Monte Stino: differenze tra le versioni

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La vetta del monte Stino, vera rocca forte naturale, si staglia dominante il lago d'Idro a ovest e la [[Val Vestino]] a est, e l'intento dello stato maggiore del [[Regio esercito italiano]] era quello di controllare e respingere eventuali movimenti o attacchi degli imperiali provenienti dal versante nord della Valle di Piombino e dalla zona di Mandoàla volti a penetrare nella Valle Sabbia. La parte del monte appartenente all'austriaca Val Vestino fu prontamente occupata a maggio nei primi giorni di guerra. Scriveva al riguardo Duilio Faustinelli, classe 1893, ardito: "Poi trapassiamo il Lago d'Idro con dei barconi e saliamo in Val di Vestino, alta montagna, cioè Capovalle, Moerna .. in alto c'era una malga per la stagione estiva proprio per i malghesi, allora l'ho requisita con stalle e baita, proprio per dormirci dentro sulla paglia. Io e altri due miei amici ci mettiamo nel casarolo, che sembrava una vera camerina".
 
Furono costruite piazzole per cannoni di piccolo calibro da 75 mm. complete di riservette per le munizioni e realizzate seguendo i più moderni cannoni di fortificazione tendenti a realizzare opere incavernate il più possibile, rivelatesi le uniche resistenti ai calibri del nemico. Furono predisposte piazzole in barbetta per ospitare altri pezzi all'aperto compresi i cannoni da fortezza di grosso calibro 149A mm. e il 16° Reggimento di artiglieria di stanza a Brescia venne prontamente impiegato in zona del lago di Idro e del Garda. Tutta la zona fu collegata con una strada militare che da Idro saliva al passo della Fobbia-monte Manos e sul monte Stino e da qui proseguiva per Moerna e Bocca Cocca. I centri di difesa minori erano uniti da mulattiere militari da monte Stino alla sponda del Lago d'Idro e da Bocca Cocca alla Bocca di Cablone oppure a Bondone ampliando il famoso sentiero della Calva<ref>"La Grande Guerra in Lombardia", museo della guerra bianca-Temù, forte Montecchio nord-Colico, centro di documentazione e studio.</ref>.
 
Il nome del Monte fu pure menzionato dal poeta [[Gabriele D'Annunzio]] nel manifesto lanciato in volo su [[Trento]] il 20 settembre del [[1915]]: ''"...Oggi il tricolore sventola in tutte le città sorelle, in cima a tutte le torri e a tutte le virtù. Più si vede e fiammeggia il rosso, riacceso con la passione e con le vene degli eroi novelli. Branche ignobili, violando le nostre case hanno profanato il segno, l'hanno strappato, arso e nascosto? Ebbene, oggi non vi è frode, né violenze di birro imperiale che possa spegnere la luce del tricolore nel nostro cielo. Esso è invincibile. Questi messaggi, chiusi nel drappo della nostra bandiera e muniti di lunghe fiamme vibranti, sono in memoria di quei ventuno volontari presi a Santa Massenza dalla soldataglia austriaca e fucilati nella fossa del Castello il 16 di aprile 1848. Ne cada uno nel cimitero, sopra il loro sepolcro che siamo alfine per vendicare! Bisogna che i precursori si scuotano e risuscitino, per rendere più luminosa la via ai liberatori. E i morti risuscitano. Erano là, fin dal primo giorno di guerra, a Ponte Caffaro, alla gola di Ampola, a Storo, a Lodrone, a Tiarno, a Ledro, a Condino, a Bezzecca, in tutti i luoghi dove rosseggiarono le camicie e le prodezza garibaldine. E i Corpi Franchi in Val di Sole e i Legionari di Monte Stino, tutti i nostri messaggeri disperati aspettavano la gioventù d'Italia risanguinando"'', ancora "...E i Legionarrii al Monte Stino, tutti i vostri messaggeri disperati, aspettavano la gioventù d'Italia rinsanguinando.."<ref>[[Gabriele D'Annunzio]], ''Prose di ricerca'', a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti, ed. da A. Mondadori, [[2005]].</ref>.