Papa Alessandro VII: differenze tra le versioni

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La Francia considerò Alessandro VII un papa “spagnolo” e mantenne con la Santa Sede rapporti distaccati. Il cardinale [[Giulio Mazzarino]], ministro del re, convinse re [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]] a non inviare l'usuale ambasciata di obbedienza ad Alessandro VII e, finché fu in vita, impedì la nomina di un ambasciatore francese a [[Roma]], facendo gestire gli affari diplomatici dai cardinali protettori, in genere nemici personali del Papa.
 
Al conclave che lo vide eletto, Alessandro VII era stato sostenuto dal cardinale [[Jean-François Paul dei Gondi|Jean-François Paul dei Gondi di Retz]], [[Arcidiocesi di Parigi|arcivescovo di Parigi]] in esilio a Roma dal 1654. Il ministro del re, Mazzarino, che l'aveva espulso dalla Francia, morì nel 1661, ma il cardinale di Retz non poté essere reintegrato nella sede di Parigi a causa, questa volta, del diniego del re che lo considerò un cospiratore. Nel [[1662]] [[Luigi XIV]] impose al cardinale di rinunciare alla carica e indicò al suo posto un prelato a lui fedele, [[Pierre de Marca]].<br />
I rapporti con la monarchia francese continuarono ad essere freddi. Il 7 novembre [[1659]] la Francia stipulò un trattato di pace con la Spagna ([[Trattato dei Pirenei]]); le due potenze non presero in considerazione le richieste del Papa.<br />
Nel [[1662]] avvenne l'incidente che portò allo scioglimento della [[Guardia corsa papale]].
Il 20 agosto di quell'anno i soldati della Guardia corsa vennero alle mani con i soldati francesi incaricati della protezione dell'Ambasciata di Francia a Roma. Furono sparati dei colpi d'arma da fuoco contro la carrozza dell'ambasciatore, [[Carlo III di Créquy]], causando anche una vittima. Qualche tempo prima i soldati della Guardia corsa avevano effettuato l'arresto di un malfattore nei giardini della villa di [[Rinaldo d'Este (1618-1672)|Rinaldo d'Este]], [[abate commendatario]] di [[Abbazia di Cluny|Cluny]] (quindi alto esponente della Chiesa francese), non considerando affatto che si trattasse di un luogo privato. Molto adirato, l'abate aveva fatto appello ai ministri stranieri residenti a Roma per organizzare un [[arbitrato]]. Fu a questo scopo che re [[Luigi XIV]] inviò il duca di Créquy come ambasciatore straordinario a Roma, accompagnato da uno stuolo di soldati. Una sera, in una taverna romana, i soldati francesi presero a male parole le guardie córse, facendo acuire la tensione tra le due parti. Nonostante il duca decidesse di punire gli autori dell'affronto, i córsi decisero di farsi giustizia da soli, il che portò all'incidente del 20 agosto.
 
Avuta notizia dell'accaduto, Luigi XIV ordinò il rientro a Parigi del suo ambasciatore ed intimò al [[nunzio apostolico|nunzio]] [[Celio Piccolomini]] di lasciare la capitale francese: si giunse quasi alla rottura diplomatica. Da parte sua, il parlamento di [[Aix-en-Provence]] decise l'annessione di [[Avignone]] alla Francia. Successivamente le due parti raggiunsero un accordo, che fu siglato il 12 febbraio [[1664]] a [[Pisa]]. Il [[legato pontificio]], cardinale [[Flavio Chigi (1631-1693)|Flavio Chigi]], dovette scusarsi pubblicamente con Luigi XIV (29 luglio 1664); il governatore di Roma dovette recarsi a Parigi per fornire spiegazioni sull'accaduto; la Guardia córsa venne sciolta. Dopo tutto ciò il re di Francia restituì Avignone allo Stato Pontificio. <br />
Luigi XIV impose inoltre che il [[Ducato di Castro]], già incamerato tra i beni della Santa Sede, fosse liberato, e {{cn|che la città di [[Comacchio]] tornasse agli [[Este]]|Comacchio dinon [[Ferrara]]tornò mai agli Este}}.
la Guardia córsa venne sciolta. Dopo tutto ciò il re di Francia restituì Avignone allo Stato Pontificio. <br />
Luigi XIV impose inoltre che il [[Ducato di Castro]], già incamerato tra i beni della Santa Sede, fosse liberato, e che la città di [[Comacchio]] tornasse agli [[Este]] di [[Ferrara]].
Un'ultima conseguenza dell'incidente fu che re Luigi XIV effettuò delle nomine vescovili senza attendere la conferma della Santa Sede.