James Abbott McNeill Whistler: differenze tra le versioni

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La formulazione teorica dell'arte di Whistler viene fornita dall'[[Estetismo]], propriamente un «atteggiamento del gusto e del pensiero che, in quanto pone i valori estetici al vertice della vita spirituale, considera la vita stessa come ricerca e culto del bello, come creazione artistica dell'individuo» (Treccani).<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/estetismo/|titolo=estetismo|editore=Treccani|collana=Enciclopedie on line}}</ref> Ne consegue il celebre motto «l'arte per l'arte», secondo cui l'arte non ha altro fine che sé stessa, senza assoggettarsi a intenti morali o sociali, educativi o utilitaristici e, complessivamente, a tutte quelle preoccupazioni che ostacolerebbero l'artista nel raggiungere il fine primo ed ultimo del «bello». Si tratta di una concezione artistica che, se al giorno d'oggi può sembrare quasi scontata, durante l'[[epoca vittoriana]] fu totalmente rivoluzionaria: mai, nell'Inghilterra ottocentesca, un artista aveva osato tenere le proprie opere d'arte al di fuori di ogni preoccupazione di carattere morale.
 
Testimonianze di questo apostolato estetico di Whistler ci vengono fornite dal libretto ''The Gentle Art of Making Enemies'' [L'arte gentile di farsi dei nemici] e dalla conferenza ''Ten O' Clock''. In ''The Gentle Art of Making Enemies'' Whistler afferma che un prodotto artistico deve apparire come il fiore del pittore, «perfect in its bud as in its bloom - with no reason to explain its presence», indipendente e autonomo da tutto quel «clap-trap» del «subject-matter». Un dipinto, asserisce Whistler, ha l'unico scopo di essere una fonte di delizia, evocando piaceri sensuali di natura visiva e talvolta uditiva, senza preoccuparsi di quelle emozioni del tutto estranee alle sue finalità autentiche come «devotion, pity, love, patriotism, and the like». Nella conferenza ''Ten O' Clock'' Whistler ribadisce analogamente che la creazione artistica non deve essere affrancata da intenti narrativi o morali e che deve egoisticamente aspirare solo al raggiungimento del massimo grado di raffinatezza e di perfezione, sino ad assoggettare a sé anche la [[Natura]], degradandola al mero ruolo di ancella. La Natura, a giudizio di Whistler, «is very rarely right» e con la stucchevole monotonia delle sue creature ha assolutamente esaurito la pazienza degli esteti, le cui creazioni sono così febbrilmente prodigiose da svelare immediatamente la fallacia insita in «what is called Nature». Sempre in ''Ten O' Clock'' Whistler ricorre all'eloquente esempio degli dei olimpici che, stupefatti, osservano come la ''[[Venere di Milo]]'' sia infinitamente più bella della loro mitica regina, la dea [[Era (mitologia)|Era]].<ref>{{cita libro|titolo=La poesia inglese dall'estetismo al simbolismo|anno=1950|autore=Agostino Lombardo|p=39|editore=Ed. di Storia e Letteratura}}</ref>
 
L'approccio whistleriano all'arte, tuttavia, si fonda su alcune coordinate teoriche che non sono affatto una sua creazione originale, ma che invece riecheggiano idee già da tempo diffuse in Francia e condivise da intellettuali come Baudelaire, Flaubert, Mallarmé, Gautier. A conclusioni analoghe a quelle di Whistler, infatti, sarebbero giunti anche [[Joris-Karl Huysmans]] in ''[[A ritroso]]'', opera letteraria dove la Natura viene paragonata a «una gretteria da bottegaia» o, ancora più eloquentemente, a un'«eterna rimbambita», e [[Oscar Wilde]] nel ''[[Il ritratto di Dorian Gray|Ritratto di Dorian Gray]]''. In quest'ultima opera, infatti, Wilde sembra quasi voler dare vita letteraria agli atteggiamenti estetizzanti di Whistler e bandisce l'utile, il vero e l'interessante dalle finalità dell'opera d'arte, la quale secondo l'opinione dell'autore deve essere infatti apprezzata in termini puramente estetici.