Dialetto tergestino: differenze tra le versioni

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L'anno successivo vede la pubblicazione dell'importante testo di geografia linguistica "Alle porte orientali d'Italia" di Matteo Bartoli e Giuseppe Vidossi, che analizza in modo approfondito la situazione dialettale e linguistica di Venezia Giulia, Friuli e Istria e ipotizza, in una fase antica, l'estensione dell'area friulana fino a Capodistria<ref>"le varietà di tipo friulano sono documentate ampiamente per Trieste e Muggia. Meno evidentemente per la vicina Capodistria" {{cita libro | autore1= M.Bartoli |autore2= G.Vidossi |titolo= Alle porte orientali d'Italia, dialetti e lingue della Venezia Giulia, Friuli e Istria, e stratificazioni linguistiche in Istria, con un'appendice di testi dialettali. |editore=Gheroni |città=Torino |anno=1945 |pp=63}}</ref>.
 
Gli anni '60 segneranno un'ulteriore crescita dell'interesse verso questa parlata, che attrae l'attenzione di tre linguisti di rango come [[Giovan Battista Pellegrini]], [[Mario Doria]] e [[Carlo Battisti]]. Pellegrini rivolge la propria attenzione principalmente all'analisi di alcuni tratti morfologici e grammaticali peculiari (ad esempio il –to enclitico nella seconda persona dei verbi), mentre Mario Doria si dedica ada una sistematizzazione delle conoscenze della toponomastica dell'area triestina, evidenziando in un approfondito saggio uscito nel 1960 su "Ce fastu" come circa il 60% dei toponimi sia da ricondurre al tergestino<ref>{{cita pubblicazione | autore=Mario Doria |titolo= Ai margini orientali della friulanità. Caratteristiche della toponomastica triestina |rivista= Ce Fastu?|editore =Società filologica friulana |volume= 36 | anno= 1960 | pp=10-38}}</ref>.
 
Originale la posizione di [[Carlo Battisti]], noto per aver sostenuto l'evoluzione indipendente delle lingue ladine in opposizione alla teoria unitaria dell'Ascoli, che in alcuni scritti usciti tra il 1963 e il 1964<ref>{{cita pubblicazione |autore=Carlo Battisti |titolo=Per la storia linguistica di Trieste |rivista=Atti del 41º congresso della Società Filologica Friulana |editore =Società filologica friulana |volume=unico | anno= 1964 |pp=105-108}}</ref> afferma che tergestino e muglisano, malgrado le somiglianze col friulano, costituiscono uno sviluppo autoctono di un “latino altomedievale” e vanno eventualmente collegati con le forme romanze preveneziane diffuse lungo la costa istriana. La principale motivazione addotta da Battisti è la precoce interruzione della continuità linguistica tra il Friuli e l'area triestina, dovuta al formarsi di un cuneo veneto-sloveno sul Carso. Mario Doria interverrà sull'argomento nel 1969 con uno studio sulla toponomastica del Carso<ref>{{cita pubblicazione |autore=Mario Doria |titolo= Alla ricerca di tracce di friulanità nella toponomastica del Carso Triestino |rivista= Studi Linguistici Friulani | anno= 1969 |pp=223-256}}</ref>, in cui dimostra che in realtà tergestino e muglisano si saldavano con il friulano della zona monfalconese attraverso la fascia più occidentale dell'altipiano carsico.
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Per quanto riguarda la morfologia nominale si può notare che il tratto più caratteristico del friulano, la terminazione in –s del plurale (plurale sigmatico), si conserva solo al femminile (terminazione in –is) mentre scompare quasi completamente nel maschile (con l'eccezione dei nomi che terminano in –n per cui sono attestate nei frammenti più antichi diverse forme –ns). In generale il plurale maschile è privo di desinenza con alcuni casi di terminazione in –i (non necessariamente per influsso veneto, come per esempio in ''anemai''=animali o ''chei''=quelli, dove anche il friulano ha un –i finale derivato da una palatalizzazione). In generale il numero può essere desunto solo dall'articolo o, in mancanza di questo, dal contesto.
 
Nell'ambito della morfologia verbale troviamo diversi fenomeni interessanti, ad esempio la terminazione consonantica della prima persona singolare dell'indicativo: è noto che in friulano la caduta della –o finale ha portato ada una prima fase di terminazione consonantica a cui è seguita, verso il XV secolo, l'aggiunta di una –i finale. Nel Tergestino questo secondo passaggio non è avvenuto e si trova sistematicamente la finale consonantica (''stim''=stimo, friulano ''stimi''; ''impar''=imparo; friulano ''impari'') e ciò potrebbe far pensare ada una separazione piuttosto antica del tergestino dall'unità linguistica friulana.
Un altro tratto caratteristico è la aggiunta del –to finale (enclisi) nella seconda persona singolare dell'indicativo presente e futuro (''disto bem''=dici bene, ''savarasto''=saprai). Questo fenomeno non è legato, come accade in friulano, all'inversione della forma interrogativa (''ce fastu?'') che in Tergestino non ha un'attestazione regolare.
 
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=== Paràbula del fi prodigh (G. Mainati, 1841) ===
 
Pubblicato per la prima volta da Carlo Salvioni<ref>Carlo inSalvioni, “Nuovi''Nuovi documenti per le parlate muglisana e tergestina”tergestina'' - Rendiconti Istituto Lombardo di scienza e letteratura, Serie II, vol. XLI, Milano, U. Hoepli, 1908, p.&nbsp;573. U.Hoepli Milano</ref>. La datazione è di Salvioni (Mainati morì nel 1842).
 
Nota dell'autore:
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'''Nota di Cavalli nelle Reliquie Ladine (1893)'''
 
In una nota a pag, 198 delle "Reliquie ladine"<ref>{{cita pubblicazione | autore= J. Cavalli |titolo= Reliquie ladine raccolte a Muggia d’Istria con un’appendice sul dialetto tergestino |rivista= Archeografo Triestino, estratto dall’Archivio Glottologico Italiano vol. XII 1893 con aggiunta | volume= XIX| anno= 1893 | pp=198 }}</ref> Jacopo Cavalli riporta una terza reminiscenza infantile dell'Ascoli: ''lustrissen de chilò'' (illustrissimo di qui), per indicare "un aristocratico puro sangue, ma più o meno spennacchiato".
 
=== Pietro Tomasin ===
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A sentire questo miscuglio linguistico il pretendente scappa a gambe levate.
 
La storiella ha l'evidente intento di prendere in giro un vecchio modo di parlare ormai inconsueto e percepito come grezzo e scorretto. L'aneddoto calca volutamente la mano sulla stranezza del linguaggio mescolando elementi di varia provenienza (ad esempio la desinenza in –ene dei verbi o l'assenza dell'articolo determinativo nella seconda frase che richiamano evidentemente lo sloveno), ma è riconoscibile l'impronta del tergestino in almeno tre elementi: il verbo ''clocene'' (da ''clocià'' = scoppiettare, ribollire) , il sostantivo ''caciul'' (mestolo) e la forma verbale ''me mariderai'' (mi sposerò). A queste tre parole si aggiunge ''mlecene'' che rappresenta un ibrido fra un possibile tergestino ''misclizà'' (mescolare) e lo sloveno ''mleko'' (latte).
 
== Note ==