Papa Gregorio VII: differenze tra le versioni

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Leone IX morì nel 1054 e una delegazione romana a cui appartenne anche Ildebrando si recò alla corte imperiale tedesca per condurre i negoziati per la successione riuscendo, stante il ''[[Privilegium Othonis]]'', a convincere [[Enrico III del Sacro Romano Impero]] a scegliere Gebhard dei Conti di Calw, poi conosciuto come [[papa Vittore II]] come successore. In questo modo il partito riformatore rimase quindi al potere nella Santa Sede, sebbene il papa continuasse ad essere nominato dall'imperatore. A seguito della morte di Enrico, venne eletto imperatore il giovane figlio di 6 anni con il nome di [[Enrico IV di Franconia]] imponendo, tuttavia la reggenza di [[Agnese di Poitou]] vedova del defunto.<ref>{{cita|Rapp, 2000|p. 134}}.</ref> Nonostante che quest'ultima fosse vicina al movimento cluniacense, la sua debolezza causò delle difficoltà alla causa riformista dovendo ella subire l'influenza dei nobili che la costrinsero a nominare come prelati persone da loro indicate.<ref>{{cita|D'Acunto, 2020|pp. 79-80}}.</ref>
 
Morto Vittore II, nel 1057 venne eletto papa [[Papa Stefano IX|Federico dei duchi di Lorena]] (Stefano IX) senza previa consultazione della corte imperiale tedesca. Ildebrando e il [[Arcidiocesi di Lucca|vescovo di Lucca]] [[Papa Alessandro II|Anselmo]] vennero inviati in Germania per assicurargli un, seppur tardivo, riconoscimentriconoscimento. Il pontificato di Stefano IX fu comunque breve: morì prima del ritorno di Ildebrando e, con la frettolosa elezione di [[Antipapa Benedetto X|Giovanni Mincio]] ([[antipapa]] Benedetto X), vescovo di [[sede suburbicaria di Velletri-Segni|Velletri]], l'aristocrazia romana fece un ultimo tentativo per recuperare l'influenza perduta. Il superamento della crisi fu essenzialmente opera di Ildebrando che riuscì ad ottenere il sostegno da parte del potente nobile [[Goffredo il Barbuto]] che permise l'entrata a Roma di un papa legittimamente eletto nella persona di [[Gerardo di Borgogna]], [[Arcidiocesi di Firenze|vescovo di Firenze]], con il nome di [[papa Niccolò II]]. All'influenza di Ildebrando si devono attribuire anche due importanti indirizzi politici, che caratterizzarono il pontificato di Niccolò II e guidarono l'operato della Santa Sede nel corso dei decenni successivi: il riavvicinamento con i [[Normanni]] nell'Italia meridionale, e l'alleanza con il movimento pauperistico, e di conseguenza anti-germanico, dei [[Patarini]] nell'Italia settentrionale.<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|p. 164}}.</ref>
 
[[File:155-Nicholas II.jpg|miniatura|sinistra|verticale|[[Papa Niccolò II]], sotto di lui venne promulgata la [[bolla pontificia|bolla]] ''[[In nomine Domini]]'' con cui si stabilì che l'elezione del papa fosse esclusiva del [[collegio cardinalizio]]]]
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Il papa era nel frattempo già partito da Roma e l'8 gennaio 1077 giunse a [[Mantova]], nei possedimenti della contessa [[Matilde di Canossa|Matilde]]. Da qui la contessa lo avrebbe dovuto accompagnare fino alle [[Chiusa di Ceraino|Chiuse di Verona]], dove avrebbe trovato la scorta dei principi tedeschi sino ad Augusta, ma il gelo di quell'anno rallentò il suo viaggio. Gregorio apprese che Enrico era in marcia per incontrarlo e che era stato accolto con entusiasmo dai lombardi, che gli fornirono anche una scorta armata. Il papa, invece privo di protezione armata, non si sentiva al sicuro in Lombardia e quindi decise di arretrare e tornare sui suoi passi fermandosi a [[Canossa]], nel Reggiano, ospite di Matilde.<ref name=Blumenthal171>{{cita|Blumenthal, 1990|p. 171}}.</ref><ref name=Cantarella=167-168>{{cita|Cantarella, 2005|pp. 167-168}}.</ref>
 
Grazie all'intercessione della contessa e del padrino di Enrico [[Ugo di Cluny]], Gregorio accettò di incontrare l'imperatore il 25 gennaio 1077, festa della conversione di [[San Paolo]]. Le cronache raccontano che Enrico fosse comparso davanti al castello in abito da penitente e dopo tre giorni Gregorio gli revocò la scomunica, solamente cinque giorni prima del termine fissato dai principi oppositori. L'immagine di Enrico che si reca a Canossa in atteggiamento di umile penitenza si basa essenzialmente su una fonte principale, [[Lamberto di Hersfeld]], un forte sostenitore del papa e un membro della nobiltà dell'opposizione. La penitenza fu, in ogni caso, un atto formale, compiuto da Enrico, e che il papa molto probabilmente non poteva rifiutare; appare oggi come un'abile manovra diplomatica, che fornì all'imperatore libertà d'azione limitando allo stesso tempo quella del papa. Tuttavia, è certo che, a lungo termine, questo evento infierì un duro colpo alla posizione dell'Impero tedesco.<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|pp. 172-173}}.</ref><ref name=Cantarella=167-168/>
L'immagine di Enrico che si reca a Canossa in atteggiamento di umile penitenza si basa essenzialmente su una fonte principale, [[Lamberto di Hersfeld]], un forte sostenitore del papa e un membro della nobiltà dell'opposizione. La penitenza fu, in ogni caso, un atto formale, compiuto da Enrico, e che il papa molto probabilmente non poteva rifiutare; appare oggi come un'abile manovra diplomatica, che fornì all'imperatore libertà d'azione limitando allo stesso tempo quella del papa. Tuttavia, è certo che, a lungo termine, questo evento infierì un duro colpo alla posizione dell'Impero tedesco.<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|pp. 172-173}}.</ref><ref name=Cantarella=167-168/>
 
[[File:Canossa-three.jpg|miniatura|Enrico IV in penitenza di fronte a Gregorio VII a Canossa, in presenza di Matilde, in un dipinto di Carlo Emanuelle.]]