Vittorio Emanuele I di Savoia: differenze tra le versioni

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Come prima mossa, dunque, Vittorio Emanuele I tentò, invano, di recuperare le terre perdute, partecipando cioè alla [[terza coalizione]] ([[1805]]) ed avviando un'attenta attività diplomatica con la quale sperava di avere gli appoggi necessari per poter tornare trionfalmente in Piemonte da sovrano ed ottenere i prestiti in denaro necessari. Nel [[1806]] si trovava infatti a [[Gaeta]] per cercare l'appoggio dei Borboni ma, venuto a sapere che il generale [[Andrea Massena]] stava marciando con le sue truppe su [[Napoli]], decise di fare ritorno in [[Sardegna]], l'unica parte dei suoi domini che non era stata conquistata dai francesi, dove rimase per qualche tempo avviando alcune riforme in campo amministrativo ed in campo agricolo, come l'ampliamento della coltivazione degli ulivi ed il tentativo di introdurvi, con scarso successo, la coltivazione del [[Gossypium|cotone]].
 
Nel [[1809]], propose agli inglesi di raccogliere ed inviare un contingente di soldati liguri per fronteggiare un tentativo di spedizione francese in Russia, ma una serie di difficoltà glie loglielo impedirono.<ref>F. Corridore, ''Vittorio Emanuele I e i suoi piani di guerra (1809) - Da una corrispondenza inedita del Conte di Reve'', 1900</ref>
[[Image:The return of Vittorio Emmanuel I to Turin.jpg|thumb|right|200px|L'ingresso trionfale di Vittorio Emanuele I a Torino]]
Strenuo avversario di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]], non accettò mai compromessi e tornò in [[Piemonte]] soltanto dopo la sconfitta del Bonaparte il 20 maggio [[1814]] quando fece il proprio ingresso trionfale a [[Torino]] dopo essere sbarcato il 9 maggio di quello stesso anno a [[Genova]]. Anche quando il [[Piemonte]] occupato venne definitivamente inglobato nello stato francese come dipartimento, Vittorio Emanuele I non rinunciò mai alla speranza di poter un giorno recuperare ''in toto'' i propri domini. Rifiutò sulla stregua delle medesime intenzioni anche l'offerta che nel [[1807]] il Bonaparte gli fece pervenire (su consiglio dello zar [[Alessandro I di Russia]]) di creare un nuovo stato per i Savoia comprendente il [[Siena|senese]], il [[Grosseto|grossetano]] e l'ex [[principato di Lucca]].
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{{vedi anche|Moti del 1820-1821#L'insurrezione piemontese}}
[[Image:Vittorio Emanuele I, re di Sardegna.jpg|thumb|left|200px|Vittorio Emanuele I in un ritratto del 1820 circa]]
Nel marzo 1821 esplose la [[Moti del 1820-1821#L.27insurrezione piemontese|rivoluzione liberale]], in larga parte opera dei [[Carboneria|carbonari]], e sembrò che i sentimenti antiaustriaci dei cospiratori coincidessero con quelli del sovrano. Al di la della rivoluzione a livello internazionale, per quanto riguarda il regno di Sardegna essa si scagliò come in altre parti dell'Europa contro i governi costituiti ed anche a Torino non mancarono le proteste studentesche contro le quali Vittorio Emanuele I non reagì con le armi, pur mantenendosi avverso all'idea di concedere una costituzione al suo regno.
 
Quando il presidio militare della cittadella di Torino si rivoltò anch'esso contro il governo centrale, uccidendo il comandante della fortezza, il 13 marzo [[1821]] Vittorio Emanuele prese la decisione di abdicare in favore del fratello [[Carlo Felice di Savoia|Carlo Felice]]. Poiché Carlo Felice si trovava in quel momento a [[Modena]], Vittorio Emanuele I affidò temporaneamente la [[reggenza]] a [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]], principe di Carignano, che era secondo in [[ordine di successione]]. La scelta di Carlo Alberto per la figura di reggente fu da subito problematica per la sua vicinanza esplicita agli ideali dei rivoluzionari, ma lo stesso Vittorio Emanuele I era convinto che la sua figura, per quanto temporanea, avrebbe perlomeno contribuito a sedare gli animi. È risaputo che, almeno per i primi mesi dopo l'abdicazione, più volte Carlo Alberto abbia chiesto a Vittorio Emanuele I di rinunciare alle proprie disposizioni e di ritornare sul trono, ma invano.