Moti del 1820-1821: differenze tra le versioni

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In [[Spagna]] si accese, il 1º gennaio [[1820]], una ribellione guidata da alcuni ufficiali dell'esercito: presso il porto di [[Cadice]], essi si rifiutarono di partire alla volta delle [[Americhe]] per stroncare i governi indipendentisti che si stavano creando. Il tentativo parve riuscire: fu concessa una [[Costituzione]], fu convocato il [[Parlamento]]; ma, dopo quei primi successi, la rivolta fu soffocata nel sangue. Con la [[battaglia del Trocadero]], alla quale partecipò anche il [[principe]] [[Carlo Alberto di Savoia]], erede al [[regno di Sardegna|trono di Sardegna]], i soldati francesi misero fine definitivamente ai disordini.
 
Sulla spinta degli avvenimenti spagnoli, anche in [[Italia]] si moltiplicarono i primi tentativi insurrezionali: prima nel giugno [[1820]] in [[Sicilia]] e poi nel luglio a [[Napoli]] andarono organizzandosi gruppi di ribelli, mentre nel marzo [[1821]] scoppiò la rivoluzione in [[Piemonte]]. Quei moti, che miravano ad ottenere una [[Costituzione]] e l'indipendenza dallo straniero, erano però destinati a spegnersi: nel napoletano intervennero truppe [[austria]]che fatte chiamare dal re [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando]], che si era precipitato al [[Congresso di Lubiana]], e i rivoltosi vennero sbaragliati; in [[Piemonte]] i ribelli, che non avevano come obiettivo il ribaltare la monarchia sabauda, anzi chiedevano al re di unificare l'Italia, furono sconfitti; furono eseguite alcune condanne a morte, e in molti furono costretti a fuggire. Nel [[Lombardo-Veneto]] la scoperta di alcune società segrete portò a processi e condanne contro molti degli oppositori del dominio austriaco.
 
Solo nel dicembre [[1825]], in [[Russia]], scoppiò un moto insurrezionale, il cosiddetto [[moto decabrista]] dal nome del mese, ma venne immediatamente represso.
 
== Il ''pronunciamiento'' di Cadice ==
[[File:Fernando VII jura la constitucion.png|thumb|left|Dichiarazione del giuramento prestato da [[Ferdinando VII di Spagna|Ferdinando VII]] alla [[Costituzione spagnola del 1812|Costituzione di Cadice]]]]
 
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[[File:Palermo insurrection of 1820.jpg|thumb|L'insurrezione di Palermo]]
 
La soppressione formale del [[Regno di Sicilia (1734-1816)|Regno di Sicilia]], che fu unificato nel dicembre 1816 con quello di Napoli dai [[Borbone di Napoli|Borboni]], fece nascere in tutta l'isola un movimento di protesta composto dai baroni e dai ceti popolari e il 15 giugno [[1820]] gli indipendentisti insorsero (nelle mani degli insorti caddero circa 14.000 fucili dell'arsenale di Palermo) guidati da [[Giuseppe Alliata di Villafranca]]. Venne istituito un governo a Palermo (18-23 giugno), presieduto da [[Giovanni Luigi Moncada|Giovanni Luigi Moncada, principe di Paternò]], e il 16 luglio convocato il [[Parlamento siciliano]]<ref>[[Pasquale Hamel]], ''La Sicilia al Parlamento delle due Sicile 1820/21'', Palermo, Thule editore, 1986</ref>, che ripristinò la [[Costituzione siciliana del 1812]].
 
Il 23 luglio fu inviata una delegazione verso il governo rivoluzionario di Napoli per chiedere il ripristino del Regno di Sicilia, seppur sempre a guida borbonica, della costituzione e un proprio parlamento.
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Nel [[1820]] le insurrezioni scoppiate in Spagna, [[Portogallo]] ed [[Italia meridionale]] contribuirono a rafforzare il patriottismo italiano, in particolare quello piemontese, i cui sostenitori pensarono che la loro rivolta sarebbe stata appoggiata e seguita, con ogni probabilità, da parte dei patrioti siciliani e napoletani. Inoltre, i patrioti piemontesi cercarono in ogni modo di sostenere militarmente gli omologhi napoletani, ma non vi riuscirono per motivi legati alla scarsa organizzazione ed alla tardiva notizia della partenza dell'esercito asburgico per il [[Regno di Napoli]]. Nella seconda metà del [[1820]], [[Santorre di Santa Rosa]], uno dei principali esponenti dell'organizzazione dei moti, si incontrò spesso segretamente con alcuni generali, politici (tra cui [[Amedeo Ravina]]) e con il giovane principe di Casa Savoia per definire la data e le modalità della ribellione; dopo molte riunioni, si stabilì che la rivolta dovesse scatenarsi non prima dell'inizio del nuovo anno, in modo che l'esercito austriaco, ancora impegnato nella repressione dei moti di [[Nola]] e di Napoli dello stesso anno, non fosse subito pronto ad intervenire in quanto bisognoso di qualche tempo per riorganizzarsi.
 
Il 6 marzo [[1821]], durante la notte, Santorre e altri generali si riunirono nella biblioteca del principe, insieme allo stesso Carlo Alberto, per organizzare nei dettagli l'impresa che, secondo un accordo precedente, sarebbe dovuta iniziare nel mese di febbraio: nel corso dell'incontro, Carlo Alberto mostrò alcuni tentennamenti, soprattutto sulla loro intenzione di dichiarare guerra all'[[Austria]], che portarono Santorre ad avere qualche dubbio sul principe e sulle sue vere intenzioni. Tuttavia Carlo Alberto lasciò intendere il suo appoggio, e per questo motivo Santorre e i suoi associati fecero pervenire il messaggio di prossimo inizio della rivolta ai reparti militari di [[Alessandria]], che, il 10 marzo, diedero inizio all'insurrezione issando la bandiera tricolore per la prima volta nella storia risorgimentale presso la [[Cittadella di Alessandria]]<ref>{{Cita web|url =|titolo = Il tricolore sventola la notte sulla cittadella di Alessandria|autore = Massimo Novelli|sito = http://www.repubblica.it/|editore = GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.|data = 31 luglio 2007|cid = |accesso = 8 dicembre 2018|urlarchivio = https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/07/31/il-tricolore-sventola-la-notte-sulla-cittadella.html}}</ref><ref>{{Cita web|url = https://www.isral.it/2011/03/17/150-anniversario-unita-ditalia-la-cittadella-di-alessandria/|titolo = 150°º anniversario Unità d’Italia – La Cittadella di Alessandria|sito = https://www.isral.it/|data = 17 marzo 2011|accesso = 8 dicembre 2018}}</ref>, insieme a quella carbonara, seguiti subito dopo dai presidi di [[Vercelli]] e [[Torino]]. In quell'occasione fu emesso da parte dei generali insorti il famoso Pronunciamento, un proclama con il quale si decise l'adozione di una costituzione, improntata su quella spagnola di [[Costituzione spagnola del 1812|Cadice del 1812]], che prevedeva maggiori diritti per il popolo piemontese e una riduzione del potere del sovrano. Ma il re, dopo aver tentato di convincere gli insorti all'obbedienza e ricevuto da Lubiana le delibere delle potenze che negavano ogni sorta di innovazione liberale all'Italia, piuttosto che concedere il documento, preferì abdicare in favore del fratello [[Carlo Felice|Carlo Felice di Savoia]], che si trovava però a Modena. La reggenza venne così affidata al principe Carlo Alberto che, assunto l'incarico, dapprima fu assalito da dubbi poiché non volle prendere decisioni senza consultare Carlo Felice, ma premuto dai Federati concesse la Costituzione, nominò una giunta, concesse l'amnistia agli insorti e nominò Santorre di Santarosa ministro della guerra del governo provvisorio. Il Congresso di Lubiana aveva deliberato di raccogliere delle truppe per riordinare l'Italia e Carlo Felice intimò a Carlo Alberto di raggiungere Novara, dove andava formandosi l'esercito di [[Vittorio Sallier De La Tour]], per offrire i propri uomini; egli ubbidì e successivamente volendo raggiungere Carlo Felice a Modena gli fu negata la possibilità.
Sull'entusiasmo suscitato dai moti torinesi [[Alessandro Manzoni]] compose l'ode "[[Marzo 1821]]"<ref>{{Testo|Marzo 1821}}</ref> celebrando quello che sembrava stesse accadendo: l'attraversamento del Ticino da parte dell'armata sarda in appoggio ai patrioti lombardi contro gli austriaci.