Storia degli ebrei in Italia: differenze tra le versioni

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Gli ebrei d'altro lato furono aiutati da una vasta rete di solidarietà. La [[DELASEM]] poté proseguire la sua opera nella clandestinità forte del supporto decisivo di non ebrei (in primo luogo il vescovo di Genova Card. [[Pietro Boetto]]), che ne tennero in vita le centrali operative a [[Genova]] e [[Roma]].<ref>Sandro Antonimi, DELASEM: Storia della più grande organizzazione ebraica di soccorso durante la seconda guerra mondiale (De Ferrari: Genova, 2000).</ref> Privati cittadini, ma anche istituti religiosi, orfanotrofi, parrocchie aprirono le loro porte ai fuggitivi. La geografia dei luoghi di rifugio offre una mappa impressionante delle dimensioni del fenomeno, che interessò praticamente tutto il territorio italiano, da Milano, Torino, Firenze, Genova, fino a Roma. Tra gli episodi più significativi sono l'aiuto offerto su vasta scala dai conventi romani agli ebrei della capitale, il salvataggio dei ragazzi di [[Villa Emma (Nonantola)|Villa Emma]] a [[Nonantola]], che tra il 6 e il 17 ottobre 1943 furono portati in salvo in Svizzera, e la salvezza degli ebrei rifugiatisi ad Assisi sotto la protezione della [[Assisi Underground]] guidata da don [[Aldo Brunacci]] e dal vescovo [[Giuseppe Placido Nicolini]]. Questi e altri episodi sono stati oggetti di pubblicazioni, film e documentari. Sono oltre 500 gli italiani non-ebrei riconosciuti dall'Istituto [[Yad Vashem]] di [[Israele]] come [[Giusti tra le nazioni]] per il loro ruolo in aiuto degli ebrei; fra di essi vi sono vescovi, sacerdoti, suore, pastori protestanti e semplici cittadini.<ref>Il libro di Israel Gutman, Liliana Picciotto, e Bracha Rivlin, ''I Giusti d'Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei. 1943-1945, Mondadori, ISBN 88-04-55127-5), basato sui documenti ufficiali di [[Yad Vashem]], offre un racconto, individuo per individuo, della storia di ciascuno dei [[giusti tra le nazioni]] italiani.''</ref> Si stima che circa 7.500 ebrei italiani furono vittime dell'[[Olocausto]] (su 58.412 cittadini italiani di "razza ebraica o parzialmente ebraica" censiti nel 1938); il 13% degli ebrei italiani non sopravvisse alla guerra.<ref>Liliana Picciotto Fargion, ''Il libro della memoria : gli ebrei deportati dall'Italia, 1943-1945''. Milano: Mursia, 2011.</ref>
 
Nell'immediato dopoguerra, l'Italia anche per la sua posizione geografica diverra' uno dei terminali più importanti dell'emigrazione che spinge migliaia di ebrei sopravvissuti all'Olocausto dall'Europa centrale in Palestina, allora ancora sotto mandato inglese.<ref>A. Sereni, ''I clandestini del mare. L’emigrazione ebraica in Terra d’Israele dal 1945 al 1948'', Milano: Mursia, 1973.</ref> In Italia sorgono numerosi campi di transito per i rifugiati ebrei, tra i quali i più importanti sono quelli di ScietopoliSciesopoli nel bergamasco (dove trovano accoglienza i [[bambini di Selvino]], piccoli orfani dell'Olocausto) e il [[Campo profughi ebrei di Santa Maria al Bagno]] in Puglia.
 
Alcune delle persone coinvolte negli eccidi fu condannata nel dopoguerra. Il generale Kurt Malzer, il comandante nazista a Roma che ordinò l'[[eccidio delle Fosse Ardeatine]], morì in prigione nel [[1952]]. L'austriaco Ludwig Koch, capo della [[Gestapo]] e della polizia neofascistafascista italiana di Roma, fu condannato a 3 anni di carcere dopo la guerra.<ref>[http://www.holocaustresearchproject.org/nazioccupation/italianjews.html "The destruction of the Jews of Italy"], H.E.A.R.T 2008.</ref>
 
=== Il dopoguerra ===