Giovanni Boccaccio: differenze tra le versioni

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[[File:Robert Anjou scribes.jpg|miniatura|[[Cristoforo Orimina]], ''Re Roberto d'Anjou circondato dai suoi scrivani'', [[miniatura]] del XIV secolo.]]
 
Boccaccino desiderava che il figlio si avviasse alla professione di mercante, secondo la tradizione di famiglia. Dopo avergli fatto fare un breve tirocinio a Firenze, nel [[1327]] Boccaccino decise di portare con sé il giovane figlio a [[Napoli]]<ref name=":1" />, città dove egli svolgeva il ruolo di [[agente di cambio]] per la [[Bardi (famiglia)|famiglia dei Bardi]]<ref>{{Cita|Branca 1977|pp. 12-13}}.</ref>. Boccaccio arrivascopamica quindi, quattordicenne, in una realtà totalmente diversa da quella di Firenze: se Firenze era una città comunale fortemente provinciale, Napoli era invece sede di una corte regale e cosmopolita, quella degli Angiò. Il re [[Roberto d'Angiò]] (1277-1343) era un re estremamente colto e pio, un appassionato della cultura tanto da avere una notevole biblioteca<ref>{{Cita|Caggese}}: {{Citazione|Il re non fu, certo, un uomo di genio né, come parve al Petrarca, un sapiente, ma entro i limiti che gli furono consentiti protesse letterati, giuristi, poeti, bibliografi, raccolse una biblioteca per i suoi tempi preziosa e fu egli stesso curioso di molte curiosità.}}</ref>, gestita dall'erudito [[Paolo da Perugia]].
 
Il padre Boccaccino vide ben presto, con suo grande disappunto, che quel suo figliolo non si trovava a suo agio negli uffici dei cambiavalute e di come preferisse dedicarsi agli studi letterari<ref name=":1" />. Pertanto, dopo aver cercato di distoglierlo da questi interessi del tutto estranei alla mercatura, Boccaccino iscrisse il figlio a giurisprudenza all'[[Università degli Studi di Napoli Federico II|Università di Napoli]]. Boccaccio vi seguì per due anni ([[1330]]-[[1331|31]]) le lezioni del poeta e giurista [[Cino da Pistoia]] ma, anziché studiare con lui il [[diritto canonico]], preferì accostarsi alle lezioni poetiche che il pistoiese impartiva al di fuori dell'ambiente accademico<ref name=":1" />. Grazie a Cino, infatti, Boccaccio approfondì la grande tradizione [[Dolce stil novo|stilnovistica]] in [[lingua volgare]] di cui Cino da Pistoia, che aveva intrattenuto amichevoli rapporti con l'amato Dante<ref>Sui rapporti tra Dante e Cino da Pistoia, si veda: {{Cita|Marti}}</ref>, era uno degli ultimi esponenti.