Religione dell'antica Grecia: differenze tra le versioni

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=== Gli Dei e gli [[Heros|Eroi]] della religione greca arcaica e classica ===
==== Gli Dei e la nozione greca della divinità ====
Come ha evidenziato [[Jean-Pierre Vernant]]<ref>Cit. in Gabriella Pironti ''Op. cit.'' p. 31</ref>, gli dèi greci non sono persone con una propria identità, quanto piuttosto risultano essere "potenze" che agiscono assumendo poliedriche forme e non identificandosi mai completamente con tali manifestazioni. [[GabriellaGli Pironti]]<ref>[[Gabrielladei Pironti]]. ''Op.cit.'' p. 31.</ref> ricorda a tal proposito l<nowiki>'</nowiki>''[[Anabasi (Senofonte)|Anabasi]]'' di [[Senofonte]],sono il quale si trova in condizionifondamento di difficoltàogni economichecosa perchéo pur avendo onorato Zeus ''Basileus'' si è dimenticato di onorare Zeus ''Meilichios'' collegato alle fortune familiari e quindi economichefatto<ref>Senofonte,{{cita|Otto ''[[Anabasi (Senofonte)2005a|Anabasi]]''p. (VII, 8, 6-1)25}}.</ref>. Questee potenzecome tali sono considerati dagli antichi greci come "il motore del mondo"<ref>{{Cita|Otto 2005a}}</ref>: condizionano l'esistenza umana, l'ambiente naturale e tutti gli aspetti della vita sociale e politica<ref>[[André Motte]]. ''Il mondo greco. Il sacro nella natura e nell'uomo: la percezione del divino nella Grecia antica'' in ''Le civiltà del Mediterraneo e il sacro'' (a cura di [[Julien Ries]]). ''Trattato di Antrolopologia del sacro'' vol. 3. Milano, Jaca Book, 1992, p. 250</ref>. Inoltre, questa influenza dell'esistenza umana è da considerarsi come una spinta interna, con la divinità che determina lo stato d'animo e le inclinazioni dell'uomo. Così Afrodite è la causa scatenatrice dell'incanto d'amore, il sentimento di pudore è determinato dall'influenza di [[Aidos]], eccetera…e [[Gabriella Pironti]]<ref>{{Cita|Otto[[Gabriella 1996|ppPironti]]. 62-3}}''Op.cit.'' p. 31.</ref> ricorda che [[OmeroSenofonte]] nonsi sostienetrova chene sil<nowiki>'</nowiki>''[[Anabasi "ha"(Senofonte)|Anabasi]]'' unin modo giustocondizioni di vedere,difficoltà ma si "comprende" tale modo, e lo si comprendeeconomiche perché essopur ciavendo appareonorato per mezzo delle divinità<ref name="Theophaniap63">{{Cita|Otto 1996| pp. 63-4.}}</ref> (nozione dellaZeus ''atēBasileus'' ἄτηsi espressaè anchedimenticato daldi verboonorare Zeus ''aasasthaiMeilichios'', incollegato quest'ultimoalle casofortune senzafamiliari l'interventoe divino<ref>{{cita|Dodds|quindi p. 47}}.economiche</ref>). Tale comprensione può essere da loro offuscataSenofonte, come''[[Anabasi denunciano(Senofonte)|Anabasi]]'' Omero e i tragici(VII, quindi chi sbaglia non lo fa per cattiva volontà8, ma perché gli dei decidono di offuscargli la mente6-1)</ref name="Theophaniap63" />. Allo stesso modo «in ogni azione importante dell'uomo agisce un Dio»<ref>{{Cita|Otto 1996| ppp. 6762-3}}.</ref>. Anche se, come evidenzia [[Max Pohlenz]], persino nei momenti in cui è condizionato da tali potenze, egli non si percepisce come privo di "libera scelta"<ref>{{Cita libro|autore=[[Max Pohlenz]]|titolo=L'uomo greco|anno=2006|editore=Bompiani|città=Milano|p=21}}</ref>.
Il termine con cui in lingua greca antica si indica genericamente un dio è ''Theós'' (Θεός; pl. ''Theoí'' Θεοί)<ref>L'origine è incerta, dopo una disamina sulle possibili connessioni, [[Pierre Chantraine]], nel suo ''Dictionnaire étymologique de la langue grecque'' Tomo II, Parigi, Klincksiec, 1968, p. 430, conclude: {{Citazione|Finalement l'ensemble reste incertain}} [[Émile Benveniste]], tuttavia, nel suo ''Le Vocabulaire des institutions indo-européennes'' (2 voll., [[1969]], Paris, Minuit. Ed. italiana, a cura di [[Mariantonia Liborio]], ''Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee'', Torino, Einaudi, 1981) collega ''theós'' a ''thes-'' (relazionato sempre al divino). Quindi ''thésphatos'' (θέσφατος stabilito da una decisione divina), ''thespésios'' (θεσπέσιος, 'meraviglioso' inerente al canto delle [[sirene (mitologia)|sirene]], "enunciato di origine divina"), ''théskelos'' (θέσκελος, più incerto, "prodigioso o divino"); e questo a ''*dhēs'' che si ritrova nel plurale armeno ''dik<sup>c</sup>'' (gli "dèi", ''-k<sup>c</sup>'' è il segno plurale). Quindi per [[Émile Benveniste]]: «è del tutto possibile -ipotesi già avanzata da tempo- che si debba mettere in questa serie ''Theós'' 'Dio' il cui prototipo più verosimile sarebbe proprio ''*thesos''. L'esistenza dell'armeno ''dik<sup>c</sup>'' 'dèi' permetterebbe allora di formare una coppia lessicale greco armena» (cfr. Volume II, pag. 385).</ref>. Se l'equivalenza tra l'italiano e il [[greco antico]] è questa, tali termini si differenziano però nei loro significati. Già [[Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff]] aveva evidenziato come il termine ''theós'' non dispone in greco antico del vocativo, osservazione dirimente se prendiamo in considerazione l'importanza del culto in questa religione. Infatti con il vocativo vengono indicati esclusivamente i nomi propri degli Dei. [[Károly Kerényi]]<ref>[[Károly Kerényi]]. ''Griechische Grundbegriffe''. Zurigo, Rhein-Verlag, 1964.</ref> osserva in aggiunta che ''theós'' possiede la funzione di predicato, chiarendo che «è specificatamente greco dire di un evento: "È ''theós''!». Kerényi cita ad esempio [[Euripide]] che in ''[[Elena (Euripide)|Elena]]'' fa sostenere che «O dèi! Perché è dio quando si riconoscono i propri cari.»<ref>[[Károly Kerényi]]. ''Religione antica'' (''Antike Religion''). Milano, Adelphi, 2001, p. 209.</ref>. ''Theós'' è quindi l'irrompere dell'"evento divino" (''theîon'' θεῖον). E tale "divino" è, per la concezione religiosa dei Greci, nota Walter F. Otto:
{{Citazione|il fondamento di ogni essere e di ogni accadere, e tale fondamento traspare così chiaramente attraverso ogni cosa e fatto, che essa è obbligata a parlarne anche in rapporto alle cose e ai fatti più naturali e comuni|{{cita|Otto 2005a|p. 25}}}}
 
Omero non sostiene che si "ha" un modo giusto di vedere, ma si "comprende" tale modo, e lo si comprende perché esso ci appare per mezzo delle divinità<ref name="Theophaniap63">{{Cita|Otto 1996| pp. 63-4.}}</ref> (nozione della ''atē'' ἄτη espressa anche dal verbo ''aasasthai'', in quest'ultimo caso senza l'intervento divino<ref>{{cita|Dodds| p. 47}}.</ref>). Tale comprensione può essere da loro offuscata, come denunciano Omero e i tragici, quindi chi sbaglia non lo fa per cattiva volontà, ma perché gli dei decidono di offuscargli la mente<ref name="Theophaniap63" />. Allo stesso modo «in ogni azione importante dell'uomo agisce un Dio»<ref>{{Cita|Otto 1996| p. 67}}.</ref>. Anche se, come evidenzia [[Max Pohlenz]], persino nei momenti in cui è condizionato da tali potenze, egli non si percepisce come privo di "libera scelta"<ref>{{Cita libro|autore=[[Max Pohlenz]]|titolo=L'uomo greco|anno=2006|editore=Bompiani|città=Milano|p=21}}</ref>.
=====La nozione greca della divinità=====
Come ha evidenziato [[Jean-Pierre Vernant]]<ref>Cit. in Gabriella Pironti ''Op. cit.'' p. 31</ref> gli dèi greci non sono persone con una propria identità, quanto piuttosto risultano essere "potenze" che agiscono assumendo poliedriche forme e non identificandosi mai completamente con tali manifestazioni. [[Gabriella Pironti]]<ref>[[Gabriella Pironti]]. ''Op.cit.'' p. 31.</ref> ricorda a tal proposito l<nowiki>'</nowiki>''[[Anabasi (Senofonte)|Anabasi]]'' di [[Senofonte]], il quale si trova in condizioni di difficoltà economiche perché pur avendo onorato Zeus ''Basileus'' si è dimenticato di onorare Zeus ''Meilichios'' collegato alle fortune familiari e quindi economiche<ref>Senofonte, ''[[Anabasi (Senofonte)|Anabasi]]'' (VII, 8, 6-1)</ref>. Queste potenze sono "il motore del mondo"<ref>{{Cita|Otto 2005a}}</ref>: condizionano l'esistenza umana, l'ambiente naturale e tutti gli aspetti della vita sociale e politica<ref>[[André Motte]]. ''Il mondo greco. Il sacro nella natura e nell'uomo: la percezione del divino nella Grecia antica'' in ''Le civiltà del Mediterraneo e il sacro'' (a cura di [[Julien Ries]]). ''Trattato di Antrolopologia del sacro'' vol. 3. Milano, Jaca Book, 1992, p. 250</ref>. Inoltre, questa influenza dell'esistenza umana è da considerarsi come una spinta interna, con la divinità che determina lo stato d'animo e le inclinazioni dell'uomo. Così Afrodite è la causa scatenatrice dell'incanto d'amore, il sentimento di pudore è determinato dall'influenza di [[Aidos]], eccetera…<ref>{{Cita|Otto 1996|pp. 62-3}}.</ref> [[Omero]] non sostiene che si "ha" un modo giusto di vedere, ma si "comprende" tale modo, e lo si comprende perché esso ci appare per mezzo delle divinità<ref name="Theophaniap63">{{Cita|Otto 1996| pp. 63-4.}}</ref> (nozione della ''atē'' ἄτη espressa anche dal verbo ''aasasthai'', in quest'ultimo caso senza l'intervento divino<ref>{{cita|Dodds| p. 47}}.</ref>). Tale comprensione può essere da loro offuscata, come denunciano Omero e i tragici, quindi chi sbaglia non lo fa per cattiva volontà, ma perché gli dei decidono di offuscargli la mente<ref name="Theophaniap63" />. Allo stesso modo «in ogni azione importante dell'uomo agisce un Dio»<ref>{{Cita|Otto 1996| p. 67}}.</ref>. Anche se, come evidenzia [[Max Pohlenz]], persino nei momenti in cui è condizionato da tali potenze, egli non si percepisce come privo di "libera scelta"<ref>{{Cita libro|autore=[[Max Pohlenz]]|titolo=L'uomo greco|anno=2006|editore=Bompiani|città=Milano|p=21}}</ref>.
 
Gli dèi greci sono "potenze" caratterizzate dall'essere estranee agli affanni (ἀκηδής ''akēdḗs'') e dalla sofferenza (ἀχεύω ''acheúō'') come ricorda l'[[Heros|eroe]] [[Achille]]:
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==== Il ''[[Demone|Daímōn]]'' ====
[[File:Eros bobbin Louvre CA1798.jpg|upright=0.7|thumb|[[Eros]] attico in una immagine del V secolo a.C. conservata nel ([[Museo del Louvre]]). Eros è, nel [[Simposio (dialogo)|Simposio di Platone]], un dèmone intermediario tra gli uomini e gli dei. Dio primordiale è raffigurato con le ali per la sua capacità di elevarsi dal mondo terreno alla sfera celeste.]]
Oltre agli "dèi" e agli "eroi", nella religione greca sono presenti delle figure riassumibili nella nozione di δαίμων (''Daímōn'', «essere divino»). Occorre subito precisare che la nozione comune di "demone" che lo iscrive come essere "inferiore" al dio, e soprattutto di natura malvagia, appartiene all'opera di Platone e [[Senocrate]]<ref>{{Cita|Burkert 2003|p. 348}}.</ref> e non quindi alle precedenti credenze della religione greca che invece non stabiliscono una relazione gerarchica tra "dio" e "demone" quanto piuttosto utilizzano il termine ''dáimōn'' anche per indicare delle divinità quali Afrodite o, più generalmente, come ''daimones'' gli stessi dèi riuniti sull'Olimpo<ref name="Burkert-349">{{Cita|Burkert 2003|p. 349}}.</ref>. Più precisamente se il ''dáimōn'' non indica una classe divina, esso indica certamente un modo di comportarsi che può essere anche "umano", ovvero è il comportamento proprio di chi è posseduto da una "forza" positiva con cui egli agisce in accordo (''sỳn daímoni'') e quindi l'esito del suo destino risulta "favorevole"; ovvero se il destino risulta avverso allora egli è collocato contro questo "demone" (''pròs daímoni'')<ref name="Burkert-349" />. Allo stesso modo quando ci si ammala è possibile che sia stato un "demone" a muoverci contro, allora i ''theoí'' (gli dèi) possono soccorrerci. D'altronde possedere il favore, ovvero lo sfavore, del ''daímon'' non dipende dall'uomo, e la sua presenza gli è garantita fin dalla nascita.
 
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Siccome il rapporto con la divinità viene vissuto nel mondo ellenistico-romano come un rapporto diretto, i culti misterici e iatrici si diffondono rapidamente, così come la pratica dell'astrologia e dei riti magici. I misteri non sono più appannaggio delle città, ma diventano un fenomeno mondano, dove l'iniziazione appare al credente uno strumento per raggiungere la divinità<ref>{{Cita libro |autore=G. Filoramo |titolo=Le religioni di salvezza nel mondo antico |anno=1979 |città=Torino |volume=II: L'ermetismo filosofico}}</ref>. Nascono nuovi culti anche grazie al fenomeno del [[sincretismo]]<ref>{{Cita|Manuale di storia delle religioni|p. 127}}.</ref>, accentuato con l'espansione ad oriente dell'[[Impero romano|Impero Romano]], quando la civiltà ellenistica viene assimilata da parte di [[Roma (città antica)|Roma]] e vengono introdotti sul territorio dell'Impero delle religioni di origine straniera<ref>{{Cita|Manuale di storia delle religioni|p. 128}}.</ref>.
 
Si affacciano così nel mondo greco i culti egizi e altri culti di origine orientale. I greci vedevano la religione egizia come esotica e a volte bizzarra, ma al tempo stesso piena di antica saggezza<ref>{{harvnb|Hornung|2001|pp=19–25}}</ref>. Questi culti sono interpretati in senso misterico e iniziatico e si diffondono fino a superare in popolarità i misteri greci<ref>{{Cita|Manuale di storia delle religioni|pp. 130-136}}.</ref>.
 
=== Culto di Osiride ===
{{Vedi anche|Osiride-Dioniso}}
 
=== Culto di Iside ===
{{Vedi anche|Iside}}
Diffusi da mercanti e altri viaggiatori del Mediterraneo, i culti egiziani di Iside e [[Serapide]] si stabilirono nelle città portuali greche verso la fine del [[IV secolo a.C.]] e si espansero attraverso la [[Grecia]] e l'[[Asia minore]] durante il III e II secolo. L'isola greca di [[Delo]], sacra ad Apollo, fu uno dei primi centri di culto in Grecia di entrambe le dee, anche grazie al suo stato di centro commerciale<ref>[[Martin Bommas|Bommas, Martin]], "Isis, Osiris, and Serapis", in {{harvnb|Riggs|2012|pp=428–429}}</ref>. Nel loro momento più importante, nel tardo II secolo e inizio del III secolo d.C., Iside e Serapide erano venerate nella maggior parte delle città dell'impero romano occidentale, anche se non erano molto presenti nelle campagne<ref>Bricault, Laurent, "Études isiaques: perspectives", in {{harvnb|Bricault|2000|p=206}}</ref>. Come altri culti delle regioni dell'est del Mediterraneo, il culto di Iside attrasse i greci e i romani per via delle sue origini esotiche<ref>{{harvnb|Bremmer|2014|pp=140–141}}</ref>, ma la forma che assunse dopo aver raggiunto la Grecia era estremamente ellenizzata<ref name="Bommas 431">Bommas, Martin, "Isis, Osiris, and Serapis", in {{harvnb|Riggs|2012|pp=431–432}}</ref>. Molta di questa ellenizzazione era influenzata dal culto di [[Demetra]], con cui Iside fu sempre più comparata.<ref>{{harvnb|Pakkanen|1996|pp=94–100}}</ref>
 
=== Culto di Cibele, la Grande Madre ===
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=== Mitra e il Mitraismo ===
{{Vedi anche|Mitra (divinità)|Mitraismo}}
 
 
== Note ==