Giovedì nero: differenze tra le versioni

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== Gli eventi ==
Il crollo del giovedì seguì ad una serie di giorni negativi per le persone che investivano sul mercato delle contrattazioni dei [[titolo (finanza)|titoli]]. Lunedì 21 ottobre (dopo una cattiva seduta già il sabato precedente) era stato un giorno molto negativo. Quel giorno le vendite ammontarono a 6.091.879 seminando preoccupazione tra gli [[azionista|azionisti]] e tra gli stessi [[Speculazione|speculatori]]. Quel giorno [[Irving Fisher]] dichiarò a [[New York]] che la caduta aveva rappresentato "l'eliminazione del codazzo nevrotico", prevedendo che di lì in avanti la situazione sarebbe andata incontro al miglioramento. Il giorno successivo Charles Mitchell, direttore della [[National City Bank]], {{cn|tra i massimi responsabili della speculazione selvaggia che aveva interessato gli ultimi anni,}} dichiarò che le condizioni del mercato erano "fondamentalmente sane" e invitava a guardare positivamente al futuro, auspicando che la situazione di tranquillità si sarebbe automaticamente ripristinata.
 
Il mercoledì 23 fu un'altra giornata di nervosismo sul mercato. Quel giorno si vendettero circa 2.600.000 azioni, nell'ignoranza peraltro di moltissimi risparmiatori (così come era stato il lunedì), a causa del ritardo nella registrazione delle contrattazioni da parte del ''[[ticker]]'' (macchina che comunicava le quotazioni e le contrattazioni dei titoli e il loro volume). Alla fine della giornata aumentò vertiginosamente il numero delle richieste di aumento degli scarti di garanzia. Ai comuni [[investimento|investitori]] si richiedevano maggiori garanzie collaterali (come conseguenza della caduta del valore del titolo a riporto, che non costituiva più garanzia sufficiente a coprire il [[prestito (finanza)|prestito]] con cui lo si era acquistato) e dunque, in definitiva, più soldi per la [[speculazione]].
 
Giovedì fu il primo di una serie di giornate rovinose per il [[mercato azionario]]. Furono 12.894.650 le azioni che cambiarono di mano, a [[prezzo|prezzi]] via via più bassi, gettando nella disperazione molti risparmiatori e investitori. La seduta era iniziata in modo tranquillo, ma i prezzi dopo qualche ora presero a scendere a perpendicolo e alle 11,00 si era diffuso un clima di paura, talché nessuno più comprava. Mezz'ora dopo il mercato era in preda alla psicosi, si verificarono vere e proprie vendite da panico (''panic selling''), negli ambienti dello [[Borsa di New York|Stock Exchange]], sede della borsa valori, si respirava un'aria di profondo nervosismo, {{cn|mentre già si diffondeva la voce che undici noti speculatori si fossero tolti la vita.}}
 
Al termine di una riunione negli uffici della [[J. P. Morgan|J.P. Morgan & C.]] il 25 ottobre, in cui si erano riuniti tra i più importanti banchieri newyorkesi, [[Thomas W. Lamont]], numero uno della Morgan, incontrando i giornalisti si mostrò rassicurante lasciando capire che i grandi [[Banca|banchieri]] sarebbero intervenuti per calmierare la discesa dei prezzi. Quel giorno [[Richard Whitney]], incaricato della Morgan e futuro capo della borsa di New York, acquistò alcuni pacchetti di [[azione (finanza)|azioni]] all'ultimo prezzo di vendita per sollecitare ottimismo.