Papa Silvestro II: differenze tra le versioni

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Prolifico studioso del [[X secolo]], entrato in contatto con la cultura araba, ne introdusse le conoscenze di [[aritmetica]] e [[astronomia]] in [[Europa]], dimostrando grande versatilità sia nelle [[Scienza applicata|scienze applicate]], sia in quelle [[Filosofia|teorico-filosofiche]]. Si fece conoscere da papi e imperatori per la sua cultura, insegnando a [[Reims]] e raggiungendo i più alti vertici ecclesiastici a Reims (il cui arcivescovado fu però contestato canonicamente), a Ravenna, e poi a Roma quale sommo pontefice.
 
Guida ed educatore del giovane imperatore [[Ottone III di Sassonia|Ottone III]], cercò insieme a lui di restaurare l'ordine politico e religioso nell'Europa del ''[[Saeculum obscurum]]'', idealizzando una ''[[Renovatio Imperii|renovatio imperii]]''. Il suo pontificato, per quanto breve, fu estremamente attivo dal punto di vista [[missionario]], nelle disposizioni canoniche relative alla morale religiosa, e nella difesa della [[cristianità]] in generale. Fu riabilitato da [[Cesare Baronio]] nei suoi ''[[Annales Ecclesiastici]]'', permettendo agli studiosi e al clero di scoprire l'alto valore intellettuale e politico di cui si fece portavoce papa Silvestro II.
 
== Biografia ==
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{{Citazione|L'erudizione del giovane non sfuggì al papa, e insieme la volontà di imparare. E poiché la musica e l'astronomia in Italia, allora, erano completamente sconosciute, subito il papa informò, tramite un inviato, il re di Germania e Italia Ottone che a Roma era giunto un giovane prodigioso, che conosceva eccellentemente la matematica, e che desiderava strenuamente insegnare i suoi [concetti]. E subito dopo, anche dal re fu consigliato al papa di trattenere il giovane, e di non offrirgli in alcun modo alcuna possibilità di ritornare [in Spagna] [...] E perciò il giovane, lasciato presso il papa, fu da quest'ultimo presentato al re.|3 = Nec latuit papam adolescentis industria, simulque et discendi voluntas. Et quia musica et astronomia in Italia tunc penitus ignorabantur, mox papa Ottoni regi Germaniae et Italiae per legatum indicavit, illuc hujusmodi advenisse juvinem, qui mathesim optime nosset, suosque strenue docere valeret. Mox etiam ab rege papae suggestum est, ut juvenem retineret, nullumque regrediendi aditum ei ullo modo praeberet [...] Juvenis igitur apud papam relictus, ab eo regi oblatus est.|lingua2 = It|lingua = La|{{Cita|Richerio|III, 44}} (= ''PL'' 138, 102)}}
[[File:Gerbert d'Aurillac ecolatre miniature.jpg|left|thumb|Gerberto d'Aurillac maestro degli ancora fanciulli [[Fulberto di Chartres|san Fulberto]] e [[Roberto II di Francia|Roberto il Pio]] a Reims, dal [[Codex Manesse|Codice Manesse]] del [[XIV secolo]]]]
 
=== La protezione di Ottone II e di Adalberone di Reims ===
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==== Abate di Bobbio ====
[[File:Gerberto Duomo di Bobbio.JPG|miniatura|L'affresco di Gerberto d'Aurillac nel [[Duomo di Bobbio]] con [[Sfera armillare|l'astrolabio sferico]] da lui perfezionato e il suo codice ''De geometria'']]
Dopo dieci anni di servizio a Reims, Gerberto fu nominato da Ottone II abate dei [[abbazia di San Colombano|monaci colombaniani di Bobbio]] e conte di quel distretto<ref name="lattin7" group=N>{{cita|Lattin|p. 7}}. I monaci di Bobbio, che inizialmente seguivano la [[Ordine di San Colombano|regola irlandese di san Colombano]], probabilmente adottarono la [[regola benedettina]] intorno all'VIII secolo; si veda {{cita libro|autore=Valeria Polonio|titolo=Il monastero di San Colombano di Bobbio dalla fondazione all'epoca carolingia|editore=Palatio archiepiscopali Ianuense|città=Genova|anno=1962|p=80}}</ref>; il prestigio culturale e morale dell'abbazia era all'epoca altissimo, e il suo ''[[Scriptorium di Bobbio|scriptorium]]'' uno scrigno di conoscenze<ref>L'elenco dei testi conservati nella biblioteca dell'abbazia nel X secolo è riportato in {{cita|Olleris|pp. 489-497}}.</ref>. Qui Gerberto poté consultare tra gli altri quello che oggi è noto come ''Codex Arcerianus'' (VI-VII secolo), contenente frammenti in latino di autori romani e greci e di cui si servì, insieme con il ''De arte arithmetica'' di [[Severino Boezio|Boezio]], per la stesura - tra il 981 e il 983 - del suo ''De geometria''<ref group=N>{{Cita|Heath|p. 366}}. Il greco era una lingua poco conosciuta nell'Europa occidentale del X-XI secolo, ma la conoscenza di questa lingua da parte di Gerberto sembra confermata dall'impiego di vari termini greci nel trattato geometrico ({{cita|Kitchin|p. 49}}). Di diverso avviso {{cita|Allen|p. 634}}.</ref>. I precedenti abati e vescovi [[In commendam|commendatari]] avevano perso di autorità nei confronti dei [[VassalloVassallaggio|vassalli]], che spesso non rispettavano gli impegni derivanti dalla locazione delle [[Feudo monastico di Bobbio|terre dell'abbazia]]; a questo si aggiunga che Pietro Petroaldo, l'abate che precedette Gerberto, riservava per sé una parte degli introiti dell'abbazia, sicché essa si trovava in gravi difficoltà economiche<ref>{{cita|Allen|pp. 637-638}}; su Petroaldo si veda in particolare la lettera 10 di Gerberto nella raccolta Lattin.</ref>. Al suo arrivo, Gerberto trovò inoltre un clero eccessivamente rilassato, che non si dedicava più alla coltivazione delle terre e non obbediva a Petroaldo: tentò allora, senza gran successo, di vincere le resistenze interne e ricostituirne l'autorità, contando soprattutto sull'appoggio di Ottone, ma per via dei suoi modi rigorosi e poco concilianti, finì per crearsi vari nemici, tra cui l'[[Adelaide di Borgogna (imperatrice)|imperatrice Adelaide]] e il [[diocesi di Pavia|vescovo di Pavia]] Pietro, il futuro [[papa Giovanni XIV]]<ref name="lattin7" group=N /><ref group=N>La difficile situazione che Gerberto dovette affrontare al suo arrivo a Bobbio è testimoniata da alcune sue lettere: si vedano in particolare le lettere 9-13 nella raccolta Lattin, e la lettera 18 in cui lamentava ad Ottone le accuse che gli rivolgevano i suoi detrattori.</ref>. Con la morte di Ottone (avvenuta il 7 dicembre 983), i monaci si ribellarono a Gerberto, che allora preferì fare ritorno a [[Reims]], conservando il titolo, ma lasciando la gestione a Petroaldo<ref name=":0" /><ref>Nella lettera 21, Gerberto chiede consiglio a papa Giovanni XIV (l'ex vescovo di Pavia Pietro), lamentando che tutto ciò che gli rimane è il bastone pastorale e la benedizione apostolica.</ref>; rimase [[Abati di Bobbio|abate commendatario di Bobbio]] fino al [[999]], quando, da papa, nominò definitivamente Petroaldo abate ed elevò la cittadina, in accordo con l'imperatore, a Città e Contea Vescovile<ref name="focillon" />.
 
==== La morte di Ottone II e i torbidi politici ====
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==== L'elezione di Gerberto e l'opposizione di Roma ====
Arnolfo, per i suoi legami di parentela con Carlo e per sospetto tradimento nei confronti del re<ref>{{Cita|Richerio|IV, 32}} (= ''PL'' 138, 137-138).</ref>, fu deposto, senza attendere la risposta di [[papa Giovanni XV]]<ref name=":5" />, nel [[991]] dai vescovi francesi riuniti al [[Concilio di Reims|concilio di San Basilio di Verzy]], nei [[Verzy|pressi di Reims]]<ref name=":7" /><ref group=N>Non tutti i vescovi partecipanti, però, ritennero che il concilio potesse far decadere un vescovo senza l'autorizzazione papale: tra questi anche [[Abbone di Fleury]] e Romulfo di Sens; cfr. {{cita|Allen|pp. 651-652}}.</ref>, e Gerberto venne allora eletto come suo successore il 17 luglio dello stesso anno<ref name=":0" /><ref name="Cita|Kitchin|p. 50"/>; inizialmente rifiutò la nomina, sia per umiltà sia forse conscio delle difficoltà che avrebbe comportato, ma poi decise di accettarla<ref>{{cita|Allen|p. 652 e n. 180}}.</ref>. Il papa, che aveva inviato il [[Pallio (cattolicesimoparamento liturgico)|pallio]] nel 991 ad Arnolfo come segno del riconoscimento canonico da parte di Roma, protestò vivacemente contro la nomina di Gerberto<ref name=":7" />. Sostenuto da Ugo e dall'episcopato francese, che riunito in sinodo a [[Chelles]] aveva dichiarato nulle le proteste del papa, Gerberto cercò di resistere alle pressioni romane e pubblicò gli atti del concilio che nel 991 aveva deposto Arnolfo, ma un ulteriore [[Concilio|sinodo]] nel [[995]] tenutosi a [[Mouzon (Ardenne)|Mouzon]], sotto la presidenza di Leone, abate dei [[Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio|santi Bonifacio e Alessio di Roma]], quale rappresentante del pontefice<ref name="Cita|Moroni|p. 123"/>, dichiarò non valida la deposizione di Arnolfo e fu lanciata la [[scomunica]] contro Gerberto<ref name=":5" /><ref>{{Cita|Oldoni}}:{{Citazione|Nel giugno 995, a Mouzon, alla presenza del legato pontificio Leone, si riprende la querelle fra Arnolfo e Gerberto, ma quest'ultimo si trova escluso dalla comunione con decreto papale.}}</ref>.
 
==== La vittoria di Arnolfo ====
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==== Precettore di Ottone III ====
[[File:Meister der Reichenauer Schule 002.jpg|thumb|Maestro della scuola di Reichenau, ''Ottone III e la sua corte'', dall'''[[Evangeliario di Ottone III]]'', [[Manoscritto miniato|codice miniato]] su [[pergamena]] datato intorno al 1000 e conservato alla [[Bayerische Staatsbibliothek]], a [[Monaco di Baviera]]]]
{{Vedi anche|Renovatio Imperii}}Ottone, figlio di Teofano e di Ottone II, era un giovane di sedici anni circa quando incontrò il suo vecchio maestro<ref group=N>Da come si deduce in {{Cita|Miranda}} Gerberto, durante la permanenza a Pavia presso la reggente Teofano, ottenne la di lei fiducia, educando il giovane Ottone in Germania prima del suo ritorno a Reims.
</ref> Gerberto a [[Magdeburgo]]<ref name=":0" />. Ragazzo intelligente e nel contempo ambizioso, aveva ereditato quel gusto per la cultura e la concezione del potere dalla madre bizantina, cosa che lo rendeva un monarca assai più sofisticato del nonno e del padre. Infatti, Ottone coltivava l'intenzione di restaurare l'antico [[Impero romano d'Occidente]], adottando stili di vita lontani da quelli germanici, e Gerberto, con la sua sapienza politica e intellettuale, era l'uomo giusto per affiancarlo in questo suo sogno<ref group=N>{{Cita|Sestan-Bosisio|p. 245}}. Nella didascalia di una miniatura riportata dalla ''Cronaca'' di Santa Sofia di Benevento, si vede il giovane Ottone III su di un [[cocchio]] trainato da cavalli, secondo il costume degli antichi [[imperatori romani]]. Difatti, come riporta tale didascalia: {{Citazione|Questa miniatura, raffigurante Ottone III sul carro trionfale al modo degli imperatori romani, si riferisce esplicitamente al culto dell'antica Roma e all'aspirazione di rinnovarne i fasti, che ispirarono la breve attività di governo del giovane imperatore.}}</ref>. Grazie poi all'amicizia con il colto [[Adalberto di Praga|Adalberto]] [[arcidiocesi di Praga|vescovo di Praga]], membro importante della corte, Gerberto rafforzò la sua posizione al fianco dell'imperatore<ref name=":0" />, ottenendo così una sua rivincita politica. Contemporaneamente, Gerberto si sottomise alle decisioni pontificie riguardo al caso di Reims, rientrando nel seno della Chiesa<ref>{{Cita|Miranda}}: «he finally submitted to the pope...».</ref>.
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=== Il Pontificato (999-1003) ===
==== L'elezione e il programma del pontificato ====
L'imperatore [[Ottone III di Sassonia|Ottone III]], che era già presente in Italia al momento dell'improvvisa scomparsa del cugino Gregorio V in una data imprecisata tra il febbraio e il marzo del 999<ref>{{Cita|Gregorio V}}.</ref>, scelse come successore di Gregorio proprio l'arcivescovo di Ravenna Gerberto, il quale fu intronizzato il 2 aprile di quell'anno<ref name=":5" /><ref name=":13">{{Cita|Silvestro II}}.</ref><ref>{{Cita|Oldoni}}: «A sessant'anni circa Gerberto è papa, eletto il 2 aprile 999.»</ref>. Gerberto prese il significativo quanto inconsueto nome di Silvestro II, scelta dovuta a un'esigenza fondamentale: affermare il proprio legame con l'Imperatore Ottone III, il quale riteneva sé stesso un secondo [[Costantino I|Costantino]]<ref>{{Cita|Gregorovius|p. 119}}.</ref>. Così, di riflesso, Gerberto prese il nome del pontefice [[Papa Silvestro I|Silvestro I]] che, vissuto al tempo di Costantino, secondo la leggenda tramandata dagli ''[[Actus Silvestri]]'', lo avrebbe guarito dalla [[lebbra]] e convertito al cristianesimo. Divenuto pontefice, Gerberto fu collaboratore attivo della ''[[Renovatio Imperii]]'', in cui papa e imperatore avrebbero governato armonicamente il mondo direttamente da [[Roma]]:
 
{{Citazione|Sceglie il nome di Silvestro: il primo Silvestro aveva battezzato Costantino, questo secondo Silvestro collaborerà con l'imperatore secondo un identico progetto che la cultura di Gerberto, formatasi su Boezio e sui logici matematici, gli suggerisce per la gestione armonica degli affari di Chiesa ed Impero.|{{Cita|Oldoni}}}}
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===== Governo di Roma =====
La sinergia tra imperatore e papa non si trasformò, al momento del trasferimento della corte imperiale sull'Aventino<ref name=":5" />, in un rapporto di sudditanza: i due poteri universali del Medioevo si dovevano spartire i rispettivi campi di influenza, ove l'imperatore doveva governare il mondo e proteggere la Chiesa; il papa far sì che i popoli si avviassero verso la [[Salvezza (religione)|salvezza]] promessa da [[Cristo]], il tutto in un clima di pace<ref>{{Cita|Rendina|p. 354}}:{{Citazione|Ottone III sogna in una ''renovatio imperii Romanorum'' di abbracciare il mondo in un concetto ecumenico di amore e potere, alla luce della giustizia romana. Roma è la capitale del mondo, come la Chiesa romana è la madre delle Chiese; da Roma i rappresentanti dei supremi poteri, l'imperatore e il papa, uniti in un'azione concorde, avrebbero dovuto ricondurre la pace nel mondo e guidare i popoli sulla strada di Dio.}}</ref><ref>{{Cita|Kitchin|p. 53}}.</ref>. Di conseguenza, nei primi tempi, il governo di Roma fu in mano all'imperatore tedesco, il quale si atteggiò a novello imperatore romano sul modello [[Tarda antichità|tardo-antico]]<ref>{{Cita|Gregorovius|p. 121}}:{{Citazione|Ottone, a questa età, traeva in moda le forme pedantesche della corte greca; saltando l'abisso che il tempo aveva spalancato...cominciò a vestire col fasto usato da Diocleziano; e questa fu cosa gli attirò il biasimo dei suoi concittadini nutriti a idee di serietà.}}</ref>. Solamente verso la fine del pontificato di Silvestro la morte prematura di Ottone determinò la fine del sogno vagheggiato da papa e imperatore.
 
===== Governo della Chiesa =====
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Subito dopo essere stato eletto, Silvestro iniziò un pontificato estremamente attivo, sulla scia delle iniziative già patrocinate dal predecessore Gregorio V. Innanzitutto, confermò il suo ex-rivale Arnolfo nella carica di [[arcidiocesi di Reims|arcivescovo di Reims]], ponendo fine alle diatribe che scossero la sua esistenza negli anni addietro<ref name=":9">{{Cita|Moroni|124}}.</ref><ref>{{Cita|Acta pontificia Silvestri II|Ep. III, coll. 273-274}}.</ref>.
 
Intuì la grande importanza della cristianizzazione delle terre slave, in particolare la [[Polonia]], e dell'[[Ungheria]], che stavano crescendo di importanza a est del regno tedesco, sostenendo l'istituzione di nuove [[Chiese nazionali di Roma|Chiese nazionali]]<ref name=":11">{{Cita|Rendina|p. 356}}.</ref>. Nella futura Polonia, grazie alla collaborazione con Ottone III, fondò l'[[arcidiocesi di Gniezno]], dalla quale si irradiò la cultura cristiano-romana in tutta l'area<ref name="card">{{cita|Cardini|p. 189}}.</ref>; in Ungheria, invece, concesse, attraverso il legato magiaro Astarico<ref name=":12">{{Cita|Gregorovius|p. 125}}.</ref>, la corona reale d'Ungheria al duca [[Stefano I d'Ungheria|Stefano]] del casato degli [[Árpád d'Ungheria|Arpád]] (che s'era convertito al cristianesimo l'anno precedente) costituendo così il [[Regno d'Ungheria (1000-1538)|Regno d'Ungheria]] (anno 1001)<ref>{{Cita|Oldoni}}:{{Citazione|S., intanto, sbriga con cura gli affari ecclesiastici e tutto suo è il merito d'aver condotto la questione ungherese fino al battesimo di Stefano, duca d'Ungheria, poi consacrato re nell'agosto 1001.}}</ref><ref name=":10">{{Cita|Acta pontificia Silvestri II|Ep. V, coll. 274-276}}.</ref>. In Ungheria, inoltre, creò la [[Provincia ecclesiastica|sede metropolitana]] di [[Arcidiocesi di StrigonioEsztergom-Budapest|Strigonio-Budapest]]<ref name=":10" />.
 
Si adoperò inoltre per favorire e accrescere l'unità all'interno della Chiesa: promosse sinodi locali, grazie ai quali riteneva si potessero trovare più facilmente le soluzioni a problematiche ecclesiali<ref group=N>Si vedano ad esempio le lettere 256 e 257 nella raccolta {{cita|Lattin}} (= I, II {{cita|Omont}}), in cui Silvestro invita il doge di Venezia [[Pietro II Orseolo]] ed il patriarca di Grado [[Vitale Candiano (patriarca)|Vitale]] a convocare sinodi locali.</ref>; ricompose vecchie questioni, grazie alla conferma di Arnolfo a Reims; cercò di appianare la disputa in corso tra Villigiso [[diocesi di Magonza|arcivescovo di Magonza]] e [[Bernoardo di Hildesheim|Bernoardo]] [[diocesi di Hildesheim|vescovo di Hildesheim]] sulla giurisdizione dell'[[abbazia di Gandersheim]]<ref group=N>L'abbazia di Gandersheim era situata al confine tra le due diocesi; a seguito di una visita di Bernoardo all'abbazia di cui si lamentò la badessa Sofia, sorella di Ottone III, Villigiso ne rivendicò la giurisdizione. La questione fu trattata in vari sinodi, ma fu risolta solo nel 1007 ({{cita|Allen|p. 659}}).</ref>; sospese il vescovo [[Giselher di Magdeburgo]], che, dopo essere diventato [[Diocesi di Magdeburgo|arcivescovo di Magdeburgo]], aveva indebitamente diviso la [[diocesi di Merseburg]]o, sua precedente sede, tra altre due diocesi ed era accusato di essere a capo di due diocesi<ref>{{cita|Allen|p. 658}}.</ref>; sostenne sia le autorità civili sia religiose della [[Catalogna]] nell'attività di espansione del [[Cristianesimo]]<ref>{{cita|Lattin|pp. 17-18}}.</ref>.
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==== Gli ultimi mesi, la morte e l'epitaffio di Sergio IV ====
Silvestro, ormai solo e senza più alcun sostegno temporale, ritornò a Roma poco dopo la morte di Ottone, dovendo sottomettersi alla potente famiglia dei [[Crescenzi]] guidata da Giovanni Crescenzi III († 1012)<ref>{{Cita|Gregorovius|p. 195}}.</ref>. Silvestro, ormai incapace di condurre un'audace politica ecclesiastica e politica, morì poco più di un anno dopo: il 3 maggio 1003, mentre celebrava la [[Messa]] a [[Basilica di Santa Croce in Gerusalemme|Santa Croce in Gerusalemme]], fu colpito da un [[Malattia|malore]], che lo portò rapidamente alla tomba il 12 maggio<ref name=":0" /><ref name=":13" />. Fu sepolto a [[Basilica di San Giovanni in Laterano|San Giovanni in Laterano]]<ref name=":0" /><ref name=":16" />, e un epitaffio realizzato da [[Papa Sergio IV|Sergio IV]] ne ricorda così la figura<ref>Un'analisi ed un commento dell'iscrizione, messa a confronto con quella sulla tomba di Sergio IV, è in G. De Spirito, ''Silvestro II ed il Laterano'' in {{cita|Nuvolone|pp. 727-777}}.</ref>:
 
{{Citazione|Questo luogo dove sono sepolti i resti di Gerberto / lo restituirà al Signore quando il suono della tromba / annuncerà la Sua venuta. / La Vergine, che favorisce le arti, e Roma, guida del mondo, / lo avevano reso celebre in tutto l'universo. / Gerberto, originario di Francia, / meritò prima il seggio di Reims, metropoli della sua patria. / Poi meritò di governare l'importante e nobile Chiesa di Ravenna / e diventò potente. / Un anno più tardi ottenne, cambiando nome, la sede di Roma / per diventare pastore dell'universo. / Il Cesare Ottone III, al quale fu sempre fedele e devoto, / gli offrì questa Chiesa. / Entrambi illuminarono il loro tempo / con lo splendore della loro sapienza; / il secolo ne gioì, il crimine scomparve. / Era come il guardiano dei cieli / lui che occupava la sua sede / dopo aver cambiato luogo tre volte. / Egli adempì per un lustro le funzioni di Pietro / fino a che la morte lo colse. / Il mondo rimase agghiacciato per il terrore. / Scomparsa la pace, / la Chiesa trionfante vacillò, / dimenticò la quiete. / Il pontefice Sergio, suo successore, / spinto da un commosso sentimento di pietà, / ha eretto questa tomba per il suo amico. / Chiunque tu sia che volgi lo sguardo verso questa tomba, / dì così: 'Signore onnipotente, abbiate pietà di lui'.|Traduzione è di {{Cita|Oldoni}}; il testo latino è ricavato da {{Cita|Vita Operaque|coll. 59-60}}|Iste locus mundi Silvestri membra sepulti / Venturo Domino conferet ad sonitum / Quem dederat mundo celebrem doctissima virgo / atque caput mundi culmina Romulea. / Primum Gerbertus meruit Francigena sede / Remensis populi metropolim patriae. / Inde Ravennatis meruit conscendere summum / Ecclesiae regimen nobile, sitque potens / Post annum Romam mutato nomine sumpsit / Ut toto pastor fieret orbe novus. / Cui nimium placuit sociali mente fidelis, / Obtulit hoc Caesar tertius Otto sibi / Tempus uterque comit clara virtute sophiae; / Gaudet et omne seclum [sic!], frangitur omne reum. / Clavigeri instar erat coelorum, sede potitus, / Terna suffectus cui vice pastor erat. / Iste vicem Petri postquam suscepit, abegit / Lustrali spatio saecula morte sui. / Obriguit mundus discussa pace triumphus, / Ecclesiae nutans dedidicit requiem. / Sergius hunc loculum miti pietate sacerdos, / Successorque suus compsit amore sui. / Quisquis ad hunc tumulum devexa lumina vertis, / Omnipotens Domine dic miserere sui.|lingua = La|lingua2 = It}}
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=== Gerberto "scienziato" ===
[[File:1340 Abacus anagoria.JPG|thumb|Un esempio di abaco, datato intorno al 1340. I calcoli medievali dell'aritmetica aumentarono la velocità di misurazione attraverso le colonne e le prove. Quest'abaco è un esempio di quelli usati per l'insegnamento da Gerberto di Aurillac e da [[Bernellino di Parigi]] (d. 1003).]]
Gerberto fu una figura di massima importanza come religioso, politico e scienziato, che non poté essere ignorata dai suoi successori al soglio pontificio<ref name="card" />. Considerato il massimo esponente intellettuale del [[X secolo]] e uno dei più importanti del [[Medioevo]]<ref>{{Cita|Materni|p. 3}}.</ref>, poliedrico e profondo conoscitore delle arti del [[trivio]] e del [[quadrivio]], Gerberto introdusse in [[Civiltà occidentale|Occidente]], grazie al contatto con la più avanzata cultura islamica<ref>{{Cita|Materni|p. 9}}:{{Citazione|La Catalogna in cui Gerberto compie il suo viaggio, politicamente dominata dalla dinastia dei conti di Barcellona...si presenta come un ambiente culturale vivace e attivo, ma soprattutto direttamente legato a quella Spagna islamica che appunto nel X secolo raggiunge l’acme della sua potenza.}}</ref>, l'uso dell'[[orologio]]<ref group=N>In realtà sembra che l'"orologio" che inventò fosse una sorta di astrolabio o una meridiana: così {{Cita|Bubner|p. 117 nota 11; p. 382 nota 30}}. La notizia sembra derivare dalla cronaca di {{Cita|Tietmaro di Merseburgo|p. 392}}, che parla di ''oralogium'' («...et cum eo diu conversatus in Magadaburg oralogium fecit...») costruito a [[Magdeburgo]].</ref>, di una [[Sirena (acustica)|sirena]] funzionante a vapore acquoso<ref>{{Cita|Abbagnano|p. 127}}.</ref>, e fu inventore di complicati strumenti musicali e astronomici, fra i quali l'[[Calliope (strumento musicale)|organo a vapore]]<ref>[https://books.google.it/books?id=qptTAwAAQBAJ&pg=PT32&lpg=PT32&dq=organo+a+vapore+gerberto&source=bl&ots=txInPXehAW&sig=ACfU3U1H2srUTTVsypAE-OmnknBCTAxjxg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjh1cv6gqvnAhXN8qQKHcEiCUEQ6AEwEXoECAsQAQ#v=onepage&q=organo%20a%20vapore%20gerberto&f=false Luca Montecchio, ''Gerberto d’Aurillac. Silvestro II'', Graphe.it Edizioni, maggio 2011]</ref>, la [[clessidra|clessidra ad acqua e sabbia]], l'[[notturlabio|orologio notturno]]<ref>[http://www.brera.inaf.it/archeo/Padova2001/Buffoni-Mangianti-DeAngelis-Gerberto.pdf L. Buffoni, C. Mangianti, F. Mangianti, De Angelis, ''Gerberto: un papa astronomo tra mito e storia'', Osservatorio Astronomico di Brera, Milano 2002]</ref>. Tutte invenzioni che utilizzò a Reims per la didattica nella scuola cattedrale. Per esempio, Gerberto aveva costruito un complesso sistema di [[Sfera celeste|sfere celesti]] volte a far calcolare le distanze che intercorrevano fra i [[Pianeta|pianeti]]<ref name=":17">{{Cita|Zuccato|p. 193}}.</ref> e, sempre in ambito astronomico, chiese in una lettera del 984 a Lupito di Barcellona la traduzione di un trattato arabo di [[astronomia]], le ''Sententiae Astrolabii''<ref>{{Cita|Materni|p. 45}}. Varie lettere di Gerberto testimoniano la sua ricerca di codici e la richiesta di copie o traduzioni di libri scientifici e non (specie latini) a vari monasteri d'Europa: su questo aspetto, che ha portato alcuni studiosi a paragonare Gerberto a [[Lupo Servato|Lupo di Ferrières]], si veda {{cita libro|autore=Jean Vezin|titolo=Un Cicéron copié pour Gerbert|opera=Autour de Gerbert d'Aurillac: le pape de l'an mil|curatore=Olivier Guyotjeannin|curatore2=Emmanuel Poulle|editore=École nationale des chartes|anno=1996|città=Parigi|lingua=fr|pp=279-282}}</ref>. Sempre a Reims fece costruire un organo idraulico che eccelleva su tutti gli strumenti precedentemente noti, nel quale l'aria doveva essere pompata manualmente<ref>{{Cita|Materni|p. 41}}:{{Citazione|L’uso dell’organo, riservato come già nell’Antichità alle cerimonie civili, rimane invece sempre vivo a Bisanzio, e riceve un nuovo impulso dal contatto con il mondo arabo, dove la sua tecnica di costruzione, in primo luogo del tipo idraulico, era stata appresa direttamente dai testi greci.}}</ref>, e che nel [[XVI secolo]] era visibile ancora a Ravenna<ref name=":0" />. Nel campo della matematica, a lungo si è attribuita a Gerberto l'introduzione dei [[Sistema di numerazione arabo|numeri arabi]] in Europa, merito di difficile attribuzione: sicuramente il giovane aquitano li conobbe alla scuola di Hatto a [[Vic|Vich]], ma nulla ci autorizza a pensare che le abbia poi fatte conoscere nel vecchio continente<ref name=":18">{{Cita|Ambrosetti|p. 96}}.</ref>. Di sicuro, Gerberto ebbe il grande merito di contribuire agli studi sull'[[astrolabio]] perfezionando a Bobbio [[Sfera armillare|l'astrolabio sferico]]<ref name=":17" /> e di reintrodurre l'[[abaco]] in [[Europa]]<ref name=":18" /><ref>{{Cita|Materni|p. 26}}:{{Citazione|È dunque all’abaco che Gerberto deve principalmente la sua fama nel campo della matematica.}}</ref>, di cui, secondo una cronaca antica, avrebbe appreso l'uso dagli Arabi<ref>{{cita|Guglielmo di Malmesbury|II, 10 (p. 173 Giles)}}. Cfr. {{cita|Allen|p. 632}}.</ref>.
 
=== Il pensiero ===
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Tra le opere e gli autori spiegati alla scuola di Reims, figurano le ''[[Categorie (Aristotele)|Categorie]]'' [[Categorie (Aristotele)|aristoteliche]], conosciute limitatamente nell'Europa medievale, e che invece erano state raccolte e commentate nella loro completezza dai dotti islamici o che erano custodite nelle aree grecizzate del [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno italiano]]. Proprio in quegli anni [[Giovanni di Gorze]], monaco lorenese deceduto nel 976, era riuscito a riportare nel cuore dell'Europa dei manoscritti greci contenenti le ''Categorie'': è molto facile che Gerberto sia entrato in contatto con questi codici<ref>{{Cita|Ambrosetti|p. 104}}:{{Citazione|Giovanni [di Gorze], da una precedente missione diplomatica in Italia meridionale, era tornato con i manoscritti greci delle ''Categorie'' di Aristotele e dell'''Isagoge'' di Porfirio [...] Non si può determinare con certezza se in questo scambio diplomatico siano stati trasferiti anche manoscritti da una regione all'altra, ma è del tutto plausibile.}}</ref>.
 
Dalla disputa che Gerberto tenne nei confronti di Otrico a Ravenna, nel Natale del 981 davanti all'intera corte imperiale, si denota invece quanto l'aquinate conoscesse profondamente sia [[Aristotele]], quanto [[Agostino d'Ippona|sant'Agostino]] (e quindi tutta la derivazione [[Neoplatonismo|neoplatonica]] di fondo)<ref>Si veda, per l'intera disputa, {{Cita|Abbagnano|p. 128}}. {{Cita|Oldoni}}, invece, la riporta al 980.</ref>. Partendo dal concetto di "utilizzo della ragione" Gerberto, a differenza di Otrico, si spinse oltre Aristotele, affermando che l'uomo, essere razionale per eccellenza, può utilizzare tale facoltà secondo le necessità: e qui entra in gioco Agostino d'Ippona che, nel ''[[De ordine (Agostino d'Ippona)|De ordine]]'', afferma: «''Namque illud quod in nobis est rationale, id est quod ratione utitur''»<ref>{{Cita|Agostino d'Ippona|Liber II, 12.35|titolo = De Ordine}}.</ref>. Essendo questo [[predicato]] agostiniano non universale quanto quello aristotelico, Gerberto opera una divisione tra le [[Sostanza (filosofia)|sostanze]] sovrasensibili, incorruttibili ed eterne, ove l'uso della ragione è sempre [[Atto (Aristotele)e potenza|in atto]]; e quelle sensibili, soggette alla corruzione e tra le quali c'è anche l'anima umana. Dal momento che le sostanze sensibili esulano dal necessario utilizzo della ragione, Gerberto conclude dicendo che l'uomo si può servire della ragione, facoltà presente in sé stesso [[PotenzaAtto e (Aristotele)potenza|in potenza]], in atto quando lo ritiene necessario.
 
=== Gli scritti ===
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Come si è accennato nel paragrafo riguardante l'educazione spagnola, alcuni suoi contemporanei cominciarono a ritenere che Gerberto d'Aurillac fosse un [[mago]], uno stregone dotato di poteri magici avuti in base al contratto con il demonio. L'immagine del "papa mago" che ne è sorta si deve all'opera dello [[pseudocardinale]] Benone (XI secolo), fautore di [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV di Svevia]] e dell'[[antipapa Clemente III]]<ref>Per maggiori informazioni, si veda: {{Cita libro|autore = Zelina Zafarana|titolo = BENONE|anno = 1966|editore = Istituto dell'Enciclopedia Italiana|città = Roma|volume = 8|collana = Dizionario Biografico degli Italiani|url = http://www.treccani.it/enciclopedia/benone_(Dizionario_Biografico)/|accesso = 22 novembre 2015|SBN = IT\ICCU\RAV\0018866}}</ref>. Benone scrisse, contro [[Papa Gregorio VII|Gregorio VII]], i ''Gesta Romanae Ecclesiae contra Hildebrandum'', in cui si propose di individuare i "maestri diabolici" di Ildebrando (nome secolare di Gregorio VII), risalendo, attraverso [[Papa Gregorio VI|Gregorio VI]] e [[Papa Benedetto IX|Benedetto IX]], fino a Silvestro II, visto come il capostipite di questi pontefici diabolici e praticanti la magia<ref name=":3">{{Cita|Graf}}.</ref>.
==== Dal Basso Medioevo alla Riforma ====
Sulla scia di questa letteratura calunniosa, si diffuse una ricca produzione tutta incentrata sulle arti magiche e la bassa moralità del pontefice francese: già sul finire dell'[[XII secolo]] [[Ugo di Savigny]] affermò che Gerberto fosse stato espulso dal suo monastero di gioventù per ''quibusdam praestigiis'', cioè ''per alcuni giochi di prestigio''<ref name=":3" />'','' e finendo in Spagna dove diventò un [[NegromanziaNecromanzia|negromante]]. [[File:Aurillac - Sylvestre II.jpg|thumb|David d'Angers, ''Monumento a papa Gerbert'', Aurillac|339x339px]]
A fianco di Ugo di Savigny, i contemporanei [[Sigebert di Gembloux]] e [[Vincenzo di Beauvais]] intensificarono con i loro scritti l'immagine propugnata da Benone<ref>{{Cita|Liber Pontificalis|p. 263, nota 3}}.
</ref>. [[Guglielmo di Malmesbury]], cronachista inglese del XII secolo autore dei ''Gesta regum anglorum'', incalzò la dose narrando che il giovane Gerberto si fosse fatta amante una musulmana figlia di un mago, possessore di un libro di magie<ref name=":1" />. Nel corso di una notte, grazie all'aiuto della donna stessa, Gerberto riuscì a rubare il libro ma, scoperto, si diede alla fuga chiedendo la protezione del demonio<ref name=":1" />, il quale, palesandosi o sotto forma di donna (conosciuta col nome di Meridiana<ref name=":0" />), o sotto quella di un ''[[golem]]'', gli rivelò, attraverso le tre lettere R, le sedi episcopali che avrebbe occupato (Reims, Ravenna, Roma) e la data della sua morte<ref group=N>Testimonianza di [[Raoul de Longchamp]], citata in {{Cita|Rendina|p. 354}}. Lo stesso Guglielmo racconta altri episodi, secondo cui Gerberto, grazie ai poteri demoniaci, avrebbe scoperto un tesoro aureo risalente ad Ottaviano e avrebbe fabbricato una testa in grado di rispondere - solo con "sì" o "no" - alle sue domande. Sulle storie riferite da Guglielmo e da altri autori medievali, si vedano {{cita|Allen|pp. 663-668}}; {{cita libro|autore=E.R. Truitt|titolo=Medieval Robots|lingua=en|editore=University of Pennsylvania Press|città=Philadelphia, PA|anno=2015|pp=71-88|url=http://www.degruyter.com/view/books/9780812291407/9780812291407-005/9780812291407-005.xml}} {{cita pubblicazione|autore=Elly Truitt|titolo=Celestial Divination and Arabic Science in Twelfth Century England: The History of Gerbert of Aurillac’s Talking Head|rivista=Journal of the History of Ideas|anno=2012|volume=73|numero=2|pp=201-222|lingua=en|url=http://repository.brynmawr.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1012&context=history_pubs}}</ref>. Non c'è da stupirsi che, nel XV secolo, l'aggiunta della breve biografia al ''Liber Pontificalis'' sia intrisa di queste leggende nate a posteriori<ref>{{Cita|Liber Pontificalis|p. 263, ''Recension du XV° siècle''}}.</ref>, adottate anche da [[Martino Polono]] e dal [[Bartolomeo Sacchi|Platina]] nelle sue ''Vite de' Papi''<ref>{{Cita|Platina|p. 256}}: «Lasciato poi l'habito, e'l monasterio, e datosi tutto in potere del diavolo...».</ref>. Comunque, la libellistica antipapale contro Gerberto e il papato in generale prodotta nel Medioevo confluì poi nelle ''[[Historia Ecclesiae Christi|Centurie di Magdeburgo]]'', sommo elaborato storico curato dal luterano [[Mattia Flacio Illirico]]<ref>{{Cita|Graf}}: