Discussione:Diritto degli Stati Uniti d'America: differenze tra le versioni

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== Materiale ad uso futuro ==
{{cassetto
|titolo = Un accenno agli Stati Uniti d'America
|testo =
[[File:Christoper Langdell.jpg|min|verticale|sinistra|[[Christopher Columbus Langdell]], ritratto di [[Frederick Porter Vinton]], 1892]]
 
Benché lo sviluppo del sistema giuridico degli [[Stati Uniti]] sia stato sostanzialmente indipendente da quello europeo, risulta comunque utile farne un accenno, essendone la matrice comune. In parte mutuato da quello giusnaturalistica inglese, nell'ordinamento giuridico statunitense vigeva una netta prevalenza delle decisioni giudiziarie delle corti, e in particolare quelle della [[Corte Suprema]], a discapito delle norme di diritto positivo prodotte dallo Stato, nonostante i continui tentativo da parte di quest'ultimo di guadagnare spazio.<ref>{{cita|Fassò, 2020|pp. 255-256}}.</ref> In tale contesto lo studio del diritto verteva prevalentemente sull'analisi del caso concreto, rispetto alle elaborazioni concettuali sistematiche come avveniva in Europa; un metodo didattico appropriato, ancora oggi usato e detto ''[[case method]]'', venne elaborato negli [[anni 1870]] da parte del giurista [[Christopher Columbus Langdell]].<ref>{{cita|Fassò, 2020|pp. 155-156}}.</ref> Di conseguenza lo scenario intellettuale, e non solo giuridico, statunitense fu imperniato su un convinto anti-formalismo legando le proprie riflessioni soprattutto alla «realtà concreta dell'uomo e alla sua effettiva esistenza».<ref>{{cita|Fassò, 2020|p. 257}}.</ref>
 
Tra i sostenitori del ''[[common law]]'' statunitense spicca [[Oliver Wendell Holmes (giurista)|Oliver Wendell Holmes]], giudice della Corte Suprema, secondo il quale il diritto non è banalmente un insieme di norme, ma un ''corpus'' che si forma nel tempo dalla giurisprudenza, cioè dalle sentenze e dalle decisioni adottate dai giudici nei tribunali ordinari. Dunque, un diritto preminentemente composto da decisioni giudiziarie che a suo modo finiva per diventare comunque di tipo positivo, sostituendo le corti allo Stato come produttori.<ref>{{cita|Fassò, 2020|pp. 258-260}}.</ref> Secondo [[Nathan Roscoe Pound]], uno dei più citati giuristi del [[ventesimo secolo]],<ref>{{en}} Shapiro, Fred R., ''[https://www.jstor.org/discover/10.1086/468080?uid=3739256&uid=2&uid=4&sid=21100978981393 The Most-Cited Legal Scholars]''. ''Journal of Legal Studies'', vol. 29, n. 1, gennaio 2000, pp. 409-426.</ref> il diritto «è un'opera di [[ingegneria sociale]] [...] un fare le cose, non un servire da strumenti passivi mediante i quali formule matematiche e leggi meccaniche si realizzano in un modo prestabilito».<ref>{{cita|Pound, 1946|p. 21}}.</ref> Quindi un diritto che non ricerca astrattamente un'ipotetica verità, ma che con metodi [[ingegneria|ingegneristici]] tenta di dare la migliore risposta possibile agli interessi concreti che vive la società.<ref>{{cita|Fassò, 2020|pp. 261-263}}.</ref> Si venne così a formare una "dottrina degli interessi sociali" in cui si tentava di determinare come il diritto potesse permettere di raggiungere «il maggior numero degli interessi sociali sacrificandone il minore» attraverso lo studio della [[sociologia del diritto|sociologia]].<ref>{{cita|Fassò, 2020|pp. 263-264}}.</ref>
 
[[File:Justice Benjamin N Cardozo.jpg|min|verticale|Il giudice [[Benjamin Nathan Cardozo]]]]
 
Grande sostenitore della giurisprudenza sociologica fu il giudice della Corte Suprema [[Benjamin Nathan Cardozo]], che elencò alcuni principi sulla base dei quali si doveva risolvere il caso concreto: logica, storicità, consuetudine e giustizia morale. L'interesse sociale sarebbe poi servito per attribuire il peso ad ognuno di tali principi talora concorrenti. Questa interpretazione del diritto da parte di Cardozo e di alcuni suoi colleghi (detti i "[[Tre Moschettieri (Corte suprema)|Tre Moschettieri]]") fu fondamentale per far accettare alla Corte Suprema le riforme volute dal [[presidente degli Stati Uniti|presidente]] [[Franklin Delano Roosevelt]] del cosiddetto "''[[New Deal]]''", inizialmente considerate anticostituzionali dalla maggioranza del collegio ancora ancorata ad una visione più reazionaria del ruolo del diritto.<ref>{{cita|Fassò, 2020|pp. 266-269}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 279-280}}.</ref>
 
Da un approccio radicale e fortemente pragmatico alla giurisprudenza sociologica, comparve intorno agli [[anni 1930]] il [[realismo giuridico]] in cui si rifiutava ogni contaminazione metafisica e logico-formalistica al diritto riflettendo la visione della dinamicissima società statunitense.<ref>{{cita|Fassò, 2020|pp. 269-270}}.</ref> Estremizzandone i concetti [[Jerome Frank]], tra gli altri, arrivò a negare totalmente la [[certezza del diritto]], considerata solo come un'illusione degli uomini, in quanto la sentenza non è mai del tutto prevedibile ma «frutto di un ragionamento, anche intuitivo, di un giudice che prende una decisione prima ancora di spiegarla». [[Karl Llewellyn]] aggiunse una critica alle norme, considerate inidonea a guidare la vita dei cittadini, osservando come il diritto sia solo quello che i giudici decidono nelle cause. Le estremizzazioni portarono a diverse critiche, tra cui quelle di [[Ernst Kantorowicz]], critico verso i realisti i quali affermavano che «il diritto consiste soltanto di decisioni giudiziali, e perciò di fatti».<ref>{{cita pubblicazione|autore=[[Ernst Kantorowicz]]|lingua=en|titolo=Some rationalism about realism|rivista=Yale law journals|anno=1934|pagina=1241|url=https://www.jstor.org/stable/791529}}</ref><ref>{{cita|Fassò, 2020|pp. 271-272}}.</ref>
 
== Note ==
<references/>
}}
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