Depositum: differenze tra le versioni

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Il '''''depositum''''' (in [[lingua italiana|italiano]] assimilabile al "[[deposito (diritto)|deposito]]") nel [[diritto romano]] era una delle [[obbligazioni del diritto romano|obbligazioni]] ''re contractae'' (obbligazione nascente dalla consegna della cosa, o reale) in cui uno dei contraenti, il ''depositor'' (deponente) consegnava una cosa mobile al ''depositarius'' (depositario) affinché la custodisse per un certo periodo di tempo in forma gratuita perché poi gliela restituisse.<ref name="Lovato">{{citaCita|Lovato, 2014|p. 490}}.</ref>
 
==Descrizione==
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L'obbligazione nasceva nel momento esatto della consegna della cosa e, in termini moderni si perfezionava così un contratto bilaterale imperfetto. Infatti lo schema contrattuale prevedeva che nascessero, a capo del depositario, gli obblighi di conservare la cosa senza poterne però beneficare dell'uso e di restituirla quando richiesta con gli eventuali frutti.<ref>{{cita|Lovato, 2014|pp. 490-491}}.</ref> Il deponente, invece, era gravato di obblighi esclusivamente eventuali, ovvero quando andava incontro a spese indispensabili per la conservazione della res (ad esempio nel caso in cui si trattasse di un animale) o altre spese necessarie all'adempimento dell'obbligazione (p.es. spese di trasporto), o ancora, ricevesse danni dalla cosa depositata, in questo caso, il depositario poteva far valere l'obbligo di risarcimento nei confronti del depositante, tramite il ''ius retentionis'', cioè, il diritto di tenere la cosa finché il depositante non avesse adempiuto.<ref>{{cita|Lovato, 2014|p. 491}}.</ref>
 
Essendo che tale contratto comporta un vantaggio interamente a favore del deponente (il deposito, come detto era gratuito, altrimenti si sarebbe configurata una ''[[locatio conductio]]'') il depositario non era responsabile del perimento della ''res'' dovuto a causa di forza maggiore, e inoltre non rispondeva neanche nell'ipotesi in cui essa venga danneggiata o rubata da terzi. L'impossibilità della restituzione sarà quindi in queste ipotesi a carico del depositante, il quale potrà esperire direttamente l'''actio furti'' (Gai. 3,207) o l<nowiki>'</nowiki>''actio legis Aquiliae'' (per il danno ''iniura datum'') contro l'autore dell'illecito. Il depositario rispondeva solo dell'eventuale dolo.<ref>{{cita|Lovato, 2014|p.name="Lovato" 490}}.</ref>
 
Tale schema contrattuale fu ideato dallo ''[[ius honorarium]]'' nel [[periodo preclassico]] probabilmente come evoluzione del vetusto contratto di ''[[fiducia cum amico]]''. Il [[pretore (storia romana)|praetor]] concesse nell'ambito della sua [[iurisdictio]] l<nowiki>'</nowiki>''actio depositi in factum'' (e più tardi un<nowiki>'</nowiki>''actio depositi in ius'') come azione del [[processo formulare]] atta a tutelare tale rapporto. Essa era esprimibile sia dal deponente, ''actio depositi directa'', finalizzata a riavere il bene dato in ''depositum'', sia dal depositario, ''actio depositi indirecta'', con la quale poteva richiedere il pagamento di eventuali danni cagionati dalla cosa depositata o spese che fossero state sostenute per garantire il deposito.<ref>{{cita|Lovato, 2014|p. 492}}.</ref>