Monismo: differenze tra le versioni

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La realtà, l'essere non può essere che unico e non possono esserci due esseri perché se uno è l'essere, e l'altro non è il primo, allora è [[non-essere]]. Se infatti A è l'essere, e B non è A, allora B è non-essere, ossia non è. Questo ragionamento impediva di parlare di enti e portava alla negazione del [[divenire]], che gli antichi non riuscivano a spiegare senza ricorrere alla molteplicità degli esseri.
 
[[Guido Calogero]] nelle sue opere sull'eleatismo <ref>''I fondamenti della logica aristotelica'' (1927), gli ''Studi sull'eleatismo'' (1932) e nei primi quattro capitoli della ''Storia della logica Antica'' (1967)</ref> ritiene che nella dottrina di Parmenide, il quale per primo pone la contrapposizione «ἔστιν»/«οὐκ ἔστιν» <ref>framm. 28 B 2 Diels- Kranz, vv. 3 e 5</ref> sembra sopravvivere la concezione della realtà secondo il [[Guido_Calogero#La_teoria_sul_pensiero_greco_arcaico|pensiero greco arcaico]] per la quale solo l'essere esiste e che il [[non-essere]], cioè il nulla, non è pensabile e quindi non è esprimibile a parole e dunque non esiste <ref>''Dizionario di filosofia Treccani'' (2009) alla voce "non essere"</ref>.
Il problema più rilevante per i filosofi del V secolo a.C. non era tanto la evidente molteplicità degli enti che abbiamo sotto gli occhi, quanto il senso greco del [[divenire]] per cui tutto muta, che si scontra con una ragione, altra dimensione fondamentale della grecità, che è portata a negarlo e a cercare l'unitarietà e la stabilità. Parmenide vive drammaticamente il conflitto: vede che il mondo è molteplice, ma la ragione e il compito del filosofo gli impediscono di crederci: egli non si fida dei [[organi di senso|sensi]] ma solo della [[ragione]], e afferma perciò che il divenire, il mondo, e la vita, sono tutte illusorie apparenze. C'è un solo essere, statico, uno, eterno, indivisibile, ossia uguale a sé stesso nello spazio e nel tempo perché diversamente, differenziandosi, sarebbe il [[non-essere]] <ref>AA.VV., ''Dizionario di filosofia'', Bur, 2014 alla voce "monismo"</ref>.
 
IlInoltre il problema più rilevante per i filosofi del V secolo a.C. non era tanto la evidente molteplicità degli enti che abbiamo sotto gli occhi, quanto il senso greco del [[divenire]] per cui tutto muta, che si scontra con una ragione, altra dimensione fondamentale della grecità, che è portata a negarlo e a cercare l'unitarietà e la stabilità. Parmenide vive drammaticamente il conflitto: vede che il mondo è molteplice, ma la ragione e il compito del filosofo gli impediscono di crederci: egli non si fida dei [[organi di senso|sensi]] ma solo della [[ragione]], e afferma perciò che il divenire, il mondo, e la vita, sono tutte illusorie apparenze. C'è un solo essere, statico, uno, eterno, indivisibile, ossia uguale a sé stesso nello spazio e nel tempo perché diversamente, differenziandosi, sarebbe il [[non-essere]] <ref>AA.VV., ''Dizionario di filosofia'', Bur, 2014 alla voce "monismo"</ref>.
 
==Note==