Fra Diavolo: differenze tra le versioni
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Ricevette la prima istruzione in parrocchia, ma non si rivelò adatto agli studi. Durante una lezione, il canonico Nicola De Fabritiis, suo insegnante, davanti alla sua poca voglia di studiare e alla sua pigrizia, lo apostrofò con la frase: "Tu non sei Fra Michele Arcangelo; tu, tu sei Fra Diavolo!"<ref>{{cita|Bargellini 1932|p. 37}}</ref>. Una volta cresciuto, Michele aiutava il padre nel lavoro nei campi, ma questi, vedendolo interessato più ai cavalli che alle olive, lo mandò a lavorare presso la bottega di un amico bastaio, Eleuterio Agresti, il [[sellaio]] del paese. Rimase per alcuni anni nella sua bottega.
Un giorno, durante un'accesa discussione, Eleuterio mise le mani addosso al ragazzo, il quale per tutta risposta uccise il mastro sellaio con un grosso ago usato per imbastire le selle, poi ne assassinò il fratello, Francesco Agresti (detto "Faccia d'Argento"), che gli aveva giurato vendetta. Iniziò quindi un periodo di vagabondaggio sui [[monti Aurunci]], dove si mise al servizio del barone Felice di [[Roccaguglielma]], nel feudo di [[Campello (Itri)|Campello]]. Successivamente si trasferì a [[Sonnino]], nello [[Stato Pontificio]], appoggiandosi a una famiglia
=== Un anno nell'esercito borbonico (1798) ===
[[file:Mengs - Ferdinand IV of Naples, Royal Palace of Madrid.jpg|miniatura|''Ritratto di Ferdinando I di Borbone'' di [[Anton Raphael Mengs]] ([[1772]]).]]
{{main|Campagna d'Italia (1796-1797)}}
Nel [[1796]] il [[Regno di Napoli]] inviò quattro battaglioni del suo esercito a combattere in [[Lombardia]], al fianco degli alleati austriaci, contro l'esercito di [[Napoleone Bonaparte]], che in quell'anno aveva invaso l'Italia del nord. La [[Terra di Lavoro]] diventò un crocevia di truppe e la famiglia di Michele pensò di trarre vantaggio dalla situazione. Nel [[1797]] presentò domanda affinché la pena per il duplice omicidio fosse commutata in servizio militare. La domanda fu accolta e Michele fu arruolato in uno dei reggimenti del [[Regno di Sicilia]]. Il comando di polizia stabilì che il servizio militare sarebbe durato tredici anni. Ai primi del [[1798]], dunque, Michele partì soldato in un corpo di fucilieri della fanteria borbonica. Fedelissimo suddito del Regno di Napoli, disprezzava il denaro ed era attaccato profondamente [[Diritto divino dei re|al trono ed alla religione]].
In novembre, dopo molti mesi d'inazione, il re di Napoli diede l'ordine di attaccare [[Roma]]. L'esercito, di cui faceva parte anche Michele, conquistò la capitale il 27 novembre e, due giorni dopo, il sovrano fece il suo ingresso trionfale in città. Michele vide per la prima volta in vita sua quali fossero i vantaggi del conquistare una città: appropriazioni indebite e soprusi che rimanevano impuniti. In breve tempo l'esercito napoletano, guidato dall'austriaco [[Karl Mack von Leiberich
Non passò molto tempo prima che i francesi del generale [[Jean Étienne
=== Da brigante a capomassa (1798-99) ===
Le armate francesi avrebbero senz'altro dovuto percorrere la [[via Appia]] nella loro marcia verso Napoli e Itri si trovava sulla rotta. Michele pensò che attaccare i francesi sarebbe stato facile per lui, che conosceva a menadito la zona: avrebbe inferto molti danni alle forze nemiche. La sua "zona d'azione" fu la [[via Appia Antica]], più precisamente le zone che attraversano le montagne comprese fra la pianura di [[Fondi]] e la strada verso [[Formia]] ([[Monti Ausoni]] e
Sarà proprio questo fortino a diventare la prima roccaforte della massa, il luogo da cui far partire le scorrerie contro i soldati francesi e contro le carrozze di passaggio. La colonna dell'esercito francese entrò nel territorio di Itri a metà dicembre. Nei giorni successivi si verificarono gli scontri con la banda di Fra Diavolo. Gli attacchi furono inaspettati e provocarono un arresto della marcia, tanto che i francesi chiamarono rinforzi. Il 29 dicembre, tre battaglioni [[Polonia|polacchi]] occuparono il fortino, poi entrarono a Itri. Il paese fu saccheggiato e molti abitanti furono passati per le armi: tra questi, anche il padre di Fra Diavolo. Michele, mentre guardava per l'ultima volta il padre, giurò vendetta. Nascostosi sulle montagne, tornò di notte per dare al padre sepoltura in chiesa.
Tornò sui monti, raccolse 600 uomini ed elaborò un nuovo piano. Vicino a Itri, a [[Gaeta]], si trovava la fortezza più potente del regno. Fra Diavolo pensò di farne la sua base, per coprirsi le spalle prima e dopo gli attacchi. Ma, quando giunse alla fortezza, il 31 dicembre, scoprì che il comandante, il colonnello svizzero Tschudy si era arreso ai francesi. Fra Diavolo si sentì tradito dalla viltà dei generali stranieri al soldo del Regno. Riorganizzò le sue truppe e, visto che l'esercito francese aveva già attraversato il [[Garigliano]], decise di sollevargli contro tutta la Terra di Lavoro. Passò uno per uno in tutti i paesi, reclutò uomini e raccolse denari, ma dodici giorni dopo venne a sapere del trattato di [[Sparanise]]. Anche il generale
=== Da capomassa a capitano di fanteria (1799-1800) ===
[[File:Michele Pezza using guerrilla warfare against the French in Italy.jpg|miniatura|Fra Diavolo - ill. di Paolo Giudici, in ''Storia d'Italia'' ([[1929]]-[[1932|32]]) ed. Nerbini.]]
A Fra Diavolo non rimase che ritornare a Itri, partecipando nei mesi successivi a tutti i tentativi di rivolta antifrancese. In seguito, si posizionò con la sua banda lungo la via Appia, ad ovest di Itri, e intercettò tutti i corrieri che la percorrevano; così le comunicazioni tra Roma e Napoli furono azzerate. Oltre a ottenere il controllo assoluto delle vie di comunicazione, Fra Diavolo dominò il territorio da
Nel [[1799]] si formò una [[Seconda coalizione]] contro Napoleone e Fra Diavolo si presentò agli inglesi, nella loro base nell'isola di [[Procida]], come soldato del Regno di Napoli, chiedendo e ottenendo due cannoni e una barca. Fissò la sua base a [[Maranola]], vicino al [[golfo di Gaeta]], e continuò la sua attività di taglieggiamento delle comunicazioni. La sua azione fu così efficace che gli inglesi pronunciarono su di lui parole di elogio,<ref>{{Cita|Sacchinelli 1836|pag. 186}}</ref> che giunsero fino a
In maggio, quando la Seconda coalizione decise di muovere l'assedio alla fortezza di Gaeta, Fra Diavolo fu scelto come comandante delle operazioni. La sua massa, oltre mille uomini, fu riconosciuta come parte dell'esercito regolare. Re Ferdinando lo nominò [[capitano]], mentre la regina consorte [[Maria Carolina d'Austria]], per mostrargli la propria ammirazione, gli donò una spilla di diamanti. Il 15 maggio Fra Diavolo passò in [[rivista (militare)|rivista]] la truppa e guidò l'assedio via terra, mentre la flotta inglese bloccò la fortezza per parte di mare. Alla fine di luglio, dopo tre mesi d'assedio, il generale francese Girardon avviò i colloqui per la resa, ma volle trattare solamente con gli inglesi, reputando Fra Diavolo niente più che un brigante. Il capitano, per tutta risposta, si preparò all'attacco della fortezza, ma un ordine del cardinale [[Fabrizio Ruffo]], Vicario generale del Regno, gli intimò di non muoversi<ref>Ruffo non si fidava delle truppe a massa, che ammirava per il coraggio, ma al tempo stesso aborriva per la rapacità e la ferocia. Quanto ai capimassa, come Fra Diavolo, avrebbe preferito che fossero stati affiancati da ufficiali regolari.</ref>. La resa fu firmata dal generale [[John
Nel frattempo, alla fine di giugno, Napoli era stata liberata e il re aveva fatto ritorno nella capitale. Subito vennero elaborati dei piani per conquistare Roma, che rimaneva in mano ai francesi. Fra Diavolo si recò nel capoluogo partenopeo per partecipare all'organizzazione della campagna militare. Nella capitale soggiornò nel palazzo
Il 20 agosto partì da Napoli con la sua truppa. Il 9 settembre giunse a [[Velletri]], poi si acquartierò ad [[Albano Laziale
Fra Diavolo subì una sorte peggiore. Ad Albano venne arrestato (fu preso mentre dormiva) e venne incarcerato a [[Castel Sant'Angelo]]. Il capomassa non attese l'inizio del processo: fuggì nella notte tra il 3 e il 4 dicembre. L'arresto era stato ordinato da Diego Naselli{{Chiarire|2 = Per quale motivo?}}, generale dell'esercito napoletano. Egli non sapeva però che il 24 ottobre, da Napoli, il sovrano aveva nominato Michele Pezza [[colonnello]] di fanteria. Dopo 200 km di fuga, Fra Diavolo giunse a [[Napoli]], dove ottenne di essere ricevuto dal re. Ferdinando IV credette al suo racconto e lo ricompensò, cancellando i debiti che la sua armata aveva contratto per le battaglie sostenute.
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=== Da colonnello a ricercato numero uno (1806) ===
[[file:Joseph-Bonaparte.jpg|miniatura|''Ritratto di re Giuseppe I Bonaparte'' di [[François Gérard]] ([[1808]] circa)]]
{{main|Campagna d'Italia (1805)}}
Nel [[1806]] Napoleone riportò una vittoria decisiva sulla [[Quarta coalizione]]
Fra Diavolo fu uno dei due soli comandanti militari che disobbedirono all'ordine: il secondo fu il generale principe [[Luigi d'Assia-Philippsthal]], comandante della fortezza di Gaeta. Fra Diavolo, che aveva sempre desiderato che la fortezza fosse la base delle sue operazioni, vi si recò senza indugio. Pochi giorni dopo, i francesi giunsero davanti alla fortezza e [[assedio di Gaeta (1806)|la cinsero d'assedio]]. Tentato con denaro dai francesi, rifiutò di tradire il suo re. Nelle settimane seguenti, Fra Diavolo si lanciò in spericolate operazioni di disturbo delle postazioni francesi. Poi li sfidò in campo aperto con pochi uomini. Rischiò di essere preso, insieme al fratello Nicola, a [[Sant'Oliva]], ma riuscì a riparare fortunosamente a [[Maranola]], poi a [[Scauri]] s'imbarcò per Gaeta.
Negli ultimi giorni di aprile, Fra Diavolo fu chiamato dal monarca a Palermo. L'inglese [[William
Fra Diavolo tentò un'impresa disperata: sollevare alle spalle dei francesi la Campania. Il 2 settembre sbarcò a [[Sperlonga]] e poi si diresse a Itri. Decise cosa fare in base al numero di uomini che sarebbe riuscito a raccogliere. In 500 risposero al suo appello, troppo pochi per affrontare i francesi in campo aperto. Sottrasse ai nemici due cannoni e si trincerò a [[Sora (Italia)|Sora]], al confine con l'[[Abruzzo]]. Sora fu attaccata da tre lati: le truppe francesi erano soverchianti. Dopo tre giorni, i due cannoni smisero di funzionare e Fra Diavolo si gettò allora nella [[Valle Roveto|valle del fiume Roveto]] (29 settembre). I francesi, presi di sorpresa, non ebbero il tempo di reagire. Si rifugiò sulle montagne di [[Miranda (Italia)|Miranda]] e divenne il ricercato numero uno del Regno di Napoli. Ridotta la massa a 300 uomini, Fra Diavolo si mosse di paese in paese, cercando inutilmente di sollevare la popolazione contro il nemico. Attraversò [[Esperia]], [[Pignataro Interamna|Pignataro]], Bauco (oggi [[Boville Ernica]]), [[Isernia]]. Intanto i francesi avevano bloccato tutti gli accessi alle valli. Fra Diavolo si era rintanato, ma non poteva uscire più dal suo nascondiglio. Fu posta sulla sua testa una taglia di {{formatnum:17000}} ducati e maestro di caccia fu nominato il colonnello [[Joseph Léopold Sigisbert Hugo]] (padre dello scrittore [[Victor Hugo]]). L'inseguimento durò quindici giorni, al termine del quale la massa di Fra Diavolo fu stretta nella valle di [[Boiano]]. Qui Fra Diavolo dovette accettare il combattimento che avvenne in ottobre. La battaglia durò sei ore, anche perché la pioggia che cadeva da giorni aveva reso inservibili i fucili. Si combatté all'arma bianca, l'attacco francese fu respinto (nella battaglia morirono 400 francesi e 40 insorti) e Fra Diavolo sfuggì alla cattura ancora una volta. Si diresse verso [[Benevento]] con 150 uomini, rifugiandosi nelle [[Localizzazione delle Forche Caudine|Forche caudine]], dove pensava di essere al sicuro. Invece Hugo lo trovò e lo affrontò. Questa volta il numero delle vittime fu a favore dei francesi e Fra Diavolo rimase con circa 50 uomini.
=== L'ultima battaglia e la morte ===
Giunto sulla spiaggia di [[Cava de' Tirreni]], Fra Diavolo passò l'ultima rivista dei suoi uomini, stabilendo che il gruppo si sarebbe separato e che ognuno avrebbe preso la sua strada. Vagò per giorni e giorni da un paese all'altro, finché il 1º novembre, esausto, fu riconosciuto dal titolare di una spezieria e catturato a [[Baronissi]]. Condotto a [[Salerno]] e identificato, il 3 novembre fu condotto in prigione a
== Letteratura, opera e cinema ==
[[Victor Hugo]] scrisse di lui: «''Fra Diavolo personificava quel personaggio tipico, che si incontra in tutti i paesi invasi dallo straniero, il brigante-[[patriota]], l'insorto legittimo in lotta contro l'invasore. Egli era in
La figura di Fra Diavolo compare inoltre nel romanzo di [[Alexandre Dumas (padre)|Alexandre Dumas]], ''[[La Sanfelice]]'', che tratta gli eventi che portarono alla costituzione della [[Repubblica Partenopea]].
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Con gli inizi del [[XX secolo]], anche il [[cinema]] si è interessato alla storia del bandito di [[Itri]]. Ecco un elenco dei film a lui dedicati:
* ''Fra Diavolo en la Alameda'' ([[1906]]), di [[Salvador Toscano]] ([[Messico]])
* ''Fra Diavolo'' ([[1912]]), di [[Alice Guy]] ([[Stati Uniti d'America|USA]])
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== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|url=http://www.fradiavoloitri.org|titolo=Sito ufficiale di Fra Diavolo|cid=Fradiavoloitri.org}}
* {{collegamenti esterni}}
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