Deduzione: differenze tra le versioni
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{{Citazione|Del particolare non si dà scienza.|[[Aristotele]] <ref>Aristotele, ''Opere'', ''Metafisica'', Laterza, Bari 1973, pag. 323.</ref>}}
[[File:Aristotelesbunt.jpg|thumb|[[Aristotele]]]]
L'introduzione del concetto di deduzione si deve ad [[Aristotele]] (384 a.C.-322 a.C.), il quale
Un esempio di ''[[sillogismo]] aristotelico'' è il seguente: «Tutti gli uomini sono mortali; Socrate è un uomo; dunque Socrate è mortale». Si può notare come la conclusione (particolare) sia derivata da due affermazioni più generali: si tratta di un ragionamento esatto da un punto di vista della coerenza logica, che tuttavia non può in alcun modo garantire la verità dei princìpi primi, dato che proprio da questi deve partire la deduzione. Ecco allora che Aristotele riservava il compito di stabilire la validità e l'universalità delle premesse, da cui il sillogismo trarrà soltanto delle conclusioni necessariamente coerenti, all'[[intuizione]] [[intelletto|intellettuale]] (o ''noùs''), distinta dalla semplice [[ragione]] (''diànoia''). L'intuizione è per Aristotele una facoltà sovra-razionale che ha la capacità di penetrare l'[[essenza (filosofia)|essenza]] della realtà oggetto di indagine, facendola passare ''all'atto'', cogliendone cioè l'aspetto vero e immutabile, prescindendo dalle sue particolarità esteriori e contingenti.<ref>«I possessi sempre veraci sono la [[scienza]] e l'[[intuizione]], e non sussiste alcun genere di conoscenza superiore alla scienza, all'infuori dell'intuizione. Ciò posto, e dato che i princìpi risultano più evidenti delle dimostrazioni,[...] sarà l'intuizione ad avere come oggetto i princìpi» ([[Aristotele]], ''Analitici Secondi'' II, 19, l00b).</ref>
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