Processo alla città: differenze tra le versioni

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===Critica===
'''Commenti contemporanei'''. ''Processo alla città'' fu ben accolto dalla critica, anche da quella che non aveva apprezzato precedenti opere di Zampa, com già era accaduto a Locarno per Aristarco. Infatti il ''Corriere della sera'' scrisse di una «realizzazione pittoresca e scorrevole tale da far sì che l'interesse del film, spesso a carattere dialettale, non diminuisca un solo momento<ref>Articolo di lan [Arturo Lanocita] in ''Corriere della sera'' del 6 settembre 1952.</ref>». mentre ''La Stampa'' descrisse ''Processo alla città'' come un «film complesso e difficile che richiedeva nel regista una sensibilità davvero fuori dal consueto. Zampa si è impegnato a fondo nell'impresa offrendoci quello che può essere considerato il maggior successo della sua carriera<ref>Recensione non firmata in ''La Stampa'' del 7 settembre 1952.</ref>».<br />
'''Commenti successivi'''. Retrospettivamente, quasi tutti i commentatori hanno espresso valutazioni positive rispetto a questo film di Zampa ed alcuni di essi lo hanno indicato quale sua migliore opera in assoluto. «Film teso,– secondo il ''Catalogo Bolaffi'' – vigoroso, civile e coraggioso, impegnato, realizzato anche sul piano dello spettacolo con forza drammatica e ''suspense''; preannuncia i film civili di Francesco Rosi ( ''[[La sfida (film)|La sfida]]'', ''[[Le mani sulla città]]''), che infatti è tra gli sceneggiatori di questo film». Giudizio condiviso anche da Pruzzo e Lancia («Film serio, civile, solido e soggiogante, che mette a fuoco, forse meglio di precedenti opere in chiave satirica, le qualità di Zampa<ref>''Nazzari'', cit. in bibliografia, pag 130.</ref>») e confermato da Giampiero Brunetta, che definisce questa opera di Zampa: «Film di forte struttura drammatica, ''Processo alla città'' fa sentire tutta la carica di indignazione civile che pervade il regista in quegli anni e trova il modo per rendere, grazie ad una meticolosa ricostruzione del passato, una limpida visione in trasparenza del presente<ref name=brunetta/>».
 
Altri giudicano questo film con uno sguardo più ampio: «Zampa ebbe – è scritto ne ''Il Cinema, grande storia illustrata'' - dal 1946 al 1952 il suo periodo d'oro. Né mancò di derivare ispirazione dall'estero, specie in [[Francia]], dove cercò suggerimento per il riuscito ''Processo alla città'' nella produzione di dotati polemisti come [[André Cayatte|Cayatte]], in guerra contro la prassi della giustizia». Ispirazione straniera e «modelli americani» sono evocati anche dal ''Mereghetti'' che giudica ''Processo alla città'' privo dei «cedimenti macchiettistici di altri film del regista, qui più solido e controllato, capace di rendere con rigore le complicità di potenti e camorra».