizia per cinque anni, il massimo della pena previsto dalla legge.<ref>[http://www.pertini.it/cesp/doc_13.htm CESP - Documenti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515220353/http://www.pertini.it/cesp/doc_13.htm |date=15 maggio 2011 }} Proposta di confino della Prefettura di Savona (25 novembre 1926) e ordinanza del 4/12/1926</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Raffaele Boianelli, Il giovane Pertini, un eroe italiano. Un'odissea senza fine 1925-1943, Lucca, Tralerighe libri, 2021, pag. 31. ISBN 978-88-3287-1876}}</ref>
 
=== Esilio in Francia ===
[[File:1926 - lorenzo de bova turati carlo rosselli pertini parri a calvi.jpg|miniatura|sinistra|1926 - Lorenzo De Bova, [[Filippo Turati]], [[Carlo Rosselli]], Sandro Pertini e [[Ferruccio Parri]] a [[Calvi (Francia)|Calvi]] in [[Corsica]] dopo la fuga in motoscafo da [[Savona]]]]
[[File:pertini lavatore di taxi a Parigi nel dicembre 1926.jpg|miniatura|sinistra|Pertini lavatore di taxi a [[Parigi]] nel dicembre 1926]]
Per sfuggire alla cattura, nell'autunno del [[1926]], espatriò clandestinamente in Francia assieme a [[Filippo Turati]], con un'operazione organizzata da [[Carlo Rosselli]] e [[Ferruccio Parri]], con l'aiuto, tra gli altri, di [[Camillo Olivetti|Camillo]] e [[Adriano Olivetti]]<ref>{{Cita web | url = http://www.ossimoro.it/mostra/mostra07.html | titolo = Istituto di Studi Filosofici di Napoli - La fuga di Filippo Turati. L'esperienza del confino ad Ustica. Il processo di Savona. | accesso = 2 settembre 2022 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20210517134802/http://www.ossimoro.it/mostra/mostra07.html |dataarchivio = 17 maggio 2021 |urlmorto = no }}</ref><ref>vedi anche ''Il riformismo di Filippo Turati'', in ''Il tempo e la Storia'' del 25 maggio 2016 nel sito di [http://www.raistoria.rai.it/articoli/filippo-turati/33552/default.aspx RAI Storia] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170912215653/http://www.raistoria.rai.it/articoli/filippo-turati/33552/default.aspx |date=12 settembre 2017 }}</ref>. La fuga avvenne con una traversata su un motoscafo guidato da [[Italo Oxilia]]<ref>Per la biografia si rimandano alle seguenti opere di Antonio Martino: ''Fuorusciti e confinati dopo l'espatrio clandestino di Filippo Turati nelle carte della R. Questura di Savona'' in Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria, n.s., vol. XLIII, Savona 2007, pp. 453-516, e ''Pertini e altri socialisti savonesi nelle carte della R. Questura'', Gruppo editoriale L'espresso, Roma, 2009.</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Raffaele Boianelli, Il giovane Pertini, un eroe italiano. Un'odissea senza fine 1925-1943, Lucca, Tralerighe libri, 2021, pag. 32. ISBN 978-88-3287-1876}}</ref> partito da [[Savona]] la sera dell'11 dicembre, e giunto nel porto di [[Calvi (Francia)|Calvi]], in [[Corsica]], la mattina successiva.
Così Pertini ha raccontato l'avventuroso episodio<ref name=CulturalePertini />:
 
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|titolo = Giuseppe ed Eugenio Pertini
|contenuto = Non si conosce molto dei fratelli di Pertini, tuttavia su due di essi, Giuseppe ed Eugenio, la cui vicenda si sviluppa appunto tra gli anni dell'[[antifascismo]] e della [[Resistenza italiana|Resistenza]], Sandro Pertini gettò una luce in una famosa intervista concessa ad [[Oriana Fallaci]] nel 1973.<ref name= Fallaci/>
'''Giuseppe Pertini''', detto '''Pippo''', fratello maggiore di Sandro, fu ufficiale di carriera durante la [[prima guerra mondiale]]. Nel 1923 si iscrisse al [[Partito Nazionale Fascista|Partito Fascista]]; tra i due fratelli si produsse così una frattura che si ricompose parzialmente solo nel 1925, dopo il primo arresto di Sandro. Dopo il secondo arresto, nel 1926, Giuseppe abbandonò il [[fascismo]]. Di lì a poco sarebbe morto, di infarto, a 40 anni: ''"di crepacuore"'' dirà in seguito Pertini.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Giuseppe Milazzo|anno=2013|mese=ottobre|titolo=Agosto 1922: come Savona perse la libertà|rivista=Quaderni savonesi|editore=Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea della provincia di Savona|numero=34|p=65|url=http://www.isrecsavona.it/pubblicazioni/quaderni/quaderni-savonesi-34.pdf|accesso=14 marzo 2023|dataarchivio=14 marzo 2023|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230314172225/http://www.isrecsavona.it/pubblicazioni/quaderni/quaderni-savonesi-34.pdf|urlmorto=no}}</ref>
[[File:Eugenio Pertini.PNG|miniatura|upright=0.5|Eugenio Pertini]]'''Eugenio Pertini''', quasi coetaneo di Sandro, era sempre stato molto legato a lui. Ancora giovane emigrò in America per lavoro, per tornare durante il periodo di prigionia del fratello. Un giorno del 1944 gli giunse la notizia (falsa) che Sandro era stato fucilato a [[Forte Boccea]]<ref>In realtà Sandro Pertini era evaso dal [[carcere di Regina Coeli]] con [[Saragat]] il 24 gennaio, ma questa notizia era stata tenuta segreta dal regime.</ref>. In seguito a ciò Eugenio si iscrisse al [[Partito Comunista Italiano|Partito Comunista]] ed entrò nella Resistenza; arrestato mentre attaccava dei manifesti contro i nazisti fu portato prima nel [[campo di transito di Bolzano]] e quindi a [[Campo di concentramento di Flossenbürg|Flossenbürg]], dove morì, fucilato, il 20 aprile del 1945.<ref>{{Cita web | url = http://www.anpi.it/donne-e-uomini/2440/eugenio-pertini | titolo = Eugenio Pertini | sito = [[Associazione Nazionale Partigiani d'Italia]] | data = 25 luglio 2010 | accesso = 2 settembre 2022 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20200923065638/https://www.anpi.it/donne-e-uomini/2440/eugenio-pertini |dataarchivio = 23 settembre 2020 |urlmorto = no }}</ref>}}
 
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|titolo=Pertini ha così ricordato una delle sue giornate di carcere all'ergastolo di Santo Stefano
|contenuto=<br />[[File:Targa Pertini Isola di Santo Stefano.jpg|centro|180px|Targa dedicata al Presidente Pertini sull'isola di Santo Stefano]]<br />«La sveglia suona: è l'alba. Dal mare giunge un canto d'amore, da lontano il suono delle campane di [[Ventotene]]. Guardo il cielo, azzurro come non mai, senza una nuvola, e d'improvviso un soffio di vento mi investe, denso di profumo dei fiori sbocciati durante la notte. È l'inizio della primavera. Quei suoni, e il profumo del vento, e il cielo terso, mi danno un senso di vertigine.<br />Ricado sul mio giaciglio. Acuto, doloroso, mi batte nelle vene il rimpianto della mia giovinezza che giorno per giorno, tra queste mura, si spegne.<br />La volontà lotta contro il doloroso smarrimento. È un attimo: mi rialzo, mi getto l'acqua gelida in viso. Lo smarrimento è vinto, la solita vita riprende: rifare il letto, pulire la cella, far ginnastica, leggere, studiare...».<ref>{{cita libro|autore=Sandro Pertini|titolo="''Sei condanne due evasioni''"|curatore=[[Vico Faggi]]|capitolo=''In carcere: L'ergastolo di Santo Stefano''|p=179|editore=Mondadori|anno=1970|città=Milano|id=88-04-33827-X}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.pertini.it/cesp/doc_26.htm|sito=Centro Espositivo Sandro Pertini|titolo=Alcuni passi del capitolo "L'ergastolo di Santo Stefano" del volume curato da Vico Faggi "''Sandro Pertini: Sei condanne due evasioni''" rievocano il durissimo trattamento riservato ai detenuti del carcere di Santo Stefano|accesso=5 giugno 2016|dataarchivio=4 marzo 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160304194202/http://www.pertini.it/cesp/doc_26.htm|urlmorto=no}}</ref>[[File:Santostefcarcere.JPG|miniatura|centro|Il carcere di Santo Stefano in una foto del 2005]]
}}
 
Il 30 novembre 1929 fu condannato dal [[Tribunale speciale per la difesa dello Stato (1926-1943)|Tribunale Speciale per la difesa dello Stato]] a dieci anni e nove mesi di reclusione e a tre anni di vigilanza speciale, per aver «svolto all'estero attività tali da recare nocumento agl'interessi nazionali», nonché per «contraffazione di passaporto straniero»<ref name= Sentenza29 />. Durante il processo Pertini rifiutò di difendersi, non riconoscendo l'autorità di quel tribunale e considerandolo solo un'espressione di partito, esortando invece la corte a passare direttamente alla condanna già stabilita. Durante la pronuncia della sentenza si alzò gridando: «Abbasso il fascismo! Viva il socialismo!»<ref name=CulturalePertini /><ref>{{Cita libro|titolo=Raffaele Boianelli, Il giovane Pertini, un eroe italiano. Un'odissea senza fine 1925-1943, Lucca, Tralerighe libri, 2021, pp. 51-53. ISBN 978-88-3287-1876}}</ref>.
 
Fu internato nel [[Carcere di Santo Stefano|carcere]] dell'[[isola di Santo Stefano]]<ref>Al momento di ingresso in carcere, nella cella n.56, il secondino che lo accompagnava gli comunicò che la cella che gli era stata assegnata era quella dove era stato ristretto il [[patriota]] [[Risorgimento|risorgimentale]] [[Luigi Settembrini]], al che Pertini, come raccontò in seguito, andò tastando le pareti della cella per immedesimarsi nello spirito del grande letterato italiano che l'aveva abitata. Cfr. la dichiarazione del Direttore del Centro Pertini di Firenze riportata nel documentario ''I grandi dimenticati. Il carcere di Santo Stefano'', regia di Matteo Bruno, trasmesso da [[Rai Storia]] il 25.06.2019.</ref>, ma dopo poco più di un anno, il 10 dicembre 1930, fu trasferito, a causa delle precarie condizioni di salute, alla casa penale di [[Turi]]. A causare il trasferimento non fu estranea una campagna di proteste e denunce all'estero, in particolare in Francia, dopo che alcune notizie sulla sua salute erano trapelate all'esterno, grazie ad alcuni compagni di carcere comunisti<ref>[http://www.pertini.it/cesp/doc_27.htm CESP - Documenti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515215036/http://www.pertini.it/cesp/doc_27.htm |date=15 maggio 2011 }} Lettera di Togliatti a Turati, 30 ottobre 1930</ref>.
 
A Turi, unico socialista recluso, condivise la cella con [[Athos Lisa]] e [[Giovanni Lai (partigiano)|Giovanni Lai]]. Conobbe inoltre [[Antonio Gramsci]], al quale fu stretto da grande amicizia e ammirazione intellettuale e dalla condivisione delle sofferenze della reclusione: ne divenne confidente, amico e sostenitore. Pertini stesso fu anche autore di diverse proteste e lettere finalizzate ad alleviare le condizioni carcerarie cui era sottoposto Gramsci<ref name=CulturalePertini />.
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Pertini, non riconoscendo l'autorità fascista e quindi il tribunale che lo aveva condannato, si dissociò pubblicamente dalla domanda di grazia con parole molto dure, sia per la madre sia per il presidente del Tribunale Speciale<ref name=CulturalePertini /><ref>{{cita web|url=http://www.centropertini.org/materiale.htm|titolo=La lettera di Pertini di dissociazione dalla domanda di grazia inviata al presidente del Tribunale|accesso=18 novembre 2008|dataarchivio=7 maggio 2006|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060507113231/http://www.centropertini.org/materiale.htm|urlmorto=sì}}</ref>.
 
{{Citazione|Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna - quale smarrimento ti ha sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l'amore, che io sento per la mia idea?<ref>[http://www.pertini.it/cesp/doc_39.htm CESP - Documenti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515221219/http://www.pertini.it/cesp/doc_39.htm |date=15 maggio 2011 }} Lettera alla madre 1933</ref>}}
 
Nel carcere di Pianosa le vessazioni dei secondini a danno dei detenuti, avallate dal rude direttore Edoardo Caddeo, erano pratica normale. Pertini (definito dal direttore «''un sovversivo esaltato che va attentamente sorvegliato''») non mancò di ribellarsi e protestare, col risultato di subire ritorsioni ancora più dure. In particolare un grave scontro tra lui e l'agente di custodia Antonio Cuttano, verificatosi la mattina del 1º ottobre 1932, gli costò un rinvio a giudizio dinnanzi alla pretura di Portoferraio, che il 9 novembre 1933 lo condannò alla pena di 9 mesi e 24 giorni di reclusione per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, oltre al pagamento delle spese processuali. La pena venne quindi confermata in secondo grado dal Tribunale di appello di Livorno il 16 febbraio 1934, e infine, in via definitiva, dalla seconda sezione penale della Corte di Cassazione il 30 gennaio 1935.
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Nel corso della sua permanenza in carcere, Pertini intrattenne inoltre una fitta corrispondenza epistolare con la sua fidanzata dell'epoca Matilde Ferrari, oltreché con la madre Maria Muzio e il suo avvocato di fiducia Gerolamo Isetta.
 
Il 10 settembre 1935, dopo sei anni e mezzo di prigione, venne trasferito a [[Ponza]] come confinato politico<ref>[http://www.pertini.it/cesp/doc_46.htm CESP - Documenti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515221024/http://www.pertini.it/cesp/doc_46.htm |date=15 maggio 2011 }} Verbale di consegna della carta di permanenza, Ponza 1935</ref> e il 20 settembre 1940, pur avendo ormai scontato la sua condanna, giudicato «elemento pericolosissimo per l'ordine nazionale», venne riassegnato al confino per altri cinque anni da trascorrere a [[Ventotene]]<ref>[http://www.pertini.it/cesp/doc_49.htm CESP - Documenti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515221031/http://www.pertini.it/cesp/doc_49.htm |date=15 maggio 2011 }} Ordinanza per l'assegnazione al confino, Ventotene 1940</ref> dove incontrò, tra gli altri, [[Altiero Spinelli]], [[Umberto Terracini]], [[Pietro Secchia]], [[Ernesto Rossi]], [[Luigi Longo]], [[Mauro Scoccimarro]], [[Camilla Ravera]] e [[Riccardo Bauer]]. Durante il periodo del confino subì un altro processo per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, ma, per la prima volta da quando il fascismo era andato al potere, fu assolto dal Tribunale di Napoli, presieduto dal giudice Giuseppe Ricciulli, il 17 giugno 1937, perché il fatto non sussisteva, oltre che da altre imputazioni minori per insufficienza di prove. L'11 settembre 1941, dietro sua richiesta, fu condotto a [[Savona]], presso le locali carceri giudiziarie, per poter riabbracciare l'anziana madre.
 
A Ventotene Pertini si interessò inoltre alle condizioni di salute di alcuni compagni di confino. Il 3 maggio 1942, ad esempio, inoltrò un esposto all'Ufficio confino politico del Ministero dell'interno per lamentarsi della scarsa assistenza sanitaria prestata dalle autorità a Ernesto Bicutri<ref>“Giorno per giorno vado assistendo al progressivo aggravarsi delle disperate condizioni di salute di Ernesto Bicutri, rimanendo sempre sotto l'incubo che l'assalga una nuova crisi emottoica più fatale delle cinque precedenti crisi, in cui ogni volta l'abbiamo visto emettere sangue in tale quantità da riempire intere sputacchiere.
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Tornato in Francia, andò poi a lavorare in [[Germania]].
Nel [[1941]] tornò in Italia, fu arrestato e assegnato al confino a [[Ventotene]], dove morì il 28 maggio [[1942]] a causa d'una [[tubercolosi]] malcurata.
Presso l'[[istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia]] di [[Milano]] è presente, nel Fondo “Archivio dell'Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna”, un fascicolo a suo nome, nel quale sono conservati alcuni effetti personali a lui appartenuti, tra cui un frammento di documento d'identità francese corredato da una fotografia, datato 8 luglio 1936 (cfr. [http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file&Obj=@Insmlie.pft&Opt=search&Field0=zzA00/01262%20*%20cts=d&Dsfr=101 scheda del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170422122844/http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=%2Fusr%2Flocal%2FIsisGas%2FInsmliConf%2FInsmli.sys6.file&Obj=%40Insmlie.pft&Opt=search&Field0=zzA00%2F01262%20%2A%20cts%3Dd&Dsfr=101 |data=22 aprile 2017 }}). La maggior parte delle informazioni biografiche su Ernesto Bicutri sono state tratte dalla scheda a lui dedicata nel sito web [http://sidbrint.ub.edu/ca/content/bicutri-ernesto "SIDBRINT - Memòria Històrica Brigades Internacionals" dell'Università di Barcellona (E)] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170422122903/http://sidbrint.ub.edu/ca/content/bicutri-ernesto |date=22 aprile 2017 }}, che a sua volta riprende il contenuto del volume: AA. VV., ''La Spagna nel nostro cuore, 1936-1939: tre anni di storia da non dimenticare'', Roma, AICVAS, 1996, p. 607.</ref>, affetto da una grave forma di tubercolosi, di cui chiese inutilmente il trasferimento presso un sanatorio.
 
Nel 1938, gli fu dedicata la tessera del [[Partito Socialista Italiano|PSI]], assieme a [[Rodolfo Morandi]] e a [[Antonio Pesenti (economista)|Antonio Pesenti]], prigionieri anche loro nelle carceri fasciste<ref>[http://www.domanisocialista.it/tesseresocialiste.htm La Storia del PSI - Tessere socialiste] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20180906220419/http://www.domanisocialista.it/tesseresocialiste.htm |date=6 settembre 2018 }}; vedi anche [http://www.fondazionebrunobuozzi.it/public/foto/12_411938.gif La tessera PSI del 1938] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160624221655/http://www.fondazionebrunobuozzi.it/public/foto/12_411938.gif |data=24 giugno 2016 }}</ref>.
 
=== Resistenza ===
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Pertini riacquistò la libertà il 13 agosto 1943, pochi giorni dopo la [[caduta del fascismo]]. Inizialmente il provvedimento di scarcerazione del [[Governo Badoglio I|governo Badoglio]] aveva escluso i confinati [[Partito Comunista d'Italia|comunisti]] e [[Anarchismo|anarchici]]<ref>Cfr. [https://web.archive.org/web/20070930103728/http://www.centropertini.org/biografia.htm Mario Oppedisano, ''La vita di Sandro Pertini''] nel sito web del "Centro Culturale Sandro Pertini" di [[Genova]]. Dopo un primo contingente di confinati non appartenenti ai partiti della sinistra, l'unico liberato da [[Ventotene]] fu proprio Pertini, in quanto, al momento, era l'unico [[Partito Socialista Italiano|socialista]] ivi ristretto (ad esempio, [[Pietro Nenni]] si trovava al confino nella vicina [[isola di Ponza]]) e il provvedimento di scarcerazione del [[Governo Badoglio I|governo Badoglio]] non comprendeva comunisti e anarchici. Dapprima Pertini rifiutò di lasciare l'isola finché non fossero stati liberati tutti, poi su insistenza di molti compagni del comitato dei confinati che lo invitarono a recarsi a [[Roma]] per sollecitare [[Pietro Badoglio|Badoglio]] per far liberare anche gli altri, si decise a partire.</ref>.
 
Pertini si adoperò quindi per ottenere in breve tempo anche la loro liberazione, prima inviando dall'isola, assieme agli altri membri del Comitato dei confinati (tra i quali [[Altiero Spinelli]], [[Pietro Secchia]], [[Mauro Scoccimarro]]) un telegramma a [[Governo Badoglio I|Badoglio]]<ref>Cfr. Telegramma dei confinati di Ventotene del 7 agosto 1943, in Sandro Pertini, ''Sei condanne, due evasioni'', a cura di V. Faggi, Milano, Mondadori 1970, p. 211-212, riportato nel sito web del [http://www.pertini.it/cesp/doc_54.htm CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515221152/http://www.pertini.it/cesp/doc_54.htm |date=15 maggio 2011 }}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Il giovane Pertini, un eroe italiano. Un'odissea senza fine 1925-1943, Lucca, Tralerighe libri, 2021, pp. 107-109. ISBN 978-88-3287-1876}}</ref>, poi, una volta a Roma, assieme a [[Bruno Buozzi]], assillando le autorità governative:
{{Citazione|Un giorno il direttore [del confino di Ventotene, il commissario Marcello Guida, che diventò poi Questore di Milano e che Pertini, divenuto presidente della Camera, nel 1970 si rifiuterà di incontrare - ''N.d.E.''] mi mandò a chiamare: «Ho una bella notizia per voi. È arrivato un telegramma che dispone per la vostra liberazione». «Grazie», dissi, «però non me ne vado finché qui resta uno solo di noi». Ma [[Camilla Ravera]], che diede sempre prova di una straordinaria forza morale, [[Umberto Terracini|Terracini]] e altri mi convinsero che dovevo partire, per andare a perorare la causa dei detenuti, e così non diedi pace a [[Carmine Senise|Senise]], [[Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza|Capo della Polizia]], e a [[Umberto Ricci|Ricci]], che era agli [[Ministri dell'interno del Regno d'Italia|Interni]].<br />
Li andavo a trovare ogni giorno con Bruno Buozzi. Erano restii, avevano nei confronti dei comunisti paura e odio.<br />
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{{Citazione|Mi fermai a casa sua tre giorni e poi tornai a Roma. Fu quella l’ultima volta che la vidi<ref name="Pertini a Roma nel 1943" >{{Cita web | url = http://www.storiaxxisecolo.it/resistenza/resistenza2c10.html | titolo = Sandro Pertini a Roma nel 1943 | accesso = 2 settembre 2022 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20220409003316/http://www.storiaxxisecolo.it/resistenza/resistenza2c10.html |dataarchivio = 9 aprile 2022 |urlmorto = no }}</ref>.}}
 
<ref>{{Cita libro|titolo=Raffaele Boianelli, Il giovane Pertini, un eroe italiano. Un'odissea senza fine 1925-1943, Lucca, Tralerighe libri, 2021, pag. 110. ISBN 978-88-3287-1876}}</ref> Poi ritornò subito a [[Roma]], per contribuire alla ricostruzione del partito socialista e riprendere la lotta antifascista; il 23 agosto partecipò infatti alla fondazione del [[Partito Socialista Italiano#La nascita del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria - PSIUP|PSIUP - Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria]], nato dall'unione del PSI con il [[Movimento di Unità Proletaria|MUP]], con [[Pietro Nenni]] come segretario.<ref>cfr. [http://www.domanisocialista.it/storia3.htm La storia del PSI - Dal 1926 al 1945] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100529095803/http://www.domanisocialista.it/storia3.htm |date=29 maggio 2010 }}</ref>
 
Il 25 fu eletto con [[Carlo Andreoni]] vicesegretario, per occuparsi dell'organizzazione militare del partito a Roma. In seguito fece parte, per conto del PSIUP, della giunta militare del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]] con [[Giorgio Amendola]] ([[Partito Comunista Italiano|PCI]]), [[Riccardo Bauer]] ([[Partito d'Azione|PdA]]), [[Giuseppe Spataro]] ([[Democrazia Cristiana|DC]]), [[Manlio Brosio]] ([[Partito Liberale Italiano|PLI]]) e [[Mario Cevolotto]] ([[Democrazia del Lavoro|DL]]).
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Lasciata la Capitale, si diresse prima a Firenze, dove entrò a far parte della famigerata ''[[Banda Carità]]'', rilevando la guida dell'Ufficio Politico Investigativo (UPI) della [[Guardia Nazionale Repubblicana]] fiorentina da [[Mario Carità]] quando questi l'8 luglio 1944 si trasferì prima a [[Bergantino]] e poi a [[Padova]].
 
In tale veste, Bernasconi svolse indagini sull'uccisione dell'11 luglio del milite fascista dell'UPI Valerio Volpini che portarono il 15 luglio all'arresto del partigiano [[Gruppi di Azione Patriottica|gappista]] [[Bruno Fanciullacci]], il quale fu condotto a [[villa Triste#Villa Triste a Firenze|Villa Loria]], la famigerata "Villa Triste" di Firenze. Gravemente ferito nel corso di un tentativo di fuga, Fanciullacci morì il 17 luglio (cfr. [http://www.treccani.it/enciclopedia/bruno-fanciullacci_(Dizionario-Biografico) FANCIULLACCI, Bruno in Dizionario Biografico – Treccani<!-- Titolo generato automaticamente -->] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20230324192312/https://www.treccani.it/enciclopedia/bruno-fanciullacci_(Dizionario-Biografico)/ |date=24 marzo 2023 }}).
 
Nel pomeriggio del 17 luglio 1944 le milizie repubblichine guidate da Giuseppe Bernasconi attaccarono i cittadini inermi presenti nella [[Eccidio di piazza Tasso|piazza Torquato Tasso]], nel quartiere fiorentino di [[Oltrarno|San Frediano]], causando cinque vittime: Ivo Poli (di soli otto anni), Aldo Arditi, Igino Bercigli, Corrado Frittelli e Umberto Peri; si contarono inoltre numerosi feriti più o meno gravi. Altri 17 abitanti del quartiere furono catturati e di loro si persero le tracce. Solo molti anni dopo, nel [[1952]], furono ritrovati i loro corpi sul greto del fiume [[Arno]], nei pressi del [[parco delle Cascine]]: erano stati fucilati.
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Venne arrestato il 27 maggio [[1945]] e processato per i crimini commessi, ma riuscì ad evitare la condanna alla pena capitale. Fu condannato all'ergastolo, ma scontò appena una dozzina di anni.
 
La maggior parte delle informazioni su Giuseppe Bernasconi è stata tratta da: Amedeo Osti Guerrazzi, ''"La repubblica necessaria": il fascismo repubblicano a Roma, 1943-1944'', Edizioni Franco Angeli, pp. 92-94.</ref>. Lo stesso Pertini rievocherà l'episodio all'[[Assemblea Costituente (Italia)|Assemblea Costituente]], nella seduta del 22 luglio 1946, in occasione della discussione di una sua interrogazione parlamentare sulle modalità di applicazione dell'[[amnistia Togliatti]]<ref>Cfr. la replica alla risposta alla sua interrogazione nel sito web della [http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=173&IdSottoSez=11 Fondazione Pertini] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150924014324/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=173&IdSottoSez=11 |date=24 settembre 2015 }}</ref>:
 
{{Citazione|Onorevole Presidente di questa Assemblea, il nome di Bernasconi deve ricordarci qualche cosa: il nostro arresto e la nostra consegna ai tedeschi, e se non siamo stati fucilati non è stato per volontà del Bernasconi, ma per intervento dei patrioti di Roma, che ci fecero evadere da [[Regina Coeli (carcere)|Regina Coeli]]. Tutti sanno come ha operato questa banda a [[Roma]], poi a [[Firenze]] e quindi a [[Milano]]. Io sono stato, durante il periodo cospirativo e durante l’insurrezione, a Firenze. Questa banda consumava i suoi reati e le sue sevizie a [[villa Triste#Villa Triste a Firenze|Villa Triste]]. Basta andare a Firenze e pronunciare questo nome per vedere il volto di centinaia di donne, spose, madri, coprirsi di orrore. Ebbene, in virtù dell’amnistia sono usciti una parte dei complici della [[Pietro Koch|banda Koch]] ed oggi sono in piena libertà.}}
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L'azione, dai connotati rocamboleschi, fu ideata e diretta da [[Peppino Gracceva]] e [[Giuliano Vassalli]]; quest'ultimo e [[Massimo Severo Giannini]] avevano lavorato fino all'8 settembre come avvocati nella Procura presso il [[Ordinamento giudiziario militare italiano|Tribunale militare]] di Roma e avevano mantenuto contatti con impiegati e funzionari.
 
Con l'aiuto di diversi partigiani socialisti, il giovane avvocato Filippo Lupis, Peppino Sapiengo, Vito Maiorca, Luciano Ficca<ref>L'unica fonte che cita la partecipazione all'impresa di Luciano Ficca, fratello di [[Marcella Ficca Monaco|Marcella Ficca]] e cognato di [[Alfredo Monaco]], medico del [[Regina Coeli (carcere)|carcere di Regina Coeli]], è la pagina del sito web storiaxxisecolo.it dedicata alla [http://www.storiaxxisecolo.it/cronologia/cronoresroma/cronoresrom7.html cronologia della Resistenza romana] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304192955/http://www.storiaxxisecolo.it/cronologia/cronoresroma/cronoresrom7.html |date=4 marzo 2016 }}. Dopo l'impresa di [[Regina Coeli (carcere)|Regina Coeli]] Luciano Ficca venne catturato dalle [[SS]] e condotto nella famigerata prigione di [[Museo storico della Liberazione|via Tasso]], dove, in un'occasione, venne interrogato direttamente dal capitano [[Erich Priebke]], vice comandante del quartier generale della [[Gestapo]] a [[Roma]]. Su tale interrogatorio e sul ruolo di Priebke in via Tasso, Ficca rese una deposizione testimoniale all'udienza del 23 maggio [[1997]], nel corso del processo contro Priebke davanti al [[Ordinamento giudiziario militare italiano|Tribunale militare]] di Roma per l'[[eccidio delle Fosse Ardeatine]], ricordando che Priebke durante l'interrogatorio lo aveva minacciato impugnando un nerbo di bue. La [http://www.difesa.it/Giustizia_Militare/rassegna/Processi/Priebke/Pagine/6Sentenza220797.aspx sentenza di condanna di primo grado] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170502162011/http://www.difesa.it/Giustizia_Militare/rassegna/Processi/Priebke/Pagine/6Sentenza220797.aspx |date=2 maggio 2017 }} emessa il 22 luglio 1997 si basò anche sulla sua testimonianza.</ref> e, dall'interno della prigione, Ugo Gala, capoguardia, [[Alfredo Monaco]], medico del carcere, e sua moglie [[Marcella Ficca Monaco|Marcella Ficca]]<ref>[http://www.liceocavour.it/extracurr/html/3.9.HTM Marcella Monaco - I protagonisti della Resistenza a Roma] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110722041249/http://www.liceocavour.it/extracurr/html/3.9.HTM |data=22 luglio 2011 }}.</ref>, si riuscì per prima cosa a far passare l'incartamento processuale contro Saragat e Pertini dalla giustizia militare tedesca a quella italiana e, quindi, a far trasferire i detenuti dal 3° "braccio" tedesco del carcere al 6° "braccio" italiano.
 
Dirà Giuseppe Saragat:
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Ad attentato realizzato, Amendola scrisse che Pertini era «furioso», ma solo «per non essere stato messo al corrente del progetto dell'azione di riserva»<ref>cfr. Giorgio Amendola, ''op. cit.''.</ref>.
 
Nel pomeriggio del 26 marzo si riunì la giunta militare del CLN, nel bel mezzo della crisi che da febbraio attraversava l'organismo politico e che, proprio la mattina del 24 marzo, aveva spinto il suo presidente [[Ivanoe Bonomi]] a rassegnare le dimissioni, sospettando che le sinistre stessero preparando un governo rivoluzionario<ref>cfr. [[Luigi Cortesi]], ''[http://www.treccani.it/enciclopedia/ivanoe-bonomi_%28Dizionario-Biografico%29/ voce Bonomi, Ivanoe] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170905190911/http://www.treccani.it/enciclopedia/ivanoe-bonomi_%28Dizionario-Biografico%29/ |date=5 settembre 2017 }}'', in ''[[Dizionario Biografico degli Italiani]]'', Treccani, vol. 12, 1971.</ref>. Secondo le memorie di [[Giorgio Amendola]], durante la riunione egli chiese che fosse emanato un comunicato che, oltre a condannare l'eccidio delle Fosse Ardeatine, rivendicasse l'azione partigiana in Via Rasella. Quest'ultima proposta trovò l'opposizione del delegato della [[Democrazia Cristiana]], [[Giuseppe Spataro]], il quale contestò l'opportunità dell'attentato e, al contrario, chiese un comunicato di dissociazione, proponendo inoltre che ogni futura azione fosse preventivamente approvata dalla giunta. Nell'«aspra discussione» che ne scaturì, Amendola replicò che, nel caso in cui la proposta democristiana fosse stata approvata, i comunisti sarebbero stati «costretti a prendere la [loro] libertà d'azione, anche a costo di uscire dal CLN». Poiché le deliberazioni venivano prese solo all'unanimità, nessuna delle due mozioni fu approvata, cosicché Amendola dichiarò «con una certa indignazione» che i comunisti si sarebbero autonomamente assunti – «con fierezza» – la responsabilità dell'attentato. La rivendicazione del PCI avvenne su ''[[l'Unità]]'' clandestina del 30 marzo tramite un comunicato dei GAP scritto da [[Mario Alicata]] (datato 26 marzo), in cui tra l'altro si affermava che, in risposta al «comunicato bugiardo ed intimidatorio del comando tedesco», le azioni gappiste a Roma non sarebbero cessate «fino alla totale evacuazione della capitale da parte dei tedeschi»<ref>cfr. Giorgio Amendola, ''op. cit.'', pp. 295-7.</ref>.
 
Su sollecitazione del segretario socialista [[Pietro Nenni]], il 31 marzo Bonomi accettò di scrivere a nome del CLN «una nota di indignazione e di protesta» verso la strage delle Fosse Ardeatine. Il comunicato fu il risultato di un compromesso trovato dopo una serie di riunioni, discussioni e proposte di mediazioni, delle quali in mancanza di documentazione non è mai stato possibile ricostruire l'andamento. Sebbene comparve sulla stampa clandestina a metà aprile, per nascondere l'esitazione e il dissenso interni era retrodatato al 28 marzo<ref>cfr. Robert Katz, ''Roma città aperta. Settembre 1943 - Giugno 1944'', 2009, Il Saggiatore, Milano, ISBN 88-565-0047-7, p. 312.</ref>. Definito l'attentato «un atto di guerra di patrioti italiani», il comunicato del CLN vedeva nell'eccidio «l'estrema reazione della belva ferita che si sente vicina a cadere», alla quale le «forze armate di tutti i popoli liberi», ossia gli eserciti alleati avanzanti, avrebbero presto inferto «l'ultimo colpo», senza alcun riferimento alla prosecuzione delle azioni partigiane invocata dal comunicato comunista.
 
Vari ex partigiani socialisti, tra cui [[Matteo Matteotti]] e [[Leo Solari]], negli [[anni novanta]] hanno sostenuto che all'epoca Pertini, in due riunioni con alti dirigenti del suo partito alla fine di marzo e alla fine di aprile 1944 (poco prima della sua partenza per il nord), avrebbe duramente criticato l'azione come espressione di avventurismo irresponsabile. In particolare, Matteotti (all'epoca segretario della Federazione Giovanile Socialista e membro di una formazione armata socialista comandata da [[Eugenio Colorni]]) ha dichiarato che Pertini era contrario ad attaccare un reparto militare tedesco, temendo «che ci fossero delle rappresaglie sproporzionate rispetto all'efficacia dell'azione», ed era favorevole a organizzare una manifestazione di protesta davanti alla sede de ''[[Il Messaggero]]'' per il rispetto della ''[[città aperta]]'', in modo che «il coraggio della gente si potesse manifestare con una chiara protesta contro le truppe occupanti, ma con l'intento di non arrivare ad uno scontro armato»<ref>cfr. ''[http://www.larchivio.com/matteotti.htm Adattamento ed elaborazione dall'intervista originale a Matteo Matteotti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110713183921/http://www.larchivio.com/matteotti.htm |date=13 luglio 2011 }}'' realizzata nel [[1994]] dal regista Enzo Cicchino e andata in onda durante una puntata di ''[[Mixer (programma televisivo)|Mixer]]''.</ref><ref>cfr. Intervista a Matteo Matteotti per ''Storia Illustrata'', gennaio 1997, citata in Alberto ed Elisa Benzoni, ''op. cit.'', p. 25.</ref>. Tali testimonianze sembrano trovare riscontro nella lettera della direzione romana del PCI datata 30 marzo 1944, nella quale è scritto (secondo [[Alberto Benzoni|Alberto]] ed Elisa Benzoni<ref>cfr. Alberto ed Elisa Benzoni, ''op. cit.''</ref> riferendosi «con ogni probabilità» a Pertini) che il delegato socialista aveva «assunto un atteggiamento inqualificabile di protesta e disapprovazione».
 
Nelle sue dichiarazioni pubbliche Pertini si attenne alla posizione ufficiale assunta dal CLN (peraltro su proposta del Segretario del suo partito), preoccupato «dall'esigenza di difendere l'unità antifascista in una vicenda marcata dall'ombra terribile delle Ardeatine»<ref>cfr. Alberto ed Elisa Benzoni, ''op. cit.'', p. 25.</ref>.
 
Nel 1948 nel corso del processo contro il colonnello delle [[SS]] [[Herbert Kappler]] per la [[Eccidio delle Fosse Ardeatine|strage delle Fosse Ardeatine]], Amendola, Pertini e l'azionista [[Riccardo Bauer]], in qualità di allora responsabili militari rispettivamente del PCI, del PSIUP e del Partito d'Azione, dichiararono che l'[[attentato di via Rasella]] era stato conforme alle «direttive di carattere generale» della giunta militare<ref>cfr. [http://www.difesa.it/Giustizia_Militare/rassegna/Processi/Kappler/Pagine/02sentenza631.aspx Sentenza del Tribunale territoriale militare di Roma n. 631 del 20 luglio 1948] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170210120248/http://www.difesa.it/Giustizia_Militare/rassegna/Processi/Kappler/Pagine/02sentenza631.aspx |date=10 febbraio 2017 }}.</ref>.
 
Nuovamente, nel 1983, mentre ricopriva la carica di presidente della Repubblica, Pertini dichiarò: «''Le azioni contro i tedeschi erano coperte dal segreto cospirativo. L'azione di via Rasella fu fatta dai Gap comunisti. Naturalmente io non ne ero al corrente. L'ho però totalmente approvata quando ne venni a conoscenza. Il nemico doveva essere colpito dovunque si trovava. Questa era la legge della guerra partigiana. Perciò fui d'accordo, ''a posteriori'', con la decisione che era partita da [[Giorgio Amendola]]''».<ref>cfr. [[Gianni Bisiach]], ''Pertini racconta. Gli anni 1915-1945'', Milano, Mondadori, 1983, pp. 130-131. Il testo è la trascrizione di un filmato tratto dalla rubrica televisiva di Gianni Bisiach ''Testimoni oculari'', puntata 4 di 6 «La battaglia di Roma», trasmessa per la prima volta nel 1978 sulla Rete 2. Le interviste ivi contenute sono poi state inserite nel documentario «La battaglia di Roma» della serie ''Grandi battaglie'', sempre a cura di Gianni Bisiach, andato in onda nel 1994 su Rai Uno.</ref>
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Con sentenza emanata in data 11 maggio 1957 e pubblicata il successivo 2 agosto, la [[Corte di cassazione]] ribadì il carattere di legittima azione di guerra dell'attentato, disattendendo la tesi dei ricorrenti secondo i quali non avrebbe potuto trattarsi di atto di guerra in quanto all'epoca Roma era ''[[città aperta]]''<ref>Secondo il resoconto di Zara Algardi, la Corte ritenne provato «che la formula della "[[città aperta]]" era stata fittizia: i nazisti transitavano infatti per le vie della città con le loro colonne motorizzate e gli angloamericani la bombardarono più volte dal cielo. La dichiarazione che Roma era ''città aperta'' (...) non fu mai accettata dagli angloamericani. Né Roma fu mai rispettata come ''città aperta'' da parte della Germania, che disconosceva il legittimo governo italiano». La Corte affermò che ogni «attacco contro i tedeschi rispondeva agli incitamenti impartiti dal governo legittimo [...] e costituiva quindi un atto di guerra riferibile allo stesso governo». Cfr. Corte di Cassazione di Roma, Sezioni Unite, sentenza 11 maggio 1957, citata in Zara Algardi, ''Processi ai fascisti'', Vallecchi, Firenze, 1973, p. 105. L'omissione segnalata dai puntini di sospensione è così nel testo di Algardi.</ref>.
 
L'affermazione circa una corresponsabilità di Pertini nella decisione di realizzare l'attentato gli è stata poi ricorrentemente rivolta in maniera polemica dai suoi avversari politici: nel 1982, in seguito alla consegna di due medaglie al valor militare a Rosario Bentivegna (una d'argento e una di bronzo, conferitegli nel 1950), la stampa di destra accusò Pertini di aver ordinato l'attentato<ref>cfr. [[Beppe Niccolai]], in [http://www.beppeniccolai.org/RNgennaio82.htm#20_gennaio_1982 ''Rosso e Nero'', in ''Secolo d'Italia'' del 20 gennaio 1982] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304191309/http://www.beppeniccolai.org/RNgennaio82.htm#20_gennaio_1982 |date=4 marzo 2016 }}</ref> (riprendendo tale versione da un libro di [[Attilio Tamaro]] del 1950).
 
Durante un dibattito parlamentare sul processo penale agli ex gappisti nel 1997, anche il ministro della Giustizia [[Giovanni Maria Flick]] del [[Governo Prodi I|governo Prodi]] dichiarò, erroneamente: «L'azione di via Rasella fu decisa dal Comando dei gruppi di azione patriottica di Roma, che aveva come dirigenti persone della statura di Sandro Pertini e di Giorgio Amendola, tra i padri della patria»<ref>cfr. Camera dei Deputati, XIII legislatura, [http://legislature.camera.it/_dati/leg13/lavori/stenografici/sed222/s030.htm resoconto stenografico della seduta n. 222 del 2 luglio 1997] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304101546/http://legislature.camera.it/_dati/leg13/lavori/stenografici/sed222/s030.htm |date=4 marzo 2016 }}, p. 19230.</ref>.
 
Assieme a [[Ugo La Malfa]] (allora esponente del Partito d'Azione) Pertini fu uno strenuo oppositore della [[svolta di Salerno]] rispetto alla pregiudiziale repubblicana.<ref>[http://www.pertini.it/cesp/video/repubblica.wmv Video-intervista] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20070928055737/http://www.pertini.it/cesp/video/repubblica.wmv |date=28 settembre 2007 }} nel sito web del Centro Espositivo "Sandro Pertini".</ref>
 
Poco prima della cattura di Bruno Buozzi (avvenuta il 13 aprile 1944), il comunista [[Giorgio Amendola]] registrò quello che risulta essere l'ultimo parere politico espresso dal vecchio riformista prima della sua morte. Erano i primi di aprile. Amendola e Pertini si incontrarono in Via Po. La discussione si fece subito accesa. Sintetizzando la posizione prevalente nel Partito socialista, Pertini dichiarò la sua netta contrarietà alle nuove posizioni espresse dai comunisti in seguito alla "[[svolta di Salerno]]".
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Nel maggio del 1944, Pertini si diresse a [[Milano]] con [[Guido Mazzali]] per partecipare attivamente alla Resistenza come membro della giunta militare centrale del [[CLNAI]] e con l'intento politico di riorganizzare il partito socialista e la propaganda clandestina nelle regioni settentrionali<ref name= CulturalePertini />.
 
Nel luglio del 1944, dopo la [[liberazione di Roma]], venne richiamato da [[Pietro Nenni|Nenni]] nella capitale. Gli ordini erano di mettersi in contatto, a [[Genova]], con il monarchico [[Edgardo Sogno]] che lo avrebbe messo in contatto con gli alleati per farlo rientrare a Roma con un volo dalla [[Corsica]]. La situazione tuttavia si complicò: arrivato a [[Genova]] non trovò l'imbarcazione per raggiungere la Corsica, quindi cercò di attivarsi con Sogno per una soluzione alternativa<ref name="Firenze">[http://www.romanzieri.com/archives/001379.php Sandro Pertini. ''Quei giorni della liberazione di Firenze''. Pugliese, 2006] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20081011213954/http://www.romanzieri.com/archives/001379.php |date=11 ottobre 2008 }}. ISBN 88-86974-34-5, riportato anche da [http://www.pertini.it/cesp/doc_56.htm CESP - Documenti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515221203/http://www.pertini.it/cesp/doc_56.htm |date=15 maggio 2011 }}</ref>.
[[File:Via ghibellina 109, casa di pertini.JPG|miniatura|Firenze, via Ghibellina 109, la casa in cui fu nascosto Sandro Pertini]]
 
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L'11 agosto prese parte agli scontri per la liberazione della città, organizzando l'azione del partito socialista e la stampa delle prime copie del giornale socialista ''[[Avanti!]]'':
 
{{Citazione|Mi rivedo così tra il luglio e l'agosto [[1944]] alla vigilia dell'insurrezione, in [[Firenze]], dove il mio destino mi aveva portato... Lo stato di emergenza dichiarato dai tedeschi, disumano ed implacabile, durava ormai da più di una settimana. Le rappresaglie naziste si succedevano alle rappresaglie, le fucilazioni alle fucilazioni, la vita diventava ogni giorno più dura e più difficile; le speranze si spegnevano nei nostri cuori; molti di noi si sentivano già nell'ombra della morte. Quel martirio sembrava non avere più fine, quando improvvisamente all'alba dell'undici agosto, la "Martinella" - il vecchio campanone di [[Palazzo Vecchio]] - suonò a distesa; risposero festose tutte le campane di Firenze. Era il segnale della riscossa. Scendemmo, allora, tutti i piazza; i fratelli nostri d'oltre [[Arno]] passarono sulla destra, i partigiani scesero dalle colline, la libertà finalmente splendeva nel cielo di Firenze. Ci mettemmo subito al lavoro; tutti i compagni si prodigavano in modo commovente. Il nostro fu il primo Partito a pubblicare un manifesto rivolto alla cittadinanza e pensammo di fare uscire immediatamente l{{'}}''Avanti!'' sotto la direzione del compagno Albertoni... Nel pomeriggio dell'undici agosto noi tutti uscimmo dalla sede del Partito di via San Gallo con pacchi di ''Avanti!'' ancora freschi di inchiostro e ci trasformammo in strilloni. L{{'}}''Avanti!'' andò a ruba. Ricordo un vecchio operaio. Mi venne incontro con le braccia tese chiedendomi con voce tremante un ''Avanti!''. Il suo volto, splendente di una luce che si irradiava dal suo animo, sembrava improvvisamente ringiovanire. Preso l{{'}}''Avanti!'' se lo portò alla bocca, baciò la testata piangendo come un fanciullo. Sembrava un figlio che dopo anni di forzata lontananza ritrova la madre<ref>cfr. Sandro Pertini, ''Cinquantenario dell'Avanti!'', numero unico del 25 dicembre [[1946]], nel [http://www.pertini.it/cesp/doc_60.htm sito web del Centro Espositivo "Sandro Pertini" di Firenze] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170402165458/http://www.pertini.it/cesp/doc_60.htm |date=2 aprile 2017 }}.</ref>.}}
 
=== Trasferimento al Nord e liberazione di Milano ===
{{Vedi anche|Caduta della Repubblica Sociale Italiana|Morte di Mussolini}}
Arrivato a Roma capì presto che la sua presenza era inutile e manifestò l'intenzione di tornare al nord, dove era il segretario del Partito Socialista per tutta l'Italia occupata e faceva parte del [[Comitato di Liberazione Nazionale|Comitato di Liberazione Nazionale per l'Alta Italia]] - CLNAI in rappresentanza del partito<ref>Sandro Pertini, ''Italia del Nord'', l{{'}}''[[Avanti!]]'', 24 agosto 1944, riportato da [http://www.pertini.it/cesp/doc_58.htm CESP - Documenti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515221250/http://www.pertini.it/cesp/doc_58.htm |date=15 maggio 2011 }}</ref>.
[[File:P 043.gif|miniatura|Il falso documento di identità intestato a Nicola Durano di [[Siracusa]] utilizzato da Pertini durante la [[Resistenza Italiana|Resistenza]]]]
 
Gli furono forniti dei documenti falsi, una patente di guida a nome di Nicola Durano, e con un volo aereo venne trasferito da [[Napoli]] a [[Lione]], poi a [[Digione]] e, una volta arrivato a [[Chamonix]], entrò in contatto con la [[Resistenza francese]]. Il percorso di rientro fu previsto attraverso il [[Monte Bianco]] e fu condotto sul [[Via dei Trois Mont Blanc|Col du Midi]] assieme a Cerilo Spinelli, il fratello di [[Altiero Spinelli|Altiero]], con una teleferica portamerci, per poi intraprendere l'attraversamento della [[Mer de Glace]] e prendere contatto con i partigiani [[Valle d'Aosta|valdostani]], grazie all'aiuto del campione francese di sci [[Émile Allais]]. Arrivò ad [[Aosta]] e poi a [[Ivrea]], evitando pattuglie e posti di blocco dei tedeschi, fino a [[Torino]] e quindi a [[Milano]]<ref>Sandro Pertini, intervista rilasciata alla Radio Televisione Aosta, Roma, 18 gennaio 1979, riportata da [[Gianni Bisiach]] (op. cit.) e da [http://www.pertini.it/cesp/doc_57.htm CESP - Documenti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515215151/http://www.pertini.it/cesp/doc_57.htm |date=15 maggio 2011 }}</ref>.
 
Il 29 marzo del 1945 costituì, con [[Leo Valiani]] per il [[Partito d'Azione]] ed [[Emilio Sereni]] per il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] (supplente di [[Luigi Longo]]), un comitato militare insurrezionale in seno al CLNAI con lo scopo di preparare l'insurrezione di [[Milano]] e l'occupazione della città. Il 25 aprile 1945 fu lo stesso Pertini a proclamare alla radio<ref>[http://www.pertini.it/cesp/audio_01.htm CESP - Audio] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20070928055636/http://www.pertini.it/cesp/audio_01.htm |date=28 settembre 2007 }} Audio dell'annuncio radiofonico</ref> lo sciopero generale insurrezionale della città:
 
{{Citazione|Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.}}
{{Multimedia|allineamento = sinistra|larghezza = 300|file = Pertini proclama lo sciopero generale a Milano 25 aprile 1945.ogg|titolo = Sandro Pertini|descrizione = Milano 25 aprile 1945 - proclamazione dello sciopero generale contro i nazi-fascisti}}
Alle 8 del mattino del 25 aprile, il Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia si riunì presso il collegio dei Salesiani in via Copernico a [[Milano]]. L'esecutivo, presieduto da [[Luigi Longo]], [[Emilio Sereni]], Sandro Pertini e [[Leo Valiani]] (presenti tra gli altri anche [[Rodolfo Morandi]] – che venne designato presidente del CLNAI –, [[Giustino Arpesani]] e [[Achille Marazza]]), proclamò ufficialmente l'insurrezione, la presa di tutti i poteri da parte del CLNAI e la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti<ref>[{{Cita web |url=http://www.associazioni.milano.it/isec/ita/cronologia/crono25apr.htm |titolo=Fondazione ISEC - cronologia dell'insurrezione a Milano - 25 aprile] |accesso=22 settembre 2010 |dataarchivio=27 maggio 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110527200809/http://www.associazioni.milano.it/isec/ita/cronologia/crono25apr.htm |urlmorto=no }}</ref> (tra cui ovviamente [[Benito Mussolini|Mussolini]], che sarebbe stato catturato e fucilato tre giorni dopo). Il decreto, trasmesso via radio, recitava:
 
{{Citazione|I membri del governo fascista e i gerarchi del fascismo colpevoli di aver soppresso le garanzie costituzionali e di aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del Paese e di averlo condotto all'attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte e nei casi meno gravi con l'ergastolo.|Decreto del CLNAI, 25 aprile 1945}}
 
Tale risoluzione era però in conflitto con l'articolo 29 dell'[[armistizio lungo]], secondo il quale Mussolini avrebbe dovuto essere consegnato agli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]]:
{{Citazione|Benito Mussolini, i suoi principali associati fascisti e tutte le persone sospette di aver commesso delitti di guerra o reati analoghi, i cui nomi si trovino sugli elenchi che verranno comunicati dalle Nazioni Unite e che ora o in avvenire si trovino in territorio controllato dal Comando militare alleato o dal Governo italiano, saranno immediatamente arrestati e consegnati alle Forze delle Nazioni Unite. Tutti gli ordini impartiti dalle Nazioni Unite a questo riguardo verranno osservati<ref>{{cita web|url=http://www.cassibilenelmondo.it/Lungo_armistizio.htm|titolo=Armistizio lungo del 29 settembre 1943|accesso=22 settembre 2010|dataarchivio=16 settembre 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180916050927/http://www.cassibilenelmondo.it/Lungo_armistizio.htm|urlmorto=no}}</ref>.}}
 
Quello stesso giorno, presso l'arcivescovado di Milano, ci fu comunque un tentativo di mediazione richiesto da Mussolini e favorito dal cardinale [[Ildefonso Schuster]]. Don [[Giuseppe Bicchierai]], segretario dell'arcivescovo, s'incaricò di contattare il CLNAI; alla riunione con Mussolini (con lui, tra gli altri, [[Rodolfo Graziani]] e [[Carlo Tiengo]]), nel primo pomeriggio, parteciparono inizialmente [[Raffaele Cadorna Jr|Raffaele Cadorna]] (comandante del [[Corpo volontari della libertà]]), [[Riccardo Lombardi (politico)|Riccardo Lombardi]] del [[Partito d'Azione]], [[Giustino Arpesani]] del [[Partito Liberale Italiano|Partito Liberale]] e [[Achille Marazza]] della [[Democrazia Cristiana]]. Pertini non fu rintracciato in quanto era impegnato in un comizio nella fabbrica insorta della [[Borletti]]<ref>[{{Cita web |url=http://archiviostorico.corriere.it/1995/settembre/08/Schuster_sara_beato_Cosi_salvo_co_0_95090810287.shtml |titolo=Leo Valiani - Quel 25 aprile in cui lo conobbi - Archivio storico del Corriere] |accesso=22 settembre 2010 |dataarchivio=20 maggio 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520055939/http://archiviostorico.corriere.it/1995/settembre/08/Schuster_sara_beato_Cosi_salvo_co_0_95090810287.shtml |urlmorto=no }}</ref><ref name=bandini>{{cita|Bandini|pp. 75-76}}.</ref>. Nel colloquio cominciò a palesarsi la possibilità di un accordo: il CLNAI avrebbe accettato la resa, garantendo la vita ai fascisti, considerando Mussolini prigioniero di guerra e quindi consegnandolo agli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]]<ref name=PertSchuster>{{cita news|autore=Sandro Pertini|url=http://archiviostorico.corriere.it/1996/maggio/09/Mussolini_Schuster_Pertini_scriveva_che_co_0_9605098884.shtml|titolo=Mussolini e Schuster, Pertini scriveva che...|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=9|mese=5|anno=1996|accesso=19 aprile 2009|dataarchivio=20 maggio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060444/http://archiviostorico.corriere.it/1996/maggio/09/Mussolini_Schuster_Pertini_scriveva_che_co_0_9605098884.shtml|urlmorto=no}} Lettera scritta da Pertini a [[Riccardo Lombardi (politico)|Riccardo Lombardi]].</ref>. A un certo punto però giunse la notizia che i tedeschi avevano già avviato trattative con gli alleati anglo-americani: Mussolini adirato disse di essere stato tradito dai tedeschi e abbandonò la riunione, con la promessa di comunicare entro un'ora le sue intenzioni.<ref name=BertoldiSchuster>{{cita news|autore=Silvio Bertoldi|url=http://archiviostorico.corriere.it/1995/aprile/18/Duce_cardinale_Tedeschi_traditori__co_0_950418699.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060621/http://archiviostorico.corriere.it/1995/aprile/18/Duce_cardinale_Tedeschi_traditori__co_0_950418699.shtml|titolo=Mussolini e Schuster, Pertini scriveva che...|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=9|mese=5|anno=1996|accesso=19 aprile 2009|urlmorto=sì}} Lettera scritta da Pertini a [[Riccardo Lombardi (politico)|Riccardo Lombardi]].</ref><ref>Una ricostruzione abbastanza fedele dell'incontro tra [[Benito Mussolini|Mussolini]] ed il [[Comitato di Liberazione nazionale|CLN Alta Italia]] all'arcivescovado di [[Milano]] è contenuta nel film "''[[Mussolini, ultimo atto]]''" del [[1974]], diretto da [[Carlo Lizzani]], in cui Benito Mussolini è interpretato da [[Rod Steiger]] doppiato da [[Nando Gazzolo]], il cardinale [[Alfredo Ildefonso Schuster|Schuster]] da [[Henry Fonda]] doppiato da [[Giorgio Piazza]], [[Rodolfo Graziani]] da Rodolfo Dal Pra, [[Raffaele Cadorna (1889-1973)|Raffaele Cadorna]] da [[Giuseppe Addobbati]], [[Leo Valiani]] da [[Giuseppe Rinaldi]], Sandro Pertini da [[Sergio Graziani]],</ref>
 
In quegli istanti giunsero alla spicciolata Sandro Pertini, [[Leo Valiani]] ed [[Emilio Sereni]], del comitato militare insurrezionale del CLNAI. Pertini incrociò sulle scale, per la prima e unica volta, Mussolini che scendeva; secondo alcune versioni l'esponente socialista era armato di pistola, cosa smentita poi in più di un'intervista (a [[Gianni Bisiach]] nel 1977 e a [[Enzo Biagi]] nel 1983).<ref>{{Cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=hBYdJ9xBAO4|titolo=Tratto da "Sandro Pertini: Un presidente amato" di Enzo Biagi del 1983.|accesso=4 maggio 2019|dataarchivio=9 febbraio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200209173608/https://www.youtube.com/watch?v=hBYdJ9xBAO4|urlmorto=no}}</ref> L'equivoco nacque dal fatto che scrisse sull<nowiki>'</nowiki>''[[Avanti!]]'': «lui (Mussolini - N.d.E.) scendeva le scale, io le salivo. Era emaciato, la faccia livida, distrutto».<ref name= Avanti1945 >''A Milano e a Torino nella fiammata insurrezionale'', in ''Avanti!'', 6 maggio 1945, riportato da [http://www.pertini.it/cesp/doc_59.htm CESP - Documenti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515221141/http://www.pertini.it/cesp/doc_59.htm |date=15 maggio 2011 }}</ref> Anni dopo, sulle colonne dello stesso giornale, dichiarò: «Se lo avessi riconosciuto lo avrei abbattuto lì, a colpi di rivoltella».<ref name=bandini/> Le versioni raccontate da Pertini nelle interviste, invece, non lasciano spazio a dubbi:
{{citazione|No, questa no, è una sciocchezza, che non ho fatto, né potevo fare (...) Mentre salivo lo scalone ho visto scendere un gruppo di persone. Mi giro, e ho riconosciuto Mussolini. (...) Vedo scendere un gruppo di persone e riconosco Mussolini. (...) Mussolini veniva giù... torvo in volto, il volto disfatto, molto accigliato, irritato anzi.|Intervista di Gianni Bisiach<ref>Dal programma ''Testimoni oculari'' di Gianni Bisiach</ref>}}
{{citazione|Mentre parlavo agli operai, arrivò un compagno tutto trafelato che mi disse: "C'è Mussolini che si sta incontrando all'arcivescovado con [[Riccardo Lombardi (politico)|Lombardi]], [[Raffaele Cadorna (1889-1973)|Cadorna]] e gli altri". Io rimasi sorpreso, dopo pochi minuti arrivai all'Arcivescovado. Salendo il grande scalone (non è vero che avessi la rivoltella in mano, storie romanzate), vedo un gruppo che scende vestito con l'orbace e tra questi c'era Mussolini. Era molto emaciato, pallido, irriconoscibile, non era più il baldanzoso delle fotografie.|Intervista di Enzo Biagi<ref>[{{Cita web |url=http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=PERBiagiIntervistaPertini |titolo=''Enzo Biagi intervista Pertini''] |accesso=23 luglio 2015 |dataarchivio=23 luglio 2015 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150723233158/http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=PERBiagiIntervistaPertini |urlmorto=sì }}</ref>}}
 
Giunto nella sala dell'arcivescovado, si ebbe tra Pertini (appoggiato da Sereni) e gli altri un veemente scambio di battute: Pertini chiese alla delegazione perché non avessero arrestato subito Mussolini<ref name= BertoldiSchuster />; richiese inoltre che Mussolini, una volta arresosi al CLNAI, fosse consegnato a un Tribunale del popolo e non agli Alleati<ref name= PertSchuster/>. [[Carlo Tiengo]], che era rimasto in arcivescovado, a questo punto telefonò a Mussolini comunicandogli le intenzioni dei due delegati del PSIUP e del PCI; ottenuta la risposta comunicò ai delegati e all'arcivescovo il rifiuto di Mussolini ad arrendersi.<ref name= PertSchuster/> La sera stessa il capo fascista partì verso il [[Lago di Como]].
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Pertini associò sempre in massima parte a quel suo intervento all'arcivescovado la causa del fallimento della trattativa e la conseguente morte del duce. In particolare, nel 1965 scrisse:
 
{{Citazione|Da tutto questo appare chiaro che il mio intervento presso il cardinale (intervento appoggiato solo dal compagno Emilio Sereni, ma con molta energia) spinse Mussolini a non arrendersi. E soprattutto appare chiaro che se la sera del 25 aprile il compagno Sereni ed io non fossimo andati all'arcivescovado e se quindi Mussolini si fosse arreso al CLNAI sarebbe stato consegnato al colonnello inglese [[Max Salvadori]]<ref>[[Max Salvadori]], cognato di [[Emilio Lussu]], colonnello alleato in clandestinità a Milano con il compito di tenere i contatti tra i Partigiani e gli Alleati - [http://archiviostorico.corriere.it/1992/agosto/11/quando_Max_arrivo_dal_cielo_co_0_9208116093.shtml Biografia di Max Salvadori ad opera di Leo Valiani - Archivio storico del Corriere] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110520060314/http://archiviostorico.corriere.it/1992/agosto/11/quando_Max_arrivo_dal_cielo_co_0_9208116093.shtml |date=20 maggio 2011 }}</ref>, il che voleva dire consegnarlo di fatto agli Alleati (ed oggi sarebbe qui, a Montecitorio...).<ref>[{{Cita web |url=http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=183&IdSottoSez=11 |titolo=Sandro Pertini. Resistenza: patrimonio di tutti, ''Avanti!'', 16 aprile 1965] |accesso=22 settembre 2010 |dataarchivio=22 luglio 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722033327/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=183&IdSottoSez=11 |urlmorto=no }}</ref>}}
 
[[File:1945 COMIZIO 26 APRILE PERTINI A MILANO.jpg|miniatura|26 aprile 1945. Pertini tiene un affollato comizio nella [[Milano]] appena liberata.]]
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Il 27 aprile, fortemente convinto della necessità di condannare a morte il capo del fascismo, arrestato a [[Dongo]] il giorno precedente, disse alla radio:
 
{{Citazione|Mussolini, mentre giallo di livore e di paura tentava di varcare la frontiera svizzera, è stato arrestato. Egli dovrà essere consegnato ad un tribunale del popolo, perché lo giudichi per direttissima. E per tutte le vittime del fascismo e per il popolo italiano dal fascismo gettato in tanta rovina egli dovrà essere e sarà giustiziato. Questo noi vogliamo, nonostante che pensiamo che per quest'uomo il plotone di esecuzione sia troppo onore. Egli meriterebbe di essere ucciso come un cane tignoso. Questo è il disastroso risultato di vent'anni di dominazione fascista. Lo ricordiamo soprattutto a coloro che al fascismo ed al suo capo hanno sino ad ieri applaudito, pronti oggi a mettersi sotto una delle insegne politiche trionfanti per rifarsi una verginità cento volte perduta e per realizzare quelle ambizioni che non sono riusciti a realizzare sotto il fascismo.<ref>[http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=55&IdSottoSez=11 Discorso del 27 aprile] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110722033910/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=55&IdSottoSez=11 |date=22 luglio 2011 }}, dal sito del CESP.</ref>}}
 
Il 28 aprile Mussolini fu fucilato e il giorno dopo il suo cadavere, insieme a quello della sua compagna [[Claretta Petacci]] e a quelli di altri gerarchi del regime sconfitto, fu esposto all'odio della folla a [[Piazzale Loreto]]. Pertini commentò: «L'insurrezione si è disonorata».<ref>{{cita news|autore=Ettore Botti|url=http://archiviostorico.corriere.it/2001/settembre/20/scempio_del_duce_nel_giorno_co_0_01092011548.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060548/http://archiviostorico.corriere.it/2001/settembre/20/scempio_del_duce_nel_giorno_co_0_01092011548.shtml|titolo=Lo scempio del duce nel giorno della vergogna|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=20|mese=9|anno=2001|accesso=22 marzo 2009|urlmorto=sì}}</ref>
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In ottemperanza al decreto del CLN, ordinò inoltre al partigiano [[Corrado Bonfantini]], comandante della [[Brigata Matteotti]], la fucilazione del maresciallo [[Rodolfo Graziani]]. Il 28 aprile Bonfantini arrestò il generale fascista e si adoperò invece per salvargli la vita; il giorno dopo Graziani si consegnò agli Alleati.<ref>{{cita libro|Luigi|Borgomaneri|''Due inverni, un'estate e la rossa primavera: le Brigate Garibaldi a Milano e provincia (1943-1945)''|1985|Edizioni Franco Angeli|Milano}} p. 296.</ref>
[[File:Partigiani sfilano per le strade di milano.jpg|miniatura|sinistra|Partigiani sfilano per le strade di Milano]]
Gli ultimi scontri nella città si sarebbero conclusi solo il 30 aprile.<ref>[{{Cita web |url=http://www.associazioni.milano.it/isec/ita/cronologia/crono30apr.htm |titolo=Fondazione ISEC - cronologia dell'insurrezione a Milano - 30 aprile] |accesso=22 settembre 2010 |dataarchivio=27 maggio 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110527200859/http://www.associazioni.milano.it/isec/ita/cronologia/crono30apr.htm |urlmorto=no }}</ref> Per le sue attività durante la Resistenza, e in particolare per la sua partecipazione alla difesa di Roma e alle insurrezioni di [[Firenze]] e di Milano, Pertini verrà insignito della [[medaglia d'oro al valor militare]].
 
Secondo Pertini, le emozioni provate durante la Liberazione di Milano furono un'esperienza che confermarono la sua idea della «capacità del popolo italiano di compiere le più grandi cose qualora fosse animato dal soffio della libertà e del socialismo»<ref name= Avanti1945 />. Tuttavia, come spesso egli ricordava malinconicamente, mentre il 26 aprile partecipava alla festa per l'avvenuta liberazione, suo fratello minore Eugenio veniva assassinato nel [[campo di concentramento di Flossenbürg]]<ref name = Eugenio >[http://www.pertini.it/cesp/video/eugenio.wmv CESP - Video] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515221258/http://www.pertini.it/cesp/video/eugenio.wmv |date=15 maggio 2011 }} Intervista</ref>.
 
Il partigiano [[Giuseppe Marozin]], detto "Vero", imputato del duplice omicidio degli attori fascisti [[Osvaldo Valenti]] e [[Luisa Ferida]], avvenuta il 30 aprile in via Poliziano a Milano, si è difeso scrivendo nelle sue memorie che sarebbe stato Pertini ad ordinare la fucilazione dei due famosi attori cinematografici.<ref>[[Giuseppe Marozin]], ''Odissea Partigiana - i 19 della Pasubio'', 1965, Milano, p. 69</ref> I due avevano aderito alla [[Repubblica Sociale Italiana]]; Valenti era un ufficiale della famigerata [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]], ed entrambi erano accusati di aver partecipato alle azioni del gruppo di torturatori conosciuto come "[[Banda Koch]]".
<ref>{{cita libro|Odoardo|Reggiani|Luisa Ferida, Osvaldo Valenti. Ascesa e caduta di due stelle del cinema|2001|Spirali|Milano|isbn=88-7770-576-0}} p. 166.</ref>
<ref>{{cita news|autore=Silvio Bertoldi|url=http://archiviostorico.corriere.it/2001/luglio/31/Luisa_Ferida_Osvaldo_Valenti_Dai_co_0_0107311334.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060323/http://archiviostorico.corriere.it/2001/luglio/31/Luisa_Ferida_Osvaldo_Valenti_Dai_co_0_0107311334.shtml|titolo=Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, dal set al muro|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=24|mese=6|anno=2001|accesso=26 marzo 2009|urlmorto=sì}}</ref>
<ref>{{cita news|autore=Silvio Bertoldi|url=http://archiviostorico.corriere.it/2001/luglio/31/Luisa_Ferida_Osvaldo_Valenti_Dai_co_0_0107311334.shtml|titolo=Luisa Ferida e Osvaldo Valenti dai telefoni bianchi al sangue di Salò|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=31|mese=7|anno=2001|accesso=26 marzo 2009|dataarchivio=20 maggio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060323/http://archiviostorico.corriere.it/2001/luglio/31/Luisa_Ferida_Osvaldo_Valenti_Dai_co_0_0107311334.shtml|urlmorto=no}}</ref> Non ci sono tuttavia altre fonti che confermino il coinvolgimento di Pertini nella decisione di uccidere i due attori, inoltre manca un ordine scritto (riscontrato invece nel caso dell'uccisione di Mussolini, seppur emesso a esecuzione avvenuta).
 
=== Dopoguerra ===
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Dall'agosto 1946 al gennaio 1947 e dal maggio 1949 all'agosto 1951<ref name= intini>cfr. [[Ugo Intini]], ''Avanti! Un giornale, un'epoca'', Ponte Sisto, Roma, 2012, p. 738.</ref> fu direttore del quotidiano socialista ''[[Avanti!]]''. Dall'aprile del 1947 al giugno del 1968 fu anche direttore del quotidiano genovese ''[[Il Lavoro (quotidiano)|Il Lavoro]]''.
 
In una pagina del sito web della Fondazione "Sandro Pertini" è ricordato che, all{{'}}''Avanti!'', «il Direttore Sandro Pertini, negli anni che vanno dal 1952 al 1954, dormiva nella segreteria di redazione che era stata trasformata in camera, dove aveva una rete metallica con quattro piedi di ferro aggiunti per alzarla, un materasso fatto di ritagli di stoffa e un lavabo in ferro battuto con una caraffa.»<ref>[{{Cita web |url=http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=800&IdSottoSez=48 |titolo=Fondazione "Sandro Pertini"] |accesso=2 giugno 2016 |dataarchivio=12 marzo 2012 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120312185825/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=800&IdSottoSez=48 |urlmorto=no }}</ref>
 
Tuttavia, in nessuna fonte storica e documentale di provata attendibilità sulla vita del leader socialista ligure è rimasta traccia di tale direzione dell{{'}}''Avanti'' dal 1952 al 1954, oltre alle due, assolutamente certe, dall'agosto 1946 al gennaio 1947, e dal maggio 1949 all'agosto 1951.
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{{Vedi anche|Assemblea Costituente (Italia)}}
 
Nelle [[Elezioni politiche in Italia del 1946|elezioni politiche del 2 giugno]] 1946 fu eletto deputato nella lista socialista per l'[[Assemblea Costituente (Italia)|Assemblea Costituente]],<ref>[{{Cita web |url=http://legislature.camera.it/chiosco.asp?cp=1&position=Assemblea%20Costituente\I%5CI%20Costituenti&content=altre_sezioni/assemblea_costituente/composizione/costituenti/framedeputato%2Fassemblea_costituente%2Fcomposizione%2Fcostituenti%2Fframedeputato.asp?Deputato=1d4610%3FDeputato%3D1d4610 |titolo=Camera.it Dati personali e incarichi nella Costituente] |accesso=2 novembre 2006 |dataarchivio=12 aprile 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160412101420/http://legislature.camera.it/chiosco.asp?cp=1&position=Assemblea%20Costituente%5CI%20Costituenti&content=altre_sezioni%2Fassemblea_costituente%2Fcomposizione%2Fcostituenti%2Fframedeputato.asp%3FDeputato%3D1d4610 |urlmorto=no }}</ref>, nella quale intervenne nella stesura degli articoli del Titolo I, sui rapporti civili.
 
Appoggiò inoltre il lavoro delle [[commissione di epurazione|commissioni di epurazione]] e fu subito decisamente avverso all'attuazione dell'[[Amnistia Togliatti|amnistia voluta da Togliatti]] nei confronti dei reati politici commessi dai responsabili dei crimini fascisti<ref>{{cita|Woller|pp. 540-541}}.</ref><ref>{{cita|Franzinelli|pp. 126-127}}.</ref>.
 
In tal senso, durante i lavori dell'Assemblea, intervenne il 22 luglio 1946 con un'interrogazione parlamentare nei confronti del [[Ministero della giustizia|ministro di Grazia e Giustizia]] [[Fausto Gullo]] ([[Partito Comunista Italiano|comunista]]), che verteva sulle motivazioni dell'interpretazione largheggiante del provvedimento di [[amnistia]], sull'inadempimento del [[governo De Gasperi II|governo De Gasperi]] nell'applicare il decreto di reintegro dei lavoratori antifascisti allontanati dal lavoro per motivi politici durante il regime, sull'emanazione di provvedimenti atti a difendere la Repubblica contro i suoi nemici.<ref name = Seduta220746 >cfr. [http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed010/sed010nc.pdf Resoconto stenografico della seduta dell'Assemblea Costituente del 22/07/46] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110521075902/http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed010/sed010nc.pdf |date=21 maggio 2011 }}, pp. 207-212</ref><ref>vedi anche la replica alla risposta alla sua interrogazione nel sito web della [http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=173&IdSottoSez=11 Fondazione Pertini] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150924014324/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=173&IdSottoSez=11 |date=24 settembre 2015 }}:
{{Citazione|Mi duole, ma non posso dichiararmi soddisfatto della risposta datami dall’Onorevole Ministro della giustizia. Con mia grande sorpresa ho sentito dall’onorevole Ministro della giustizia che il Governo non può emanare norme interpretative di una legge. Il Governo non le può emanare in quanto potere esecutivo, ma siccome il Governo che ha emanato il decreto d’amnistia, come l’attuale Governo, aveva anche il potere legislativo, aveva la possibilità di emanare norme interpretative. Richiamo alla mente dell’onorevole Ministro della giustizia gli studi che egli ha fatto per diventare avvocato.
 
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Quell’impiegato, che per vent’anni ha condotto vita onesta e non ha mai commesso atti di disonestà - ricordo la figura di Demetrio Pianelli - e che, trovandosi di fronte alla tragica situazione del Paese e della sua famiglia, e si è visto costretto a vendere quanto di più caro aveva per non vedere morire di fame le sue creature ed ha commesso un reato di peculato; egli deve rimanere in carcere, mentre quel funzionario, che collaborando coi tedeschi e facendo il delatore ha commesso lo stesso reato, soltanto perché il reato principale è reato di indole politica ed il reato comune è stato commesso nell’occasione di questo, è scarcerato.
 
Evidentemente, tutto questo non vale, onorevole Ministro della giustizia, a portare la pacificazione nel nostro Paese. Così si è verificato quello che il Ministro della giustizia del tempo [Palmiro Togliatti – N.d.E.] aveva previsto, quando scriveva questo nella sua relazione: "Un disconoscimento di questa esigenza, anziché contribuire alla pacificazione, contribuirebbe a rinfocolare odi e rancori, con conseguenze certamente per tutti incresciose".}}</ref> Il suo intervento si concluse con alcune parole molto dure nei confronti del provvedimento e della sua applicazione da parte della magistratura e del governo:
</ref> Il suo intervento si concluse con alcune parole molto dure nei confronti del provvedimento e della sua applicazione da parte della magistratura e del governo:
 
{{Citazione|''Ricordiamo che l'epurazione è mancata: si disse che si doveva colpire in alto e non in basso, ma praticamente non si è colpito né in alto né in basso. Vediamo ora lo spettacolo di questa amnistia che raggiunge lo scopo contrario a quello per cui era stata emanata: pensiamo, quindi, che verrà un giorno in cui dovremo vergognarci di aver combattuto contro il [[fascismo]] e costituirà colpa essere stati in carcere e al [[confino]] per questo''.<ref name = Seduta220746/>}}
 
Il leader [[Partito Comunista Italiano|comunista]] [[Palmiro Togliatti|Togliatti]] si sentì in dovere di intervenire subito dopo Pertini per difendere la bontà del provvedimento da lui varato quand'era stato Ministro di Grazia e Giustizia nel precedente [[governo Parri]]. Pur dichiarando di associarsi allo sdegno di Pertini per come l'amnistia era stata applicata in taluni casi, ricordò che il provvedimento di clemenza era stato approvato da tutti i partiti e minimizzò il numero delle scarcerazioni a fronte delle procedure pendenti<ref>cfr. [http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed010/sed010nc.pdf Resoconto stenografico della seduta dell'Assemblea Costituente del 22/07/46] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110521075902/http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed010/sed010nc.pdf |date=21 maggio 2011 }}, pp. 212-213</ref>.
 
L'azione politica di Pertini in quel periodo mirava anche al raggiungimento delle riforme sociali necessarie al recupero del paese, devastato sia dall'esperienza fascista, sia dalle tragedie della guerra, ma soprattutto al tentativo di eliminare radicalmente qualsiasi possibile rigurgito del regime mussoliniano.
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Il capo della Provincia
Carlo Emanuele Basile»
in [http://xoomer.virgilio.it/Barudda/Diario/note_06-44.htm Note Storiche Relative al Mese di Giugno del 1944] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170325112647/http://xoomer.virgilio.it/Barudda/Diario/note_06-44.htm |date=25 marzo 2017 }}</ref>.
 
Il 16 giugno, dopo ulteriori scioperi e la serrata delle fabbriche disposta da Basile, i militari tedeschi irruppero in quattro fabbriche genovesi (la Siac, i Cantieri Navali, la San Giorgio e la Piaggio) prelevando quasi 1500 operai, che furono deportati in Germania e destinati a lavorare nelle fabbriche tedesche<ref>cfr. Paolo Arvati, Manlio Calegari, "Comunisti e partigiani: Genova 1942-45", 2001, p. 196, riportato in [https://a-sinistra.blogspot.it/2013/06/16-giugno-una-tragedia-operaia-nella.html ''A sinistra: 16 giugno, una tragedia operaia nella Resistenza''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170325024501/http://a-sinistra.blogspot.it/2013/06/16-giugno-una-tragedia-operaia-nella.html |date=25 marzo 2017 }}</ref>.
 
Due giorni dopo, il 18 giugno, uscirono sulla stampa cittadina due comunicati, uno del comando tedesco, l'altro di Basile che non voleva perdere l'occasione di rivendicare i suoi "meriti": «Vi avevo messo sull'avvertita… Non avete voluto ascoltarmi… Oggi più di uno di voi si pente amarissimamente di essersi lasciato sedurre ed illudere… Intanto quei pendagli da forca che si gabellano per comunisti, si appostano all'angolo dei carruggi o all'uscita di un rifugio al cessato allarme, per colpire alla schiena uno dei nostri, borghese o militare… Meditate bene quanto sto per dire: la pazienza ha un limite…»<ref>cfr. Paolo Arvati, ''16 giugno, una tragedia operaia nella Resistenza'' in [https://a-sinistra.blogspot.it/2013/06/16-giugno-una-tragedia-operaia-nella.html ''A sinistra''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170325024501/http://a-sinistra.blogspot.it/2013/06/16-giugno-una-tragedia-operaia-nella.html |date=25 marzo 2017 }}</ref>.
 
Rimosso dall'incarico, Basile fu poi nominato Sottosegretario per l'Esercito dal 26 giugno 1944 a fine guerra, quando fu catturato dai partigiani a [[Sesto San Giovanni]] mentre cercava di raggiungere [[Benito Mussolini|Mussolini]] a [[Milano]], trasportando con sé una valigia contenente trenta milioni in valuta estera e oro provenienti dalla segreteria particolare del duce, che dovevano servire a favorire l'eventuale fuga di Mussolini e di altri gerarchi fascisti all'estero<ref>Silvio Bertoldi, ''La guerra parallela, 8 settembre 1943 - 25 aprile 1945'', Milano 1963, p. 213; ''Verbanus'', N. 23, 2002, p. 127; P. Rauti, R. Sermonti, ''Storia del fascismo nel grande conflitto'', p. 363, dove viene riportata la distinta che accompagnava il denaro che Basile stava trasportando: «franchi svizzeri: 10 biglietti da 1000 franchi; 200 da 50; 200 da 20; 200 da 5; 181 biglietti da 1000 franchi francesi; 1470 pezzi d'oro da 20 franchi. Il denaro qui contenuto qualora mi accadesse una disgrazia deve essere restituito alla segreteria particolare del duce»</ref>. Alla radio fu data notizia della sua cattura e fucilazione<ref>Carlo Chevallard, ''Diario 1942-1945. Cronache del tempo di guerra'', Torino 2005, p. 512</ref>, ma, processato dai "tribunali del popolo" e portato per due volte di fronte al plotone di esecuzione, alla fine fu risparmiato in quanto (secondo la testimonianza resa in processo da chi lo fece prigioniero) si credeva potesse fare importanti rivelazioni<ref>cfr. ''Verbanus'', N.23, 2002, p. 127</ref>. L'ordine di fucilarlo immediatamente era stato dato da Pertini, quale membro dell'esecutivo del [[Comitato di Liberazione Nazionale|Comitato di Liberazione per l'Alta Italia]], ma l'ordine fu disatteso<ref>cfr. [http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed295/sed295nc.pdf Resoconto stenografico della seduta dell'Assemblea Costituente del 19 novembre 1947] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110521074925/http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed295/sed295nc.pdf |date=21 maggio 2011 }}, p. 2200.</ref>.
 
Basile venne poi prelevato dagli [[Alleati della seconda guerra mondiale|alleati]], tratto in carcere e posto sotto processo per il reato di collaborazione con il tedesco invasore, in particolare per aver prestato «aiuto ed assistenza come capo della provincia di Genova prima e come sottosegretario alla Guerra poi»<ref>Romano Canosa, ''Storia dell'epurazione in Italia: le sanzioni contro il fascismo, 1943-1948'', Milano 1999, p. 196.</ref>. Nei capi d'imputazione veniva contestato soprattutto il suo operato a Genova, città in cui si era reso responsabile della deportazione di circa 1400 operai in Germania, come provato, tra l'altro, dai diversi manifesti in cui egli minacciava l'adozione di duri provvedimenti nei confronti degli operai in caso di sciopero. Inoltre Basile era accusato della morte di undici detenuti politici nel carcere di Marassi, che erano stati condannati a morte e fucilati al Forte San Martino con sentenze del Tribunale Militare Speciale di Genova, da lui convocato tre volte per rappresaglia ad altrettanti attentati compiuti dai [[gruppi di Azione Patriottica|gappisti]].
 
L'iter del processo fu molto tortuoso e condizionato dalla promulgazione dell'[[amnistia Togliatti]]<ref>[[Mimmo Franzinelli]], ''Le stragi nascoste: l'armadio della vergogna: impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti, 1943-2001'', Mondadori, 2002, ISBN 978-88-04-50337-8, pp. 112 e 113</ref><ref>[[Mimmo Franzinelli]], ''L'amnistia Togliatti: 22 giugno 1946: colpo di spugna sui crimini fascisti'', Mondadori, 2006, ISBN 978-88-04-55334-2, p. 184 e seg</ref><ref>Sandro Pertini, ''Per dire no come una volta al fascismo'', in ''Gli uomini per essere liberi'', ADD editore, 2012, ISBN 978-88-96873-47-2</ref>: inizialmente, nel [[1945]], Basile fu condannato a 20 anni dalla [[Corte di Assise]] straordinaria di [[Milano]], ma la sentenza fu annullata dalla [[Corte di cassazione]]. L'anno successivo la Corte di [[Pavia]] lo condannò a morte, ma anche questa volta la sentenza fu annullata dalla Cassazione. Il processo andò quindi alla [[Corte di Assise]] speciale di [[Venezia]], da cui fu trasferito, per ''legitima suspicione'', a quella di [[Napoli]], che il 29 agosto [[1947]], su proposta del Procuratore Generale dott. Siravo, assolse Basile in quanto il reato di collaborazionismo a lui contestato si era estinto per amnistia e ne ordinò la scarcerazione<ref>[http://www.archiviolastampa.it ''L'ex-prefetto Basile assolto''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20171020055750/http://www.archiviolastampa.it/ |date=20 ottobre 2017 }}, articolo de [[La Stampa]], del 30 agosto 1947</ref>.
 
L'assoluzione determinò grandi proteste soprattutto a Genova, dove fu proclamato lo sciopero generale dalle 10 alle 24<ref>[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/action,viewer/Itemid,3/page,0001/articleid,0041_01_1947_0204_0001_24584030/anews,true/ ''Sciopero a Genova''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170325201627/http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/action,viewer/Itemid,3/page,0001/articleid,0041_01_1947_0204_0001_24584030/anews,true/ |date=25 marzo 2017 }}, articolo de ''[[La Stampa]]'', del 31 agosto 1947</ref> e nella provincia di Milano<ref>[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_08/19470831_0001.pdf ''Sciopero generale a Genova''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304094402/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_08%2F19470831_0001.pdf |data=4 marzo 2016 }}, articolo de ''[[L'Unità]]'' del 31 agosto 1947</ref>. La [[CGIL]], con un comunicato, approvò le manifestazioni di protesta<ref>[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0041_01_1947_0205_0001_24634336/ Basile arrestato per misura di sicurezza] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170325025837/http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0041_01_1947_0205_0001_24634336/ |date=25 marzo 2017 }}, articolo de ''[[La Stampa]]'', del 31 agosto 1947</ref>.
 
Il 19 novembre 1947 fu presentata un'interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia dai socialisti [[Gaetano Barbareschi]], [[Vannuccio Faralli]] e Sandro Pertini nella quale si chiedeva quali provvedimenti si intendessero adottare contro il Procuratore Generale di Napoli Siravo, il quale, a detta dei tre esponenti socialisti, nella requisitoria del processo Basile aveva dichiarato che le leggi eccezionali contro i fascisti erano una "mostruosità" e aveva sostenuto che la magistratura del nord, nel giudicare i fascisti, aveva compiuto non opera di giustizia ma di vendetta, in quanto aveva subito interferenze estranee. Il Ministro di giustizia [[Giuseppe Grassi (politico)|Giuseppe Grassi]] ([[Partito Liberale Italiano|liberale]]) rispose che Siravo era un ottimo magistrato e che nel verbale della requisitoria non vi era alcun riferimento alle affermazioni attribuitegli sulle leggi contro i fascisti. Invece riguardo ai processi svoltisi al nord, il ministro rispose che Siravo faceva riferimento agli episodi di violenza che accaddero tra il pubblico e che quindi egli aveva solo fatto un apprezzamento sul clima nel quale si svolsero tali processi. Allora Faralli gridò più volte che Siravo era un fascista perché aveva fatto assolvere Basile, ma il deputato [[Democrazia Cristiana|democristiano]] [[Giovanni Leone]], avvocato napoletano, rispose che Siravo era il più indipendente magistrato di Napoli. Pertini riprese la parola ribadendo che Basile era stato un collaborazionista, che aveva fatto eseguire rastrellamenti di operai a Genova e che era stato uno strumento cosciente nelle mani dei nazisti; espresse quindi la sua preoccupazione per le decisioni prese dalla magistratura e proseguì affermando che ciò che meritava Basile era il plotone di esecuzione e che il problema non sarebbe esistito se i suoi compagni partigiani avessero eseguito il suo ordine di fucilarlo subito, invece di farlo cadere in mano agli alleati. Pertini riferì altre frasi, riportate dalla stampa, che sarebbero state pronunciate nella requisitoria dal PG Siravo (Basile «non era collaborazionista e se lo fosse stato, forse avrebbe avuto ragione, se si pensi come i liberatori sono stati ingrati verso il popolo italiano», «Basile, oggi imputato, potrebbe domani essere portato sugli scudi!»), corroborate da quanti, avvocati e parti civili presenti in aula, egli aveva personalmente intervistato. Il deputato napoletano [[Unione Democratica Nazionale|democratico nazionale]] [[Amerigo Crispo]] rispose che nessuna delle frasi citate si trovava in quella forma nel testo stenografato della requisitoria<ref>cfr. [http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed295/sed295nc.pdf Resoconto stenografico della seduta dell'Assemblea Costituente del 19 novembre 1947] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110521074925/http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed295/sed295nc.pdf |date=21 maggio 2011 }}, pp. 2198-2202.</ref>.
 
Nell'occasione Pertini dichiarò:
{{Citazione|Ora, io non nego che il giudice possa anche interessarsi di politica, ma deve interessarsene quando non esercita il magistero della giustizia. Quando esercita la sua funzione di giudice, egli deve dimenticarsi di essere un uomo politico!<ref>.cfr. [http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed295/sed295nc.pdf Resoconto stenografico della seduta dell'Assemblea Costituente del 19 novembre 1947] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110521074925/http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed295/sed295nc.pdf |date=21 maggio 2011 }}, p. 2201.</ref>}}
 
==== Opposizione al "Fronte Popolare" ====
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Nonostante fosse fautore dell'unità del movimento dei lavoratori e dell'"unità d'azione" con il [[Partito Comunista Italiano]], Pertini era anche un fervido sostenitore dell'autonomia socialista nei confronti del PCI. In tal senso si oppose, in seno al [[Partito Socialista Italiano]] (tornato alla sua storica denominazione dopo la scissione di Palazzo Barberini), alla presentazione di liste unitarie con il PCI nel [[Fronte Democratico Popolare]] per le [[Elezioni politiche in Italia del 1948|elezioni del 1948]]. Al XXVI Congresso di Roma del 19-22 gennaio 1948 la sua mozione contraria al Fronte fu tuttavia minoritaria: prevalse la linea di Nenni e Pertini si adeguò alla decisione della maggioranza.<ref name= FSP />
 
Pertini rientrò nella direzione nazionale del partito con il XXVIII Congresso di [[Firenze]] del maggio 1949, divenendo anche, a partire dal 1955, di nuovo vicesegretario. Sarebbe rimasto nella direzione fino al 1957, quando, al XXXII Congresso di [[Venezia]], anche in seguito alla [[Rivoluzione ungherese del 1956|invasione sovietica dell'Ungheria]], con la sua opposizione, venne interrotta la collaborazione con il PCI.<ref>[http://www.domanisocialista.it/storia4.htm La storia del PSI - Dal 1946 al 1968] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110722032207/http://www.domanisocialista.it/storia4.htm |date=22 luglio 2011 }}.</ref>
 
==== Voto contro la NATO, commemorazione di Stalin e giudizio sulla Rivoluzione ungherese del 1956 ====
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{{Citazione|Il compagno Stalin ha terminato bene la sua giornata, anche se troppo presto per noi e per le sorti del mondo. L'ultima sua parola è stata di pace. [...] Si resta stupiti per la grandezza di questa figura che la morte pone nella sua giusta luce. Uomini di ogni credo, amici e avversari, debbono oggi riconoscere l'immensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto.<ref>{{cita libro|Vittorio|Messori|wkautore=Vittorio Messori|[[Pensare la storia]]|1992|Edizioni San Paolo|Milano}} p. 111.</ref>}}
 
Per questo elogio, avvenuto prima della divulgazione del [[XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica|rapporto Kruscev]] con cui furono denunciati i crimini di Stalin, Pertini venne molto criticato, ad esempio da [[Indro Montanelli]] e da [[Marcello Veneziani]]; in un articolo della Fondazione Pertini si precisa che «egli nel [[1953]] ricordava lo Stalin difensore di [[Stalingrado]] e co-liberatore dell'Europa dalla barbarie nazista; lo Stalin al quale strinsero la mano [[Winston Churchill]] e [[Franklin Roosevelt]]» e che «Sandro Pertini ha lottato contro ogni forma di totalitarismo per la realizzazione piena di sistemi democratici fondati sulla libertà e sulla giustizia sociale» con «molte prese di posizione che Sandro Pertini assunse di petto, come era solito fare, anche contro il regime sovietico».<ref name= Veneziani>[{{Cita web |url=http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=800&IdSottoSez=48 |titolo=Marcello Veneziani denigra Sandro Pertini] |accesso=2 giugno 2016 |dataarchivio=12 marzo 2012 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120312185825/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=800&IdSottoSez=48 |urlmorto=no }}</ref>
 
Nel novembre 1956 Pertini fu tra quei socialisti italiani che giudicarono molto duramente la Rivoluzione ungherese, vista come una palese reazione e un tentativo controrivoluzionario di ritorno al passato presocialista, in chiaro contrasto con le corrispondenze del giornale del partito, il cui inviato a Budapest Luigi Fossati, rendeva equilibrate eppur preoccupate descrizioni di quei drammatici giorni. Prima ancora del secondo e decisivo intervento sovietico del 4 novembre 1956 egli così scrisse in un articolo ripreso da ''l'Unità'', quotidiano del PCI, il 3 novembre:
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==== Impegno contro la "legge truffa" ====
{{vedi anche|legge truffa}}
Sempre nel 1953, fu tra i più strenui oppositori della cosiddetta "[[legge truffa]]",<ref>cfr. [http://www.pertini.it/cesp/p_10.htm Il secondo dopoguerra] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20121210162408/http://www.pertini.it/cesp/p_10.htm |date=10 dicembre 2012 }} nel sito web del Centro Espositivo "Sandro Pertini".</ref> pronunciando un duro intervento in Senato contro l'approvazione del provvedimento nella seduta del 10 marzo.
 
==== Passaggio dal Senato alla Camera dei deputati ====
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Le indagini sull'omicidio e sui quattro nominativi denunciati dalla madre di Carnevale furono svolte dal procuratore della Repubblica di Palermo [[Pietro Scaglione]] (poi caduto anch'egli vittima della mafia): i quattro accusati furono fermati e tradotti in carcere poiché gli [[alibi]] non ressero alle verifiche e un testimone si lasciò scappare di aver visto Tardibuono sul luogo del delitto.
Sulla base di queste indagini, si aprì un lungo iter giudiziario tra assoluzioni e condanne in vari tribunali italiani, in quanto i difensori degli [[imputati]], asserendo il grande clamore mediatico esistente sul caso a Palermo, sede naturale del processo, ottennero che lo stesso venisse trasferito, per ''legitima suspicione'', alla [[Corte d'assise]] presso il Tribunale di [[Santa Maria Capua Vetere]]. Qui il processo di primo grado iniziò il 18 marzo 1960 e si concluse il 21 dicembre 1961 con la condanna all'[[ergastolo]] di tutti e quattro gli imputati, accogliendo la ricostruzione del delitto fatta da Scaglione, Pertini, Sorgi e Taormina.<ref>{{Cita web|url=http://www.vittimemafia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=213:16-maggio-1955-a-sciara-pa-assassinio-del-sindacalista-salvatore-carnevale&catid=35:scheda&Itemid=67|titolo=16 Maggio 1955 a Sciara (PA) Assassinio del sindacalista Salvatore Carnevale|cognome=Rosanna|accesso=14 maggio 2016|dataarchivio=10 giugno 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160610095541/http://www.vittimemafia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=213:16-maggio-1955-a-sciara-pa-assassinio-del-sindacalista-salvatore-carnevale&catid=35:scheda&Itemid=67|urlmorto=no}}</ref>
 
Al collegio di parte civile si contrappose un altro futuro [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]], il democristiano [[Giovanni Leone]], difensore degli imputati.
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==== Elezione e discorso d'insediamento ====
{{vedi anche|Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1978|Discorso d'insediamento di Sandro Pertini}}
[[File:Sandro Pertini Official.jpg|miniatura|Ritratto ufficiale del presidente della Repubblica Sandro Pertini<ref>{{Cita web|url=https://presidenti.quirinale.it/page/7/per-biografia.html|titolo=I Presidenti della Repubblica - Sandro Pertini|accesso=11 novembre 2023|dataarchivio=15 novembre 2023|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20231115082215/https://presidenti.quirinale.it/page/7/per-biografia.html|urlmorto=no}}</ref>]]
[[File:Sandro Pertini6.jpg|thumb|Il [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] Sandro Pertini al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]]]]
Le votazioni per l'elezione del settimo [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] iniziarono il 29 giugno 1978 a seguito delle dimissioni del presidente in carica, il democristiano [[Giovanni Leone]], annunciate agli italiani il 15 giugno attraverso un messaggio televisivo.
 
Nei primi tre scrutini la [[Democrazia Cristiana|DC]] optò per la candidatura di [[Guido Gonella]] e il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] votò in modo pressoché unanime il proprio candidato, [[Giorgio Amendola]], mentre l'ala parlamentare socialista concentrò i propri voti su [[Pietro Nenni]]. Fino al 13º scrutinio il PCI mantenne la candidatura di Amendola senza trovare consensi; a partire dal quarto scrutinio, democristiani, socialisti, socialdemocratici e repubblicani decisero di astenersi.<ref>Era comunque già presente un ridotto pacchetto di mischia sempre manifestatosi per Pertini: v. Giampiero Buonomo, [https://www.academia.edu/19059487/Il_pacchetto_di_mischia_nelle_nomine_a_scrutinio_segreto Il rugby e l'immortalità del nome, in ''L'Ago e il filo online'', 30 gennaio 2015] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20211124031655/https://www.academia.edu/19059487/Il_pacchetto_di_mischia_nelle_nomine_a_scrutinio_segreto |date=24 novembre 2021 }}.</ref>
 
Il 2 luglio il segretario del [[Partito Socialista Italiano|PSI]] [[Bettino Craxi]] propose la candidatura ufficiale di Sandro Pertini per la più alta carica dello Stato<ref name=panorama>[{{Cita web |url=http://www.panorama.it/news/politica/sandro-pertini-socialista-quirinale/ |titolo=''Panorama'', 15 aprile 2013] |accesso=20 marzo 2016 |dataarchivio=31 marzo 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160331180457/http://www.panorama.it/news/politica/sandro-pertini-socialista-quirinale/ |urlmorto=no }}</ref>, in quanto:
{{Citazione|[...] figura eminente della democrazia repubblicana, la cui vita politica si è sempre identificata con lotte per la libertà e per la emancipazione sociale delle classi lavoratrici del Paese.}}
Pertini, dal canto suo, non intendendo essere il candidato delle sole forze di sinistra, inviò una lettera a Craxi<ref name=panorama/> con la quale sottolineava che la sua candidatura doveva essere intesa come {{Citazione|[...] espressione di tutto l’arco costituzionale che rappresenta il Paese.}}
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Nel 1983 diede nuovamente l'incarico di formare il [[governo]] a Craxi, che stavolta riuscì a realizzare l'intento di Pertini. Il 4 agosto 1983 il primo governo a guida socialista si presentava al Quirinale per il giuramento. Per due anni, e per la prima volta nella storia d'Italia, furono [[Partito Socialista Italiano|socialisti]] sia il [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] sia il [[Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana|presidente del Consiglio dei ministri]].
 
Ciò nonostante, Pertini ebbe con [[Bettino Craxi|Craxi]] rapporti altalenanti, dovuti essenzialmente alla diversa formazione e temperamento. Ad esempio, [[Antonio Ghirelli]], allora portavoce del Quirinale, riportò che Pertini, il giorno in cui doveva conferire a Craxi l'incarico di presidente del Consiglio, notò che il segretario socialista si era presentato al Colle indossando dei [[jeans]] e gli intimò di ritornare con un abbigliamento più adeguato.<ref>{{cita news|autore=[[Antonio Ghirelli]]|url=http://static.repubblica.it/napoli/speciali/volti_archivio/precedenti/031206.html|titolo=Il mestiere di testimone, da Togliatti a Pertini e Craxi|pubblicazione=La Repubblica edizione di Napoli|giorno=3|mese=12|anno=2006|accesso=26 aprile 2009|dataarchivio=22 luglio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722051729/http://static.repubblica.it/napoli/speciali/volti_archivio/precedenti/031206.html|urlmorto=no}}</ref>
 
Pertini spesso non condivise gli atteggiamenti craxiani, come nel caso del XLIII Congresso del PSI a [[Verona]], il 15 maggio 1984, in cui Craxi venne rieletto segretario per acclamazione, anziché con la consueta votazione per alzata di delega. I rapporti tra i due politici comunque si mantennero sempre su un piano di cordialità e rispetto, nonostante le frequenti diversità di opinioni.
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Al termine del mandato presidenziale divenne, come previsto dalla Costituzione, [[Senatore a vita (ordinamento italiano)#Senatori di diritto e a vita .28Presidenti emeriti della Repubblica.29|senatore a vita di diritto]] e si iscrisse al Gruppo del PSI al [[Senato della Repubblica Italiana|Senato]].<ref>Riferisce [[Fabio Fabbri]], all'epoca Presidente del Gruppo dei senatori socialisti: «Dal mio studio al Senato, vedo in televisione il Presidente mentre lascia il Palazzo, curvo ma con passo fermo. È molto pallido. Così l’avevo visto quando, sette anni prima, usciva dall’aula di [[Camera dei deputati (Italia)|Montecitorio]] appena eletto, mentre passava in rassegna il picchetto militare che gli rendeva gli onori. Lo cerco con la voce tremante per telefono, per dirgli che lo aspetto al Senato per l’adesione al Gruppo dei senatori socialisti. Lui replica burbero: "Certo, certo, dove diamine pensavi che mi volessi iscrivere, se non al Gruppo del mio partito.". Sospiro di sollievo. Qualche malalingua aveva insinuato che potesse aderire al Gruppo degli [[Sinistra Indipendente|indipendenti di sinistra]]». Cfr. Fabio Fabbri, ''Quando rientrò dal Quirinale Pertini si iscrisse al Gruppo del Psi'' in [http://www.avantionline.it/2015/08/pertini-e-maccanico-sette-anni-insieme-al-quirinale/#.VeUL7EqUKrV ''Avanti! Online'' del 31-08-2015] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150903054353/http://www.avantionline.it/2015/08/pertini-e-maccanico-sette-anni-insieme-al-quirinale/#.VeUL7EqUKrV |data=3 settembre 2015 }}</ref>
 
Come senatore a vita Pertini non svolse attività politica, né votò la fiducia a un presidente del Consiglio da lui precedentemente incaricato. L'unico incarico ufficiale che intraprese dopo la presidenza della Repubblica fu la presidenza della Fondazione di Studi Storici "[[Filippo Turati]]", costituitasi a [[Firenze]] nel [[1985]] con l'obiettivo di conservare il patrimonio documentario del socialismo italiano. Conserverà questo incarico fino alla sua morte. Nel 1995 la Fondazione Turati ha dato vita all'Associazione Nazionale "Sandro Pertini" al fine di conservare e valorizzare l'archivio e la biblioteca personale del Presidente.<ref>Sito dell'[http://www.pertini.it Associazione Nazionale Sandro Pertini] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515215404/http://www.pertini.it/ |date=15 maggio 2011 }}</ref>
 
Durante e dopo il periodo presidenziale non rinnovò la tessera del [[Partito Socialista Italiano|Partito Socialista]], al fine di presentarsi al di sopra delle parti, pur senza rinnegare il suo essere socialista; del resto, anche durante il mandato aveva difeso la bandiera del socialismo italiano, intervenendo con un commento autorizzato nella cosiddetta "''[[lite delle comari]]''" del [[Governo Spadolini II|governo Spadolini]].
 
Indipendente dal ruolo istituzionale che aveva ricoperto e legato piuttosto a un senso di reciproca lealtà democratica appare invece l'episodio che lo vide, nel 1988, visitare la camera ardente di [[Giorgio Almirante]].<ref>{{cita web|url=https://www.youtube.com/watch?v=qBNCRFl1IyU|titolo=La storia siamo noi|accesso=4 maggio 2019|dataarchivio=13 aprile 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190413141655/https://www.youtube.com/watch?v=qBNCRFl1IyU|urlmorto=no}}</ref>
 
Il 23 marzo 1987 fu colto da un malore durante i funerali del generale [[Licio Giorgieri]], che era stato assassinato dalle [[Brigate Rosse]], e fu ricoverato al [[Policlinico Umberto I]]; in quella occasione ricevette anche la visita del [[papa Giovanni Paolo II]], al quale era legato da lunga amicizia<ref>[{{Cita web |url=http://archiviostorico.corriere.it/2004/gennaio/17/Papa_disse_vengo_sull_Adamello_co_5_040117032.shtml |titolo=Archivio storico del Corriere - E il Papa disse: vengo sull'Adamello per sciare con lei] |accesso=22 settembre 2010 |dataarchivio=20 maggio 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060053/http://archiviostorico.corriere.it/2004/gennaio/17/Papa_disse_vengo_sull_Adamello_co_5_040117032.shtml |urlmorto=no }}</ref>, ma questi poté solo vederlo di sfuggita, poiché gli fu impedito dai medici, in quanto Pertini risultava sedato e non ancora fuori pericolo<ref>[{{Cita web |url=http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/approfondimenti/visualizza_new.html_2111866939.html |titolo=Ansa - testimonianza del medico Ugolini] |accesso=22 settembre 2010 |dataarchivio=3 dicembre 2008 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081203031852/http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/approfondimenti/visualizza_new.html_2111866939.html |urlmorto=no }}</ref>.
 
Pertini si rimise completamente al punto che il 2 luglio dello stesso anno si trovò a presiedere l'Aula di Palazzo Madama in occasione dell'[[Elezione del Presidente del Senato del 1987 (seconda)|elezione del presidente del Senato a inizio della X legislatura]], incarico nel quale venne votato [[Giovanni Spadolini]].
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La sera del 24 febbraio 1990, all'età di 93 anni, Sandro Pertini si spense<ref>''Pertini: Voice of Italy''. J. W., The Financial Times (London, England), lunedì 26 febbraio 1990; pg. 4; Edition 31,084.</ref> per una complicazione in seguito a una caduta di pochi giorni prima, nel suo appartamento privato di Roma, una mansarda affacciata sulla [[Fontana di Trevi]]<ref>{{cita web | url = https://www.linkiesta.it/it/article/2017/03/29/roma-300-euro-al-mese-per-vivere-a-fontana-di-trevi-lo-scandalo-senza-/33673/ | titolo = Roma, 300 euro al mese per vivere a Fontana di Trevi: lo scandalo senza fine dell’affittopoli capitolina | data = 29 marzo 2017 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20171122153724/http://www.linkiesta.it/it/article/2017/03/29/roma-300-euro-al-mese-per-vivere-a-fontana-di-trevi-lo-scandalo-senza-/33673/ | dataarchivio = 22 novembre 2017 | urlmorto = sì | accesso = 14 marzo 2020 }}</ref><ref>{{cita web | autore = Antonella Ambrosioni | url = https://www.secoloditalia.it/2015/05/questa-sinistra-italiana-storia-non-vi-mai-raccontato/ | titolo = “Questa è la sinistra italiana”: la storia che non vi hanno mai raccontato | data = | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20200928060539/https://www.secoloditalia.it/2015/05/questa-sinistra-italiana-storia-non-vi-mai-raccontato/ | dataarchivio = 28 settembre 2020 | urlmorto = sì | accesso = 14 marzo 2020 }}</ref>. Per suo espresso desiderio, non vi furono esequie pubbliche e l'unico esponente delle istituzioni ammesso al suo capezzale fu il presidente della Repubblica in carica, [[Francesco Cossiga]]. La salma fu cremata al [[cimitero di Prima Porta]] e le ceneri tumulate nella tomba di famiglia, presso il camposanto del suo paese natale, [[Stella San Giovanni]].
 
Pertini si era sempre dichiarato [[ateo]]; nonostante ciò, nel suo studio al Quirinale aveva sempre tenuto un crocifisso: sosteneva infatti di ammirare la figura di [[Gesù]] come uomo che sostenne le sue idee a costo della morte.<ref>{{cita web|url=https://associazioni.comune.fe.it/36/associazione-sandro-pertini|titolo=Associazione Sandro Pertini|accesso=6 marzo 2023|dataarchivio=6 marzo 2023|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230306133845/https://associazioni.comune.fe.it/36/associazione-sandro-pertini|urlmorto=no}}</ref> Nel 2007 il fotografo della Santa Sede [[Arturo Mari]] avvalorò in un proprio libro la tesi secondo la quale Pertini volesse convertirsi in punto di morte e che avrebbe chiamato a sé il papa, al quale sarebbe stato però impedito di incontrarlo per il rifiuto opposto dalla moglie [[Carla Voltolina]]<ref>{{cita web|url=http://digilander.libero.it/clubconcerto/Libri-unlibrosullaconversionedelPapa.htm|titolo=Una recensione sul libro di Mari|accesso=25 aprile 2023|dataarchivio=4 agosto 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090804124617/http://digilander.libero.it/clubconcerto/Libri-unlibrosullaconversionedelPapa.htm|urlmorto=sì}}</ref>. L'ipotesi di una conversione di Pertini, come quella di un mancato incontro in punto di morte con Giovanni Paolo II, era già stata riferita nel 1990 dal quotidiano "[[Il Secolo XIX]]", andando subito incontro alla pronta smentita dalla vedova;<ref>{{Cita news|autore=Guglielmo Pepe|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/07/20/pertini-prima-di-morire-non-chiese-di.html|titolo=Pertini prima di morire non chiese di vedere il papa|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]|data=20 luglio 1990|accesso=6 marzo 2023|dataarchivio=6 marzo 2023|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230306133838/https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/07/20/pertini-prima-di-morire-non-chiese-di.html|urlmorto=no}}</ref> dinnanzi all'ulteriore divulgazione di tale teoria, la Fondazione Sandro Pertini ne ribadì l'infondatezza, smentendo sia il fatto che papa Wojtyla si fosse mai recato al capezzale dell'ex presidente (peraltro mai ricoverato al policlinico Umberto I nel febbraio 1990) negli ultimi momenti della sua vita, sia che Carla Voltolina si fosse mai opposta ai contatti tra di loro. Fu anche precisato come la circostanza della mancata visita del pontefice a Pertini degente in ospedale risalisse in realtà al già citato caso del 1987, dovuto unicamente a ragioni cliniche.<ref>{{cita web|url=http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=511&IdSottoSez=48|titolo=Il testo della smentita della Fondazione Pertini|accesso=25 aprile 2023|dataarchivio=22 luglio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722033449/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=511&IdSottoSez=48|urlmorto=sì}}</ref>
 
Il suo appartamento in Piazza Fontana di Trevi, dopo la morte della moglie Carla nel 2005, non è più stato riaffittato sino al il 18 aprile 2011, quando [[Umberto Voltolina]], il cognato di Pertini, in accordo con la [[#La_Fondazione_Sandro_Pertini|Fondazione Pertini]], restituì la casa a [[Roma Capitale]].<ref>{{cita news|url=http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/11_aprile_18/casa-pertini-comune-190459303120.shtml|titolo=La casa di Pertini di Fontana di Trevi torna al Comune: «Non sarà museo»|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=18|mese=4|anno=2011|accesso=22 febbraio 2014|dataarchivio=27 febbraio 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140227130957/http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/11_aprile_18/casa-pertini-comune-190459303120.shtml|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web | autore = Monica Rubino | url = https://www.repubblica.it/politica/2016/04/26/news/sandro_pertini_casa_romana_petizione_museo-138482415/ | titolo = La casa romana di Pertini, una petizione per trasformarla in museo | via = [https://archive.today/20200314210247/https://www.repubblica.it/politica/2016/04/26/news/sandro_pertini_casa_romana_petizione_museo-138482415/?refresh_ce archive.is] | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20191227140544/https://www.repubblica.it/politica/2016/04/26/news/sandro_pertini_casa_romana_petizione_museo-138482415/ | dataarchivio = 27 dicembre 2019 | urlmorto = sì | accesso = 14 marzo 2020 }}</ref>
 
== Lo "stile Pertini" ==
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{{Citazione|[...] Non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà [...]<br />
L'Italia, a mio avviso, deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame. Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello a tutti i popoli della Terra [...]|dal discorso di insediamento di Sandro Pertini a presidente della Repubblica del 9 luglio 1978<ref name= wikisource>cfr. ''9 luglio 1978 - Giuramento e messaggio del Presidente della Repubblica Sandro Pertini'' [https://it.wikisource.org/wiki/Italia_-_9_luglio_1978,_Giuramento_e_messaggio_del_Presidente_della_Repubblica_Sandro_Pertini per esteso] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20161020173323/https://it.wikisource.org/wiki/Italia_-_9_luglio_1978,_Giuramento_e_messaggio_del_Presidente_della_Repubblica_Sandro_Pertini |date=20 ottobre 2016 }}</ref>}}
 
Il pensiero politico di Pertini può essere efficacemente espresso da alcune frasi tratte da una sua intervista:
 
{{Citazione|''Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. [...] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero. [...]''|{{cita web|autore=Sandro Pertini|url=http://www.pertini.it/cesp/video/socialismo2.wmv|titolo=Intervista|editore=CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini|accesso=2 agosto 2008}}<ref>Vedi anche {{cita web|url=http://www.pertini.it/cesp/p_video.htm|titolo=Video|editore=CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini|accesso=2 agosto 2008|dataarchivio=24 gennaio 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090124213333/http://pertini.it/cesp/p_video.htm|urlmorto=no}}</ref>}}
 
La sua personalità era intrisa dei princìpi che avevano ispirato la democrazia parlamentare e repubblicana, nata dall'esperienza della [[Resistenza Italiana|Resistenza partigiana]]; era solito sostenere il suo rispetto della fede politica altrui tanto quanto il suo fermo rifiuto del pensiero fascista e di tutte le ideologie che rinneghino la libertà di espressione:
{{Citazione|''Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica [...] il fascismo è l'antitesi di tutte le fedi politiche [...], perché opprime le fedi altrui''.<ref>[http://www.pertini.it/cesp/video/tolleranza.wmv CESP - Video] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20070928055652/http://www.pertini.it/cesp/video/tolleranza.wmv |date=28 settembre 2007 }} Intervista</ref>}}
{{citazione|''Con i fascisti non si discute. Con ogni mezzo li si combatte. Il fascismo non è fede politica, come per la resistenza li ho combattuti e li combatterò sempre''.<ref>[{{Cita web |url=http://www.direttanews.it/2015/01/26/cremona-veleni-dopo-il-corteo-non-e-antifascismo/ |titolo=Citato in ''Cremona, veleni dopo il corteo: "Non è antifascismo"''] |accesso=6 giugno 2016 |dataarchivio=28 agosto 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160828224953/http://www.direttanews.it/2015/01/26/cremona-veleni-dopo-il-corteo-non-e-antifascismo/ |urlmorto=no }}</ref>}}
 
Durante la sua presidenza della Repubblica, caratterizzata da importanti viaggi nei Paesi alleati,<ref>Rupert Cornwell. ''Pertini Visit Will Boost Italian-U. S. Relations''. The Financial Times (London, England), mercoledì 24 marzo 1982; pg. 2; Edition 28,732; Peter Nichols. ''The man who kissed Mrs Thatcher''. The Times (London, England), Wednesday, Feb 22, 1984; pg. 7; Issue 61764.</ref> egli avversò le dittature, dando luogo, tra l'altro, ad una furibonda polemica coll'ultimo generale golpista [[Argentina|argentino]], [[Reynaldo Bignone]]. Questi - per tacitare le critiche internazionali contro le giunte militari responsabili della ''guerra sucia'' - nel maggio 1983 affermò sbrigativamente che i ''[[desaparecidos]]'' andavano considerati tutti morti. Pertini deplorò con veementi parole l'agghiacciante cinismo del presidente argentino e quando il generale Bignone inviò una nota di protesta alla [[Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale|Farnesina]], replicò: «Non mi interessa che altri capi di Stato non abbiano sentito il dovere di protestare come ho protestato io. Peggio per loro. Ciascuno agisce secondo il suo intimo modo di sentire. Io ho protestato e protesto in nome dei diritti civili e umani e in difesa della memoria di inermi creature vittime di morte orrenda».<ref name=bobbio>Cfr. l'orazione di [[Norberto Bobbio]] pronunciata durante i festeggiamenti a Sandro Pertini organizzati alla Camera (in occasione del quarantesimo anniversario dell’avvento della Repubblica) dai parlamentari socialisti, con la partecipazione di [[Bettino Craxi]], allora Presidente del Consiglio, e di [[Amintore Fanfani]], allora nuovamente Presidente del Senato. Le parole di Bobbio sono riportate in [[Fabio Fabbri]], ''Quando rientrò dal Quirinale Pertini si iscrisse al Gruppo del Psi'' in [http://www.avantionline.it/2015/08/pertini-e-maccanico-sette-anni-insieme-al-quirinale/#.VeUL7EqUKrV ''Avanti! online'' del 31-08-2015] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150903054353/http://www.avantionline.it/2015/08/pertini-e-maccanico-sette-anni-insieme-al-quirinale/#.VeUL7EqUKrV |data=3 settembre 2015 }}</ref> La circostanza fu ricordata da [[Norberto Bobbio]] come esempio della prevalenza in Pertini di una concezione etica in politica, testimoniata anche dalle seguenti parole: «La moralità dell'uomo politico consiste nell'esercitare il potere che gli è stato affidato al fine di perseguire il bene comune»<ref name=bobbio/>.
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* Assunse sempre un atteggiamento di intransigente denuncia nei confronti della criminalità organizzata denunciando «la nefasta attività contro l'umanità» della [[mafia]] e ammonendo sempre a non confondere i fenomeni criminosi della mafia, della [[camorra]] e della [['ndrangheta]] con i luoghi e le popolazioni in cui sono presenti. Nel discorso di fine anno del 1982 parlò espressamente del problema mafioso, ricordando le figure di [[Pio La Torre]] e del generale [[Carlo Alberto dalla Chiesa]]:
{{Citazione|Vi sono altri mali che tormentano il popolo italiano: la camorra e la mafia. Quello che sta succedendo in Sicilia veramente ci fa inorridire. Vi sono morti quasi ogni giorno. Bisogna stare attenti a quello che avviene in Sicilia e in Calabria e che avviene anche con la camorra a Napoli. Bisogna fare attenzione a non confondere il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano con la camorra o con la mafia. Sono una minoranza i mafiosi. E sono una minoranza anche i camorristi a Napoli.<br />
Prova ne sia questo: quando è stato assassinato Pio La Torre, vi era tutta Palermo intorno al suo feretro. Quando è stato assassinato il generale Dalla Chiesa, con la sua dolce, soave compagna, che è stata più volte qui a trovarmi, proprio in questo studio, tutta Palermo si è stretta intorno ai due feretri per protestare.<br />Quindi il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano sono contro la camorra e contro la mafia.<ref>[http://www.quirinale.it/ex_presidenti/Pertini/mess_fineanno/pertini_m1982.htm www.quirinale.it] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080108102707/http://www.quirinale.it/ex_presidenti/Pertini/mess_fineanno/pertini_m1982.htm |date=8 gennaio 2008 }} Sandro Pertini, Messaggio di fine anno agli italiani, Palazzo del Quirinale 31 dicembre [[1982]]</ref>}}
 
* Nel 1983, su proposta del Governo, sciolse il consiglio comunale di [[Limbadi]] in [[provincia di Vibo Valentia]], in quanto era risultato primo degli eletti il latitante [[Francesco Mancuso]], capo dell'[[Mancuso ('ndrina)|omonima famiglia mafiosa]]. Tornò poi sulle tematiche legate alla criminalità organizzata nel suo discorso di fine anno:
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Ebbene, con il bisturi, polizia, forze dell'ordine, governo debbono sradicare questo bubbone e gettarlo via, perché il popolo siciliano possa vivere in pace. Così si dica della 'ndrangheta in Calabria.<br />
Io ho girato in lungo e largo la Calabria. Se vi è un popolo generoso, buono, pronto, desideroso di lavorare e di trarre dal suo lavoro il necessario per poter vivere dignitosamente, è il popolo calabrese.<br />
Così il popolo napoletano con la camorra. Anche qui sono una minoranza i camorristi. Parlano troppo di quello che è in carcere, capo-mafia. Quello si sente un eroe. I giornali ne parlano tutti i giorni ed è chiaro che entra il giornale in carcere e lui si sente un eroe, questo sciagurato. Ma il popolo napoletano non può essere confuso con la camorra.<ref>[http://www.quirinale.it/ex_presidenti/Pertini/mess_fineanno/pertini_m1982.htm www.quirinale.it] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080108102707/http://www.quirinale.it/ex_presidenti/Pertini/mess_fineanno/pertini_m1982.htm |date=8 gennaio 2008 }} Sandro Pertini, Messaggio di fine anno agli italiani, Palazzo del Quirinale 31 dicembre [[1983]]</ref>}}
 
=== Il bacio alla bandiera ===
* Pertini introdusse il rito del "bacio alla bandiera" tricolore, che sarebbe divenuto usuale anche per i suoi successori. Non solo, ma in occasione delle sue visite ufficiali all'estero estese il rito del bacio anche alle bandiere dei Paesi ospiti.
* Nel 1982 [[Ronald Reagan]], all'epoca presidente degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], ricevette il 25 marzo a [[Washington]] il presidente italiano e scrisse in uno dei suoi diari personali: «Oggi è arrivato Sandro Pertini. Ha 84 anni ed è un fantastico gentiluomo. Abbiamo avuto un ottimo colloquio. Ama molto gli Stati Uniti. C'è stato un momento commovente quando è passato davanti al marine che teneva la nostra bandiera. Si è fermato e l'ha baciata».<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2007/maggio/03/paure_Reagan_otto_anni_diari_co_9_070503105.shtml articolo su "Corriere della Sera"] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110520060522/http://archiviostorico.corriere.it/2007/maggio/03/paure_Reagan_otto_anni_diari_co_9_070503105.shtml |date=20 maggio 2011 }} di Ennio Caretto</ref>
 
=== La partecipazione ai funerali di Stato ===
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* il momento forse più cupo fu il funerale dopo la [[strage di Bologna]] del 2 agosto 1980.<ref>Cfr. ''Il partigiano Pert - Il Presidente più amato dagli italiani'' in [http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/il-partigiano-pert/641/default.aspx ''La storia siamo noi'' - RAI] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20121229080533/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/il-partigiano-pert/641/default.aspx |data=29 dicembre 2012 }}</ref>
* Pertini partecipò commosso anche ai funerali del [[Egitto|presidente egiziano]] [[Anwar al-Sadat]], camminando in mezzo alla folla al seguito del feretro lungo tutto il percorso del corteo funebre e ricordandolo durante il discorso di fine anno nel 1981:
{{Citazione|Siamo preoccupati, noi abbiamo assistito ai funerali del Presidente Sadat assassinato dai fanatici. Stava operando per la pace nel suo Paese e fra [[Israele]] e il Mondo Arabo. Ebbene noi abbiamo assistito a quei funerali; vi abbiamo assistito con un animo colmo di angoscia. Sono situazioni che riguardano tutti noi, non possono essere circoscritte al popolo e alle Nazioni in cui si svolgono, riguardano ognuno di noi, ogni uomo che ama la libertà e ogni uomo che ha a cuore la pace.<ref>[http://www.quirinale.it/ex_presidenti/Pertini/mess_fineanno/pertini_m1981.htm www.quirinale.it] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090403041018/http://www.quirinale.it/ex_presidenti/Pertini/mess_fineanno/pertini_m1981.htm |date=3 aprile 2009 }} Sandro Pertini, Messaggio di fine anno agli italiani, Palazzo del Quirinale 31 dicembre [[1981]]</ref>}}
* Nel maggio del 1980 partecipò in veste ufficiale ai funerali di [[Josip Broz Tito]] presidente della [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia]] assieme ad altre decine di capi di Stato, e poco tempo dopo alcuni esponenti politici di destra hanno insinuato che baciò la [[bandiera della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|bandiera]] che ne avvolgeva la bara. Alcuni ambienti ritennero in seguito tale presunto gesto offensivo nei confronti della comunità giuliano-dalmata vittima dei [[massacri delle foibe]] e dell'[[esodo istriano]]<ref>{{cita libro|nome=Giuseppe|cognome=Dicuonzo|titolo=Nato in rifugio. Il polesano di Barletta|url=http://books.google.it/books?id=1v0kBu498AQC&printsec=frontcover&source=gbs_summary_r&cad=0#PPA54,M1|accesso=20 marzo 2009|data=2008|editore=Editrice UNI Service|isbn=88-6178-239-6|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520143354/http://books.google.it/books?id=1v0kBu498AQC&printsec=frontcover&source=gbs_summary_r&cad=0#PPA54,M1}} p. 54.</ref><ref>{{cita news|autore=Paolo Granzotto|url=http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2082&Itemid=144|titolo=La mattanza delle foibe e le amnesie di Pertini|pubblicazione=Il Giornale|giorno=15|mese=2|anno=2008|accesso=23 maggio 2008|dataarchivio=22 luglio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722023648/http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2082&Itemid=144|urlmorto=no}} Articolo riportato sul sito dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.</ref>. In realtà si tratta di una 'bufala' politica, in quanto Pertini si limitò ad appoggiare solo un braccio sulla bara<ref>https://www.youtube.com/watch?v=uZD5UHxx_84 {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20201024101019/https://www.youtube.com/watch?v=uZD5UHxx_84&gl=US&hl=en |date=24 ottobre 2020 }} , minuto 7.04</ref>, come fecero anche molti altri capi di Stato o rappresentanti della politica internazionale<ref>{{cita web|url=https://books.google.it/books?id=oN6GDwAAQBAJ&pg=PA34&lpg=PA34&dq=pertini+bara+tito&source=bl&ots=ykIoslvK8Z&sig=ACfU3U2lx_y8P7k4Rre3PZX_ZEax1ZC58Q&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiGyu-bm-vnAhUMCuwKHY90Ctg4ChDoATAEegQIChAB#v=onepage&q=pertini%20bara%20tito&f=false|autore=Antonio Giangrande|titolo=Profughi, foibe, comunismo e omertà|accesso = 24 febbraio 2020}}</ref>.
* Nella vicenda della scomparsa di [[Enrico Berlinguer]], Pertini fu particolarmente partecipe. Trovandosi a [[Padova]] per ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni del leader comunista. Poche ore dopo il decesso impose di trasportarne la salma sull'aereo presidenziale, dicendo: «Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta». Durante le esequie in [[Basilica di San Giovanni in Laterano#Piazza di San Giovanni in Laterano|piazza S. Giovanni]] il 13 giugno 1984, [[Nilde Iotti]], dal palco delle autorità, ringraziò pubblicamente Pertini, scatenando un commovente applauso della folla partecipante (che, subito dopo, tributò fischi e contestazioni al presidente del Consiglio [[Bettino Craxi]] e agli esponenti di governo presenti<ref>[[Gennaro Acquaviva]], che era presente, ha ricordato che Craxi: «La prese male. "Non lo accetto", sbottò. "In mezzo a loro ci sono tanti nostri compagni e io considero questa gente la mia gente!". Cfr. [[Marcello Sorgi]], ''PCI-PSI, c'eravamo tanto odiati'', [http://www.lastampa.it/2010/11/17/cultura/pci-psi-c-eravamo-tanto-odiati-ps275rW0Bic2gP8IZLodaN/pagina.html ''La Stampa'' del 17 novembre 2010] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20171107010047/http://www.lastampa.it/2010/11/17/cultura/pci-psi-c-eravamo-tanto-odiati-ps275rW0Bic2gP8IZLodaN/pagina.html |date=7 novembre 2017 }}</ref>).
 
=== Altre peculiari posizioni ===
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=== Comportamenti che suscitarono polemiche ===
 
* Tra i primi provvedimenti da capo dello Stato ci fu quello di concedere la [[Grazia (diritto)|grazia]], nonostante l'assenza di pentimento da parte dell'interessato e il parere contrario della Procura di [[Trieste]],<ref>{{cita news|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/settembre/20/Toffanin_Pertini_grazio_procura_non_co_0_97092014627.shtml|titolo=Toffanin, Pertini lo graziò ma la procura non voleva|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=20|mese=7|anno=1997|accesso=18 maggio 2009|dataarchivio=22 gennaio 2010|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100122154033/http://archiviostorico.corriere.it/1997/settembre/20/Toffanin_Pertini_grazio_procura_non_co_0_97092014627.shtml|urlmorto=no}}</ref> all'ex-partigiano [[Mario Toffanin]] detto "Giacca", condannato all'ergastolo nel 1954 come principale responsabile dell'[[eccidio di Porzûs]], massacro in cui avevano perso la vita diciassette partigiani cattolici della [[Brigata Osoppo]].<ref>{{cita news|autore=Roberto. Morelli|url=http://archiviostorico.corriere.it/1996/febbraio/28/comandante_Giacca_graziato_Pertini_co_0_96022810765.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060338/http://archiviostorico.corriere.it/1996/febbraio/28/comandante_Giacca_graziato_Pertini_co_0_96022810765.shtml|titolo=Toffanin, Pertini lo graziò ma la procura non voleva|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=20|mese=7|anno=1997|accesso=18 maggio 2009|urlmorto=sì}}</ref>
* Nel febbraio 1983, tra lo stupore generale visitò in ospedale a Roma il giovane [[Paolo Di Nella]], militante neofascista del [[Fronte della Gioventù]], in coma per essere stato colpito alla testa con una spranga da due giovani mentre affiggeva dei manifesti,<ref>[{{Cita web |url=http://www.camera.it/_dati/leg08/lavori/stenografici/sed0628/sed0628.pdf |titolo=Interrogazione parlamentare dell'11 febbraio 1983] |accesso=27 gennaio 2012 |dataarchivio=1 novembre 2012 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121101155504/http://www.camera.it/_dati/leg08/lavori/stenografici/sed0628/sed0628.pdf |urlmorto=no }}</ref> e che nei giorni successivi morì.<ref>{{cita libro|Luca|Telese|wkautore=Luca Telese|Cuori neri|2006|Sperling & Kupfer|Milano|isbn=88-200-3615-0}} p. 715.</ref>
* Il giornalista [[Indro Montanelli]], in un articolo pubblicato sul ''[[Corriere della Sera]]'' del 27 ottobre 1963, scrisse: «Non è necessario essere socialisti per amare e stimare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà e di sincerità.»<ref>{{cita|Montanelli 1994}}.</ref> Tuttavia lo stesso Montanelli, rispondendo alla lettera di un lettore sul Corriere del 16 giugno 1997, scrisse un articolo critico sulla figura del defunto presidente dal titolo "''Pertini? Sono altri i grandi d'Italia''".<ref>{{cita news|autore=Indro Montanelli|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/giugno/16/Pertini_Sono_altri_grandi_Italia_co_0_97061617382.shtml|titolo=Pertini? Sono altri i grandi d'Italia|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=16|mese=6|anno=1997|accesso=14 aprile 2009|dataarchivio=20 maggio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060257/http://archiviostorico.corriere.it/1997/giugno/16/Pertini_Sono_altri_grandi_Italia_co_0_97061617382.shtml|urlmorto=no}}</ref> Il giudizio espresso dal giornalista fu definito «molto riduttivo e quasi sprezzante» dall'allora ministro [[Antonio Maccanico]], ex collaboratore di Pertini, in una lettera inviata al quotidiano e pubblicata tre giorni dopo.<ref>{{cita news|autore=Antonio Maccanico, Indro Montanelli|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/giugno/19/Montanelli_Maccanico_botta_risposta_sulla_co_0_97061916647.shtml|titolo=Montanelli Maccanico, botta e risposta sulla figura di Pertini|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=19|mese=6|anno=1997|accesso=14 aprile 2009|dataarchivio=20 maggio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060459/http://archiviostorico.corriere.it/1997/giugno/19/Montanelli_Maccanico_botta_risposta_sulla_co_0_97061916647.shtml|urlmorto=no}}</ref>
* Altri giudizi molto critici su Pertini furono espressi dallo scrittore e giornalista di destra [[Marcello Veneziani]]<ref name= Veneziani />.
 
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[[File:Sandro Pertini e Eduardo De Filippo.jpg|miniatura|Sandro Pertini con il commediografo e attore [[Eduardo De Filippo]], da lui nominato senatore a vita]]
 
* Nel film del 1974 ''[[Mussolini ultimo atto]]'', di [[Carlo Lizzani]], c'è un personaggio, doppiato da [[Sergio Graziani]], ispirato a Pertini. Lizzani in un suo libro ha scritto che l'allora presidente della Camera dei deputati, dopo aver visto il film in proiezione privata, in una lettera commentò bonariamente: «Durante quelle caldissime giornate mi fu rimproverata un'eccessiva intransigenza. Nel film, se c'è un personaggio "moscio" sono io!». Il film, che racconta gli ultimi giorni di Mussolini, si ispira alla ricostruzione che vuole [[Walter Audisio]], colonnello della 52ª [[Brigate Garibaldi|Brigata Garibaldi]], esecutore materiale dell'ordine del CLN di fucilare il duce. Lizzani nel suo libro riporta che Pertini nella lettera gli scrisse: «E poi non fu Audisio a eseguire la «sentenza»; ma questo non si deve dire oggi».<ref>{{cita libro|Carlo|Lizzani|wkautore=Carlo Lizzani|Il mio lungo viaggio nel secolo breve|2007|Einaudi|Torino|isbn=88-06-18802-X}} p. 236.</ref><ref>{{cita news|autore=Bernardino Marinoni|url=http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cultura%20e%20Spettacoli/85847/|titolo=Lizzani: "Pertini mi scrisse che al duce non sparò Audisio"|pubblicazione=La Provincia|giorno=20|mese=2|anno=2009|accesso=23 marzo 2009|dataarchivio=22 luglio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722040521/http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cultura%20e%20Spettacoli/85847/|urlmorto=no}}</ref>
* ''Ci sarà un giorno (Il giovane Pertini)'' di [[Franco Rossi (regista)|Franco Rossi]] è un film del 1993 che racconta la vita di Pertini (interpretato da [[Maurizio Crozza]]) nel quinquennio 1925-1930. Prodotto dalla [[RAI - Radiotelevisione Italiana|RAI]], è stato trasmesso solo nel 2010 a causa dell'opposizione della moglie.<ref>[http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/cultura/2010/01/05/AMsnYRGD-il_pertini_censurato.shtml], [http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/cultura/2010/01/06/AM1wvbGD-marano_trasmettera_pertini.shtml], [http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/cultura/2010/01/09/AMGZe8GD-pertini_anteprima_censurato.shtml], [https://archive.today/20131002233016/http://www.messinanews.com/pertini-non-e-papi/7304], [http://www.digital-sat.it/new.php?id=21323 Rai Storia apre il suo palinsesto ai film con il ricordo di Sandro Pertini]</ref>
* La sua popolarità fece sì che diventasse spesso anche oggetto di attenzione da parte del mondo dello spettacolo: nel cabaret televisivo degli [[anni 1980|anni ottanta]], vi sono stati almeno due noti imitatori di Sandro Pertini: [[Alfredo Papa]] e [[Massimo Lopez]]. Il primo doppiava il pupazzo ''Sandrino'' che interloquiva con [[Lino Toffolo]] nel varietà di [[Canale 5]] ''[[Risatissima]]''. Il secondo imitava Pertini in prima persona, particolarmente negli ''sketch'' del ''[[Il Trio|Trio]]'' (Lopez, [[Anna Marchesini|Marchesini]], [[Tullio Solenghi|Solenghi]]) per l'edizione 1985-1986 di ''[[Domenica In]]''.
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|collegamento_onorificenza=Valor militare
|motivazione=''Animatore instancabile della lotta per la libertà d'Italia, dopo 15 anni trascorsi tra carcere e confino, l'8 settembre 1943 si poneva alla testa degli ardimentosi civili che a fianco con i soldati dell'esercito regolare contrastarono tenacemente l'ingresso alle truppe tedesche nella Capitale. Membro della giunta militare del C.L.N. centrale, creava una delle maggiori formazioni partigiane operanti sui piano nazionale. Arrestato e individuato quale capo dell'organizzazione militare clandestina, sottoposto a duri ed estenuanti interrogatori e a violenze fisiche con il suo fiero ed ostinato silenzio, riusciva a mantenere il segreto. Il 25 gennaio 1944 riacquistava la libertà con una fuga leggendaria dal carcere, riassumeva il suo posto di comando spostandosi continuamente in missione di estremo pericolo nelle regioni dell'Italia centrale, dove più infieriva la lotta alla quale partecipava personalmente. Nel maggio 1944 si recava in Lombardia per portarvi il suo contributo prezioso ed insostituibile di animatore e combattente, potenziando le Brigate che in ogni regione dell'Italia occupata, sotto la sua guida, divennero un formidabile strumento di lotta contro l'invasore. Di là, a fine luglio 1944, si portava in [[Firenze]] dove, alla testa dei partigiani locali, partecipava all'insurrezione vittoriosa. Rientrato in Roma liberata, chiedeva di essere inviato nell'Italia occupata e dalla Francia effettuava il passaggio del Monte Bianco. Nella Valle d'Aosta (Cogne), soggetta ad un feroce rastrellamento, si univa alle formazioni partigiane distinguendosi in combattimento. Raggiunta Milano, riprendeva il suo posto nei maggiori organi direttivi della resistenza. L'insurrezione del Nord lo aveva, quale membro del Comitato insurrezionale, tra i maggiori protagonisti nelle premesse organizzative e nell'urto militare decisivo. Uomo di tempra eccezionale, sempre presente in ogni parte d'Italia ove si impugnassero le armi contro l'invasore. La sua opera di combattente audacissimo della resistenza gli assegnava uno dei posti più alti e lo rende meritevole della gratitudine nazionale nella schiera dei protagonisti del secondo Risorgimento d'Italia.''
|luogo=Roma, Firenze, Milano, 8 settembre 1943 - 25 aprile 1945.<ref>[http://www.quirinale.it/onorificenze/DettaglioDecorato.asp?idprogressivo=14653&iddecorato=14233 www.quirinale.it] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20070930192006/http://www.quirinale.it/onorificenze/DettaglioDecorato.asp?idprogressivo=14653&iddecorato=14233 |date=30 settembre 2007 }} Assegnazione onorificenze</ref>
}}
{{Onorificenze
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|collegamento_onorificenza=Valor militare
|motivazione=''Durante tre giorni di violentissime azioni offensive, senza concedersi sosta alcuna, animato da elevatissimo senso del dovere, con superlativa audacia e sprezzo del pericolo avanzava primo fra tutti verso le munite difese nemiche, vi trascinava i pochi suoi uomini e debellava una dietro l'altra le mitragliatrici avversarie numerosissime e protette in caverne. Contribuiva così efficacemente alla conquista di ben difesa posizione nemica catturando numerosi prigionieri e bottino importante. Bellissima figura di eroismo e di audacia.''
|luogo=Descia - M. Cavallo - Jelenick, 21-22-23 agosto 1917<ref>[http://www.pertini.it/cesp/doc_06.htm CESP - Documenti] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110515221158/http://www.pertini.it/cesp/doc_06.htm |date=15 maggio 2011 }} La medaglia al valore</ref>
}}
Ebbe tale decorazione per aver guidato, nell'agosto del 1917 un assalto al monte Jelenik, durante la [[Undicesima battaglia dell'Isonzo|battaglia della Bainsizza]]. Tuttavia, dopo la guerra, tale decorazione fu occultata dal regime fascista a causa della sua militanza socialista.
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|collegamento_onorificenza = Medaglia ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte
|motivazione =
|luogo = 10 luglio 1985<ref>[http://www.quirinale.it/onorificenze/DettaglioDecorato.asp?idprogressivo=6184&iddecorato=5763 www.quirinale.it] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20070930190420/http://www.quirinale.it/onorificenze/DettaglioDecorato.asp?idprogressivo=6184&iddecorato=5763 |date=30 settembre 2007 }} Assegnazione onorificenze</ref>
}}
{{Onorificenze
Line 1 068 ⟶ 1 067:
|immagine = Order_of_Charles_III_-_Sash_of_Collar.svg
|collegamento_onorificenza = Ordine di Carlo III
|data = 26 maggio 1980<ref>{{Cita web |url=https://boe.es/buscar/doc.php?id=BOE-A-1981-21170 |titolo=Copia archiviata |accesso=21 gennaio 2022 |dataarchivio=21 gennaio 2022 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220121152134/https://boe.es/buscar/doc.php?id=BOE-A-1981-21170 |urlmorto=no }}</ref>
}}{{Onorificenze
|immagine = PRT Order of Saint James of the Sword - Grand Collar BAR.png
Line 1 088 ⟶ 1 087:
|collegamento_onorificenza = Premio Quattro Libertà (Stati Uniti d'America)
|motivazione =
|data = 1986<ref>[{{Cita web |url=https://rooseveltinstitute.org/event/franklin-d-roosevelt-four-freedoms-awards/ |titolo=Four Freedoms Award] |accesso=6 giugno 2022 |dataarchivio=18 settembre 2020 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200918040053/https://rooseveltinstitute.org/event/franklin-d-roosevelt-four-freedoms-awards/ |urlmorto=no }}</ref><ref>{{Cita web |url=https://www.fourfreedoms.nl/en/awards/laureaten-1/year:1986/award:international-four-freedoms-award/laureates:alessandro-pertini.htm |titolo=Four Freedoms Award |accesso=6 giugno 2022 |dataarchivio=6 giugno 2022 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220606022435/https://www.fourfreedoms.nl/en/awards/laureaten-1/year:1986/award:international-four-freedoms-award/laureates:alessandro-pertini.htm |urlmorto=sì }}</ref>
}}
 
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Il primo monumento dedicato a Sandro Pertini fu inaugurato poco dopo la sua morte, nel 1990 a [[Milano]], in via Croce Rossa, opera dell'architetto [[Aldo Rossi]]. Altri monumenti a Pertini si ricordano nei comuni di [[Campo nell'Elba]], [[Foligno]], [[Nereto]] e [[Rimini]].
 
A Stella, dove nacque e dove è sepolto, è stato collocato un suo busto davanti alla sede comunale e una statua a grandezza naturale presso la casa natale. Un modellino della statua è stato donato all'[[Presidente della Commissione europea|Ufficio di Presidenza della Commissione Europea]] per mantenere alto il ricordo del presidente.<ref>{{Cita web|url=https://www.savonanews.it/2023/11/28/leggi-notizia/argomenti/attualit/articolo/bruxelles-la-statua-del-presidente-piu-amato-dagli-italiani-sandro-pertini-in-parlamento-europeo.html|titolo=Bruxelles, la statua del Presidente più amato dagli italiani Sandro Pertini in Parlamento Europeo|sito=Savonanews.it|data=2023-11-28|lingua=it-IT|accesso=2023-12-31|dataarchivio=31 dicembre 2023|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20231231092458/https://www.savonanews.it/2023/11/28/leggi-notizia/argomenti/attualit/articolo/bruxelles-la-statua-del-presidente-piu-amato-dagli-italiani-sandro-pertini-in-parlamento-europeo.html|urlmorto=no}}</ref>
 
A Savona, città in cui ha studiato e lavorato, è invece presente una stele d'acciaio opera dello scultore Gianni Lucchesi posizionata nella piazza a lui dedicata, su cui sono intagliate frasi e parole che hanno segnato il suo pensiero<ref>{{Cita web|url=https://www.ansa.it/liguria/notizie/2021/06/02/a-savona-monumento-a-pertini-con-parole-del-suo-pensiero_a7c55009-b176-47cd-93de-08df2682ec48.html|titolo=A Savona monumento a Pertini|accesso=3 giugno 2021|dataarchivio=3 giugno 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210603082116/https://www.ansa.it/liguria/notizie/2021/06/02/a-savona-monumento-a-pertini-con-parole-del-suo-pensiero_a7c55009-b176-47cd-93de-08df2682ec48.html|urlmorto=no}}</ref>. Sempre a Savona è presente un museo che raccoglie un'ampia collezione di opere raccolte dal Presidente nel corso degli anni e che ha voluto donare alla città<ref>{{Cita web|url=http://musa.savona.it/museo-sandro-pertini-e-renata-cuneo/|titolo=Museo d'Arte Sandro Pertini|accesso=21 novembre 2020|dataarchivio=2 dicembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201202001152/http://musa.savona.it/museo-sandro-pertini-e-renata-cuneo/|urlmorto=no}}</ref> e gli è dedicato il ponte che attraversa la darsena del porto cittadino<ref>[{{Cita web |url=http://www.savonanews.it/2015/09/24/leggi-notizia/argomenti/attualit/articolo/savona-a-sandro-pertini-il-ponte-a-raso-la-benedizione-del-vescovo.html |titolo=Savona, "Sandro Pertini ponte per i cittadini verso le istituzioni": a lui l'intitolazione] |accesso=1 ottobre 2016 |dataarchivio=2 ottobre 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20161002194506/http://www.savonanews.it/2015/09/24/leggi-notizia/argomenti/attualit/articolo/savona-a-sandro-pertini-il-ponte-a-raso-la-benedizione-del-vescovo.html |urlmorto=no }}</ref>.
 
A Sandro Pertini sono inoltre intitolati, tra gli altri, l'[[aeroporto di Torino-Caselle]], l'ospedale "Sandro Pertini" di Roma, inaugurato nel 1990 nel quartiere di [[Pietralata]] e il Centro Culturale [[Il Pertini]] del Comune di [[Cinisello Balsamo]].<ref name="Alberto Giolitti">{{Cita web|url= https://www.comune.cinisello-balsamo.mi.it/spip.php?rubrique107|titolo= Pagina dedicata al centro Il Pertini sul sito del comune di Cinesello Balsamo|accesso= 27 novembre 2020|dataarchivio= 5 dicembre 2020|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20201205021658/https://www.comune.cinisello-balsamo.mi.it/spip.php?rubrique107|urlmorto= no}}</ref>
 
L{{'}}''Associazione Nazionale Sandro Pertini'' tiene inoltre un dettagliato elenco, non esaustivo, delle numerose scuole, parchi, infrastrutture, centri culturali e politici, strade, piazze e manifestazioni varie, intitolate a Sandro Pertini in Italia<ref>[{{Cita web |url=http://www.pertini.it/atti.htm |titolo=Associazione Nazionale Sandro Pertini - Elenco delle intitolazioni a Sandro Pertini] |accesso=22 settembre 2010 |dataarchivio=15 maggio 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110515221540/http://www.pertini.it/atti.htm |urlmorto=no }}</ref>.
 
== La Fondazione Sandro Pertini ==
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La firma dell'atto pubblico di costituzione è avvenuta in occasione di una cerimonia svoltasi nell'aula magna della facoltà di [[Scienze Politiche]] "[[Cesare Alfieri di Sostegno|Cesare Alfieri]]" che aveva visto laurearsi, nel 1924, proprio Sandro Pertini.
 
La fondazione si pone come principale obiettivo quello di promuovere e divulgare studi sull'opera e il pensiero di Sandro Pertini; inoltre, si prefigge come scopo ulteriore, ma non secondario, quello di preservare il patrimonio dell'uomo politico costituito da cimeli, libri, archivio storico, fotografie, quadri e documenti vari da destinare alla pubblica fruizione, nonché quello di diffondere i valori per i quali Pertini si era battuto durante la sua esistenza<ref>[http://www.fondazionepertini.it/asp/fondazione.asp?IdSez=1&IdSottoSez=1 Fondazione Sandro Pertini] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110722034514/http://www.fondazionepertini.it/asp/fondazione.asp?IdSez=1&IdSottoSez=1 |date=22 luglio 2011 }} Storia della fondazione</ref>. Il Museo d'Arte "Sandro Pertini e Renata Cuneo" di Savona (con opere di artisti come [[Filiberto Sbardella]], suo compagno durante la Resistenza) ne è un valido esempio.
 
== Note ==