Carmine Crocco: differenze tra le versioni
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|AnnoMorte = 1905
|Attività = brigante
|Nazionalità =
|PostNazionalità = , tra i più noti e rappresentativi del periodo [[Risorgimento|risorgimentale]]
|Immagine = Carmine Crocco1.jpg
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Era il capo indiscusso delle bande del [[Vulture]], sebbene agissero sotto il suo controllo anche alcune dell'[[Irpinia]] e della [[Capitanata]].
Nel giro di pochi anni, da umile bracciante divenne comandante di un esercito di duemila uomini, e la consistenza della sua armata fece della [[Basilicata]] uno dei principali epicentri del [[Brigantaggio postunitario|brigantaggio]] post-unitario nel Mezzogiorno continentale.<ref>{{cita|Di Fiore|p. 197}}.</ref> Dapprima militare borbonico, disertò e si diede alla macchia. In seguito, combatté nelle file di [[Giuseppe Garibaldi]], poi per la reazione legittimista [[Regno delle Due Sicilie|borbonica]] e infine per se stesso, distinguendosi da altri briganti del periodo per chiara e ordinata tattica bellica e imprevedibili azioni di [[guerriglia]], qualità che vennero esaltate dagli stessi militari [[Casa Savoia|sabaudi]].<ref>{{cita web|url=http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Briganti/Crocco.htm#carmine|autore= Eugenio Massa|titolo= Carmine Crocco, un vero generale|accesso=3 dicembre 2008}}</ref>
Alto 1,75 m, dotato di un fisico robusto e un'intelligenza non comune,<ref>{{cita|De Leo|p. 119}}.</ref> fu uno dei più temuti e ricercati
Arrestato nel 1864 dalla gendarmeria dello stato pontificio, ove aveva tentato di trovar riparo, venne processato nel 1870 da un tribunale italiano. Fu condannato a morte, poi commutata in ergastolo nel carcere di [[Portoferraio]]. Durante la detenzione, scrisse le sue memorie, che fecero il giro del [[Regno d'Italia (1861-1946)|regno]] e divennero oggetto di dibattito per sociologi e linguisti.<ref>{{cita web|titolo=Il brigantaggio nella letteratura|autore=[[Raffaele Nigro]]|editore=eleaml.org|data=|url=http://www.eleaml.org/sud/briganti/letteratura.html|accesso=7 gennaio 2012}}</ref> Benché una parte della storiografia dell'Ottocento e inizi del Novecento lo considerasse principalmente un ladro e un assassino,<ref>[[Vittorio Bersezio]] lo definì "''un tristo, un ladro, un assassino''", {{cita|Bersezio|p. 25}}; [[Basilide Del Zio]] un "''ladro feroce, assassino volgare''", {{cita|Del Zio|p. 116}}.</ref> a partire dalla seconda metà del Novecento iniziò ad essere rivalutato come un eroe popolare, in particolar modo da diversi autori della tesi [[Revisionismo del Risorgimento|revisionista]],<ref>"''il motore e il banditore della rivoluzione contadina''". [[Carlo Alianello]], ''[[L'eredità della priora (romanzo)|L'eredità della priora]]'', Feltrinelli, 1963, p. 568.</ref> anche se la sua figura rimane ancora oggi controversa.
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