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'''Teramene''', figlio di [[Agnone (politico)|Agnone]] del [[Stiria (demo)|demo di Stiria]] (in [[greco antico]]: {{Lang-grc|Θηραμένης, |Thēraménēs}}, da θήρα, "caccia" e μένος, "forza vitale"; [[Coo]], [[450 a.C.]] circa – Atene, [[404 a.C.]]), è stato un [[politico]], [[oratore]] e [[militare]] [[Atene (città antica)|ateniese]].
 
Nato nell'isola di [[Coo]] da [[Agnone (politico)|Agnone]] ma cittadino [[Atene|ateniese]], '''Teramene''' fu uno dei fautori del [[colpo di Stato]] oligarchico [[Atene|ateniese]] del [[411 a.C.]], che portò al governo la [[Boulé dei Quattrocento]].
Successivamente si oppose a tale regime, sostituendolo con l'[[assemblea dei Cinquemila]] che, dopo aver eliminato i principali esponenti dei Quattrocento, nel 409 restaurò pienamente la democrazia.
 
Dopo aver ricoperto la carica di [[stratego]], fu [[trierarchia|trierarca]] durante la [[battaglia delle Arginuse]] del [[406 a.C.]], combattuta tra Atene e Sparta nelle fasi finali della [[guerra del Peloponneso]].
Nel conseguente [[Processo delle Arginuse|processo]], fu accusato assieme agli altri ufficiali di aver abbandonato i naufraghi al loro destino.
Teramene fu assolto a scapito degli strateghi suoi superiori che furono invece condannati a morte.
 
Dopo la sconfitta ateniese nella [[battaglia di Egospotami]] ([[405 a.C.]]), fu inviato a [[Sparta]] come ambasciatore per trattare la resa di Atene.
Tornato in patria, convinse l'assemblea ad accettare le condizioni degli Spartani, che implicavano la demolizione delle [[Lunghe Mura]].
 
Dopo la costituzione del regime oligarchico filo-spartano dei [[Trenta tiranni]], del quale fece parte, venne in contrasto con [[Crizia]], il capo dei Trenta, per il suo governo repressivo e sanguinario e fu da questi costretto al suicidio ([[404 a.C.]]).