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Dietro il fronte la popolazione civile continuava a soffrire. Oltre alle numerose vittime causate dal fuoco di entrambi gli schieramenti, molti furono i morti per [[malaria]], propagatasi dopo l'inondazione della vallata del Rapido e grazie anche ai crescente numero di cadaveri: gli italiani non disponevano di alcuna profilassi e, anche dopo la fine della battaglia, il morbo mieté altre vittime.<ref>{{cita|Parker|pp. 294-295}}.</ref>. Nel frattempo, nelle retrovie, avevano cominciato a circolare le prime accuse mosse ai nordafricani francesi, in particolare verso i ''[[goumier]]'' (le truppe da montagna marocchine irregolari, utilizzate sempre più massicciamente dal generale Juin) di commettere di continuo [[Marocchinate|stupri e saccheggi su vasta scala]]. Juin ricevette numerose proteste sul comportamento dei suoi uomini e persino [[Papa Pio XII]] intervenne tanto che, nei giorni della liberazione di Roma, alle truppe alleate «di colore» fu impedito di partecipare<ref>{{cita|Parker|p. 295}}.</ref>. Il sottotenente [[Norman Lewis]], ufficiale addetto alla raccolta informazioni della 5ª Armata, riferì in effetti di numerose brutalità e stupri anche fino ad [[Afragola]], perpetrati pare da nordafricani insubordinati.<ref>{{cita|Lewis|p. 171}}.</ref>. Peraltro tali racconti, voci e dichiarazioni furono risultato di una mediazione culturale, sociale e politica, frammista a credenze popolari, superstizioni e distorsioni della realtà<ref>{{cita|Ponzani|p. 228}}.</ref>. Una testimone raccontò di «soldati scuri di pelle che indossavano gonnellini come divisa» e, molto spesso, nelle memorie delle donne abusate, si tese a confondere soldati di diverse nazionalità come indiani e mongoli, definiti indistintamente tutti «marocchini»<ref>{{cita|Ponzani|p. 229}}.</ref>. Paradossale fu la contemporanea percezione dell'occupante tedesco, causa di stenti e privazioni che, a posteriori, furono giustificate quali effetti collaterali di irrinunciabili esigenze militari – motivazione di più immediata comprensibilità tra le popolazioni rurali, confuse dalla violenza immotivata degli Alleati<ref>{{cita|Ponzani|p. 233}}.</ref>. Le accuse assunsero nei mesi successivi una certa consistenza, al punto da dover essere gestite con particolare cautela: il corrispondente Leonard Marsland Gander del ''[[The Daily Telegraph]]'' osservò che «I ''goumiers'' sono diventati una leggenda, oggetto di aneddoti di cattivo gusto [...] non c'è resoconto dei loro stupri o di altre malefatte che non sia troppo strampalato per essere riferito come vero»<ref>Leonard Marsland Gander, citato in Jean Christophe Notin ''La Campagne d'Italie'', Librarie Académique Perrin, 2002, p. 500. Vedi: {{cita|Parker|p. 296}}.</ref>.
 
Napoli era intanto divenuta l'ideale contraltare ai pericoli e alla bruttura del fronte. I ristoranti sul lungomare erano aperti, il [[Teatro di San Carlo]] rimasto indenne offriva spettacoli e si potevano fare gite fino all'[[Isola di Capri]]<ref>{{cita|Parker|p. 243}}.</ref>; inoltre pullulavano i bordelli, meta assai frequentata che, tuttavia, era sorgente di malattie veneree. Si dovette promuovere una rete di "stazioni di profilassi" che, a stento, contenne nel marzo 1944 un'epidemia di [[gonorrea]]<ref>{{cita|Parker|p. 245}}.</ref>. Dalla fine del 1943 si era riaffacciato il [[tifo esantematico]], debellato nell'inverno-primavera 1944 mediante l'impiego su vasta scala del [[DDT (insetticida)|DDT]]<ref>{{cita|Porzio|p. 44}}.</ref>. Le condizioni della popolazione, comunque, rimasero misere: comuni erano povertà, prostituzione e criminalità sfacciata<ref>{{cita|Parker|p. 241}}.</ref>, conseguenza di indigenza e distruzioni portate dalla guerra. L'amministrazione militare alleata si trovò costretta a garantire ai civili l'indispensabile per la sopravvivenza e il mantenimento della sicurezza pubblica, nonché a dedicarsi al ripristino del porto, dell'impianto idro-elettricoidroelettrico e della rete ferroviaria (infrastrutture utili anche alla campagna in corso). Questi sforzi non impedirono tuttavia l'affermarsi di un fiorente mercato nero e di lucrosi traffici di forniture rubate agli Alleati; un bollettino dello ''Psychological Warfare Bureau'' dell'aprile 1944 riportò che componevano il 65% del reddito procapite napoletano<ref>{{cita|Porzio|pp. 43, 45}}.</ref><ref>{{cita|Lewis|p. 143}}.</ref>.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-310-0884-16, Italien, Panzer V (Panther) in Stadt.jpg|miniatura|Roma, febbraio 1944. Un carro armato tedesco [[Panzer V Panther]] tra via Emanuele Filiberto e viale Alessandro Manzoni.]]