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[[File:Chiesa SS Salvatore di Caggiano 04.JPG|thumb|Esempio di patronato nella chiesa del SS. Salvatore in [[Caggiano]] ([[Provincia di Salerno|SA]])]]
Il '''giuspatronato''' [dalla locuzione latina ''ius patronatus'', «diritto di patronato»] è un istituto giuridico che si applica a un [[beneficio ecclesiastico]]. In particolare riguarda la relazione tra il beneficio (un altare all’interno di una chiesa, o anche una chiesa parrocchiale) e colui (soggetto collettivo o persona fisica) che ha costituito la dote patrimoniale del beneficio.
Con tale diritto coloro che dotavano un altare o una cappella, disponevano anche del beneficiato.
In genere lo ''jus patronatus'' era associato allo ''jus presentandi'' cioè il diritto da parte della famiglia di presentare il [[sacerdote]] o il [[chierico]] adatto ad essere ''investito'', cioè a possedere il beneficio.▼
Nel caso di una chiesa, chi promuoveva la costruzione della chiesa diventava “patrono” di quel beneficio ed aveva il diritto di nominare il sacerdote, cui avrebbe assicurato il sostentamento.
In genere lo jus presentandi necessitava di approvazione del [[vescovo]] o della comunità. In quest'ultimo caso si parla di "giuspatronato popolare", che spesso si esprimeva con libere elezioni, talvolta dopo concorso o esami.▼
==Presupposti giuridici==
Il giuspatronato era diffuso nei secoli medievali e della prima età moderna, ed era legato spesso a posizioni di potere apicali di [[nobile|nobili]]. Spesso nasceva come diritto da lasciti, in questo caso poteva essere un [[borghese (famiglia)|borghese]] ad esercitare il diritto ("giuspatronato privato").▼
Il patrono aveva il dovere di mantenere buona la funzionalità del beneficio e spesso anche quello di garantire uno stipendio al parroco ed ai suoi collaboratori.
Il giuspatronato garantiva sostanzialmente ai suoi detentori tre diversi privilegi<ref>{{cita web|url=http://www.storiadellachiesa.it/glossary/giuspatronato-e-la-chiesa-in-italia/|titolo=Giuspatronato|accesso=4 aprile 2020}}</ref>:
*l'onore (consistente nell'obbligo da parte dei rettori di recitare preghiere particolari per la salute spirituale del patrono e dei suoi familiari);
*la pensione (se il patrono era laico aveva diritto a riscuotere le rendite del beneficio)
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Di fatto, secondo il [[diritto consuetudinario]], il giuspatronato era una “cosa”: poteva essere frazionato in quote poteva essere trasmesso ai successori legittimi, oppure donato (la vendita invece era vietata).
È sempre meno diffuso, ma resiste in alcuni luoghi quello popolare da un punto di vista formale, dove la [[Nomina dei vescovi cattolici|nomina del vescovo]] deve essere ratificata da associazioni o raramente da elezioni. Spesso il tentativo della [[Chiesa cattolica|Chiesa]] non riesce a terminare questo istituto, che viene difeso come legame con le tradizioni di una comunità più che per questioni di reale potere. In alcune parrocchie esiste ancora anche il giuspatronato privato. Dove l'istituto ancora esiste, riguarda solo l'incarico di parroco titolare e non quello di [[Amministratore (diritto canonico)|amministratore parrocchiale]], motivo per cui spesso il vescovo nomina un amministratore e non un parroco a pieno titolo.▼
==Origine storiche==
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La sua istituzione si deve a [[papa Alessandro III]] (1159 – 1181), il quale consolidò la proprietà dei fondatori e dei loro successori, ma migliorò anche i diritti di utilizzo del beneficio da parte dei parroci. Al proprietario della chiesa fatta erigere sul terreno di proprietà venne accordato il diritto di proporre il candidato religioso (o di opporre il proprio veto su un certo candidato); l'incarico doveva essere conferito dal vescovo. Come manifestazione della gratitudine della Chiesa verso i suoi benefattori, concesse ai nobili che restauravano chiese e conventi lo "ius spirituali annexum".
Con l'abolizione della feudalità questo diritto fu spesso esteso alle comunità parrocchiali, mediante convenzioni con la diocesi<ref>
{{cita web|url=http://www.sorrentopost.com/elezione-parroco-dio-ci-liberi-campagna-elettorale-preti-nuove-futili-dispute-allinterno-chiesa/|titolo=Elezione del parroco? Dio ci liberi da una campagna elettorale tra preti o da nuove futili dispute all'interno della Chiesa|accesso=4 aprile 2020}}</ref>.
Durante il dominio napoleonico sull'Italia furono approvate delle leggi che tendevano ad abolire il giuspatronato, ma la breve durata dell'impero impedì che si radicassero. <br/>
Furono le leggi di eversione dello stato ecclesiastico a far cessare l'istituto in larga parte d'Italia. In particolare la legge 15 agosto 1867, n. 3848 assegnò ai patroni laici la facoltà di rientrare in pieno possesso dei beni concessi in dote ai benefici ecclesiastici pagando allo Stato l'equivalente di un terzo del loro valore.
Nel [[1917]] si decise di limitare normativamente tali privilegi: la revisione del [[codice di diritto canonico]] di tale anno proibisce al canone 1450 la costituzione di nuovi patronati (tollerando però quelli in vigore), mentre il canone 1451 raccomanda agli ordinari di esortare i patroni (in modo però non vincolante) a rinunciare al proprio diritto in cambio di suffragi spirituali.
Nel [[1969]] [[papa Paolo VI]] invitò ulteriormente a rivedere le convenzioni giuspatronali rimaste vigenti; le normative in materia furono poi completamente espunte dal codice di diritto canonico nella riedizione del [[1983]].
Gli antichi diritti di patronato popolare sopravvissero soltanto nelle aree periferiche.
==Giuspatronato popolare==
▲In genere lo
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== Voci correlate ==
* [[Beneficio ecclesiastico]]
* [[
== Collegamenti esterni ==
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[[Categoria:Diritto ecclesiastico]]
[[Categoria:Storia della Chiesa cattolica]]
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