Utente:IlSistemone/Sandbox: differenze tra le versioni
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== Storia ==
[[File:Museo di Capodimonte di Napoli - Apollo e Marsia (a sinistra Ribera, a destra Luca Giordano).jpg|300px|thumb|I due dipinti: a sinistra la versione di Ribera, a destra quella di Luca Giordano|alt=|sinistra]]
Non si hanno informazioni puntuali circa la storia dei due quadri. Di certo si sa che le prime notizie afferenti la tela del Ribera si hanno a partire dalla metà del Seicento, quando la stessa venne catalogata negli inventari della [[collezione d'Avalos]]<ref name="Touring">{{Cita|Touring Club Italiano}}.</ref> appartenente al principe [[Andrea d'Avalos|Andrea di Montesarchio]].<ref name="Contini">R. Contini e F. Solinas, ''Artemisia Gentileschi. Storia di una passione'', 24 ore cultura, Mostra Palazzo Reale di Milano 22 sett. 2011-29 genn. 2012, ISBN 978-88-6648-001-3</ref> L'acquisto del dipinto (e non la commissione) è da ricondurre pertanto con molta probabilità al padre di Andrea, [[Giovanni d'Avalos]],<ref name="Contini" /> che secondo alcune informazioni storiografiche sarebbe avvenuto dal mercante e collezionista d'arte fiammingo [[Gaspar Roomer]], effettivo committente dell'opera che tra le altre cose possedeva una ricca collezione d'arte nella sua [[Villa Bisignano|abitazione privata]] sita alle porte di [[Napoli]].<ref name="iconos" /> Tuttavia è da precisare che non vi è certezza su quale dipinto abbia fatto parte della collezione di casa Roomer,<ref name="finestre" sull'arte="">{{cita web|url=https://www.finestresullarte.info/1006n_rubens-ribera-van-dyck-collezione-principe-recensione-mostra.php|titolo=''Da Rubens a Ribera, ecco il grande ritorno della collezione dei Vandeneynden a Napoli''|autore= Vincenzo Sorrentino|accesso=30 marzo 2020}}</ref><ref name="crononews">{{cita web|url=http://crono.news/Y:2018/M:11/D:19/h:10/m:49/s:13/gaspar-roomer-illustre-mecenate-fiammingo/|titolo=''Gaspar Roomer, illustre banchiere fiammingo mecenate e collezionista d’arte, legato a Napoli''|autore=Cristiano Luchini|accesso=29 marzo 2020}}</ref> se effettivamente quello di [[Museo nazionale di Capodimonte|Capodimonte]] o una seconda versione della tela, eseguita nello stesso anno sempre da Ribera e confluita oggi al [[Museo reale delle belle arti del Belgio|museo di Belle Arti di Bruxelles]]. L'ipotesi più verosimile sarebbe quella di ritenere che il mecenate fiammingo abbia avuto con sé la versione napoletana dell'''Apollo e Marsia'' in considerazione del fatto che un'altra tela di Ribera presente negli inventari di Roomer, il [[Sileno ebbro (Ribera)|Sileno ebbro]],<ref name="crononews" /> ha pressoché le stesse dimensioni ed è anch'esso confluito nelle raccolte di Capodimonte, mentre quello di Bruxelles invece si presenta di dimensioni un po' più grandi, sia in larghezza che in altezza (202×255 cm).
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GIORDANO
[[File:Museo di Capodimonte di Napoli - Apollo e Marsia (a sinistra Ribera, a destra Luca Giordano).jpg|300px|thumb|I due dipinti: a sinistra la versione di Ribera, a destra quella di Luca Giordano]]▼
{{Opera d'arte
| immagine=Jusepe de ribera, apollo e marsia, 1637, Q511, 01.JPG
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== Storia ==
▲[[File:Museo di Capodimonte di Napoli - Apollo e Marsia (a sinistra Ribera, a destra Luca Giordano).jpg|300px|thumb|I due dipinti: a sinistra la versione di Ribera, a destra quella di Luca Giordano|alt=|sinistra]]
▲Nel 1659-1660, quindi circa venti anni dopo il dipinto di Ribera, il soggetto e la composizione vennero ripresi da [[Luca Giordano]] che eseguì una sua versione dell'opera avente anche fine celebrativo e commemorativo nei confronti del suo maestro, intanto morto sette anni prima.<ref name=Touring/> Per di più, se si considera che la tela di Luca comparve nel 1688 nel catalogo della collezione di [[palazzo Zevallos]] a Napoli di proprietà del mercante e collezionista fiammingo [[Ferdinand Van den Eynden]], figlio di Jan, quest'ultimo amico e frequentatore di Roomer,<ref name=iconos/><ref name="iconos2" /><ref name="Silvana Editoriale">Antonio Ernesto Denunzio, ''Rubens, Van Dyck, Ribera. La collezione di un principe.'', Silvana Editoriale, Milano, 2018, ISBN 9788836640997</ref> diventa plausibile pensare che, a prescindere da quale versione del dipinto di Ribera (se quella napoletana o di quella di Bruxelles) fosse in casa Roomer, la richiesta da parte di Van den Eynden di un dipinto di simile rappresentazione avanzata a Luca Giordano sia avvenuta proprio perché il medesimo di mano dello Spagnoletto fu ammirato in precedenza in casa dell'amico connazionale.
La tela di Giordano passò successivamente dalla collezione Van den Eynden alle proprietà del genovese [[Stefano De Marini]] (o Marinis), marchese di [[Genzano di Roma|Genzano]] con diversi interessi nella città partenopea, nella cui dimora in patria la tela permase fino al 1673.<ref name="Orlando">A. Orlando, ''Il riberismo dei genovesi e le opere dello Spagnoletto sulla rotta del collezionismo tra Italia e Spagna'', Gli amici per Nicola Spinosa, a cura di F. Baldassari e M. Confalone, Ugo Bozzi ed., Roma 2019, pag. 70</ref> Successivamente l’opera passò ai [[di Sangro]], principi di [[Fondi]], che poi la vendettero allo stato italiano nel 1879.<ref name="iconos2" /><ref name=Touring/>
L'''Apollo e Marsia'' di Ribera, intanto, rimase nella [[collezione d'Avalos]] di [[Napoli]] fino al 1862
== Descrizione e stile ==
{{Doppia immagine|sinistra|Jusepe de ribera, apollo e marsia, 1637, Q511, 04.JPG|200|Jusepe de ribera, apollo e marsia, 1637, Q511, 03.JPG||Dettaglio di Marsia. A sinistra la versione di Ribera, a destra quella di Giordano.|}}
I dipinti si rifanno ai versi epici di [[Ovidio]] ne [[Le metamorfosi (Ovidio)|Le Metamorfosi]], immortalando il momento in cui [[Apollo]] è in procinto di attuare il supplizio (lo scuoiamento) nei confronti di [[Marsia]], quest'ultimo sdraiato in terra con i piedi/zampe legati a un albero. Secondo la leggenda infatti, la dea [[Atena]], che aveva inventato lo strumento del [[flauto]], mentre suonava il medesimo venne derisa da [[Eros]] per via delle smorfie buffe (rossore in viso e guance gonfie) che faceva il suo volto nel mentre suonava lo strumento. Così la dea, infastidita da ciò, lasciò cadere il flauto sulla [[Terra]]. Successivamente questo fu raccolto da Marsia, un [[satiro]] (essere mezzo uomo e mezzo capra) che viveva a guardia di un piccolo fiume [[affluente]] del [[Meandro (fiume)|Meandro]], in [[Anatolia]], e cominciò a suonare lo strumento e ad esercitarsi finché non divenne tanto bravo da ritenersi addirittura più capace di Apollo, dio della musica. Apollo sfidò così Marsia in una gara di musica, dove, il primo avrebbe suonato la [[Lira (strumento musicale)|lira]] mentre il secondo, per l'appunto, il flauto. Se inizialmente la sfida si poté ritenere in pareggio, alla fine Apollo riuscì comunque a vincere grazie alla sua astuzia; infatti propose al satiro di suonare gli strumenti al contrario e, mentre la lira emise comunque melodie armoniose, il flauto non fece alcun suono. A questo punto il mito si conclude con la punizione inflitta a Marsia che, infatti, fu legato a un albero e scorticato vivo da Apollo.<ref name=Touring/>
Le similitudini tra la versione di Ribera e quella di Giordano appaiono immediatamente evidenti anche se, comunque, la tela di Giordano è concepita in generale su tonalità più scure e pennellate più rapide e sfumate,<ref name="iconos2" /> apprese queste ultime durante la sua esperienza veneta.<ref name="iconos2" /> Analogie con la versione del maestro spagnolo sono riscontrabili oltre che nella struttura generale della composizione, costruita sulla diagonale dell'albero, seppur speculare rispetto alla versione di Ribera, anche nei più piccoli dettagli, quali: il volto straziato di [[Marsia]], la disperazione dei [[satiri]] sullo sfondo della scena, gli strumenti musicali oggetto della contesa posti sui vertici della diagonale, la scelta di rappresentare il supplizio nella sua fase iniziatica, il colore glicine della mantella di [[Apollo]], lo stesso dio che, posto in primo piano, si appresta a scorticare il satiro partendo dalle sue zampe legate all'albero.<ref name="iconos2" />
== Altre versioni ==
{{Doppia immagine|destra|Jusepe de ribera, apollo e marsia, 1637, Q511, 02.JPG|250|Luca giordano, apolo scortica marsia, 1678 ca..JPG|150|Luca Giordano utilizzò l'Apollo eseguito nel dipinto di Capodimonte (dettaglio immagine a sinistra) anche in un'altra versione di ''Apollo e Marsia'', eseguita nel 1678.|}}
[[Luca Giordano]] eseguì più volte una versione dell'''Apollo e Marsia''. Oltre a quella di Capodimonte, compiuta sul modello di Ribera dello stesso museo,<ref name="Touring" /> si segnalano da parte di Giordano le versioni al [[Museo Bardini|museo di palazzo Bardini]] di [[Firenze]], del 1678, e quella del [[monastero dell'Escorial]] in [[Spagna]], 190×190 cm datato 1696<ref name=iconos3>{{cita web|url=http://www.iconos.it/le-metamorfosi-di-ovidio/libro-vi/apollo-e-marsia/immagini/75-apollo-e-marsia/|titolo=''Cattedra di Iconografia e Iconologia, Dipartimento di Storia dell'arte e spettacolo, Facoltà di Lettere e Filosofia, Sapienza Università di Roma''|autore= Chiara Mataloni|accesso=30 marzo 2020}}</ref><ref>In origine 209×190 cm, poi non si sa per quale motivo fu tagliata e ridotta.</ref>. In entrambi i dipinti il pittore stravolse la scena, tant'è che Marsia non si vede più legato all'albero dalle zampe, come nel modello riberesco, ma bensì dalle braccia, dove proprio da queste partiva lo scuoiamento.<ref name=iconos3/> Entrambe le versioni conservano comunque alcune analogie rispetto al suo dipinto di Capodimonte: su tutte l'Apollo, che è rappresentato similarmente anche nei colori delle vesti (mantella glicine, abito e scarpe blu), seppur nella versione fiorentina è più evidente questa somiglianza. Inoltre il dipinto toscano si somiglia a quello napoletano anche nell'ambientazione notturna della scena e nella figura dei satiri sullo sfondo, mentre la versione spagnola è ambientata di giorno, presenta più figure sparse sullo sfondo, tra cui anche il [[Re Mida]] con le orecchie d'asino, e richiama la versione partenopea della tela con il piede di Apollo sopra il corpo di Marsia.<ref name=iconos3/>
Un'altra versione di Luca Giordano di questo mito è infine esposta nella [[reggia di Caserta]], 118×172 cm del 1687-1689.<ref name="iconos4">{{cita web|url=http://www.iconos.it/le-metamorfosi-di-ovidio/libro-vi/apollo-e-marsia/immagini/75-apollo-e-marsia/|titolo=''Cattedra di Iconografia e Iconologia, Dipartimento di Storia dell'arte e spettacolo, Facoltà di Lettere e Filosofia, Sapienza Università di Roma''|autore= Chiara Mataloni|accesso=30 marzo 2020}}</ref> In questa scena, ripresa a più ampio raggio, è ritratto il momento immediatamente posteriore al supplizio: sulla sinistra in alto è Apollo su un carro che va via, in basso è Marsia svenuto, mentre sulla destra è la figura di Re Mida con le orecchie d'asino (secondo la leggenda affibbiategli da Apollo in quanto il re della [[Frigia]] aveva decretato vincitore della sfida proprio il satiro).<ref name="iconos4" /> == Note ==
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