Pago Veiano: differenze tra le versioni

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===Età contemporanea===
Ultimi signori di questo frangente storico furono i De Maio-Durazzo, i quali, anche in seguito alla legge del 2 agosto [[1806]], in virtù della quale l'ordinamento feudale veniva “formalmente e totalmente abolito”, continuarono a conservare in maniera spudorata il titolo di marchesi di
Pago ede il diritto di “patronato nella nomina dell'arciprete”. Gli avvenimenti politici di inizio secolo ebbero la loro ripercussione anche a Pago dove il rigido sistema feudale venne incrinato, comportando una nuova ripartizione del territorio: terreni feudali soggetti agli usi civili; demani universali, terre appadronate appartenenti ai cittadini dell'[[Universitas|università]]; terreni di proprietà del feudatario. Si trattava però di un cambiamento soltanto formale, anche perché nella realtà le cose non subirono grosse variazioni, garantendo agli ex feudatari il mantenimento dei privilegi avuti fino a quel momento. Da un punto di vista strettamente amministrativo il paese era stato aggregato al circondario di [[Pesco Sannita|Pescolamazza]], a sua volta compreso nel [[distretto di Ariano]].
Nel 37 è la volta del colera che miete decine di vittime, 112 solo nel mese di settembre. Tale fenomeno non incide sul tasso demografico degli anni successivi, essendo il numero delle morti controbilanciato da un crescente aumento delle nascite.
 
Nel 1837 è la volta del colera che miete decine di vittime, 112 solo nel mese di settembre. Tale fenomeno non incide sul tasso demografico degli anni successivi, essendo il numero delle morti controbilanciato da un crescente aumento delle nascite. Il malcontento generale ed un insostenibile condizione di vita alimentano il desiderio di ribellione della popolazione che sfocia ben presto in una serie di rivolte e sommosse popolari.
Il 18 settembre [[1860]] alcuni abitanti di Pago tentarono con la forza di impossessarsi del feudo di Terraloggia. È con lo stesso spirito che il 7 agosto del [[1861]], durante la processione dedicata a [[san Donato]], Nicola Morganella, detto Garibaldi o Galibardi, capeggia un gruppo di rivoltosi fregiati di coccarda rossa che con abile manovra riesce a disarmare la guardia nazionale, brucia il tricolore e infrange lo stemma sabaudo sostituendolo con le insegne borboniche.
Il 9 agosto giunge Pilorusso, il più famigerato brigante delle nostre zone, con un seguito di 400 uomini, invitato probabilmente da Antonio La Molinara detto Zirpolo, rivoltoso locale nonché brigante anch'egli. Il loro arrivo portò devastazione e disordini in paese, operando saccheggi e incendiando le abitazioni delle persone più in vista di Pago o di coloro che simpatizzavano per i «Piemontesi». Sempre in questa occasione il cavaliere Giovanni Pizzella venne ammanettato dai briganti e condotto nel bosco di Calise dove venne minacciato di morte, successivamente depredato dei suoi beni e trascinato a coda di cavallo lungo le strade del paese. Evitò la fucilazione per grazia ricevuta in seguito alle implorazioni dei notabili locali, ma venne mandato nudo a [[Benevento]].