Attentato di via Rasella: differenze tra le versioni
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L''''attentato di via Rasella''' fu un'azione della [[Resistenza romana]] condotta il 23 marzo 1944 dai [[Gruppi di Azione Patriottica]] (GAP), unità partigiane del [[Partito Comunista Italiano]], contro un reparto delle forze d'occupazione tedesche, l'11ª Compagnia del III Battaglione del [[Polizeiregiment "Bozen"]], appartenente alla [[Ordnungspolizei]] (polizia d'ordine) e composto da reclute [[Provincia autonoma di Bolzano|altoatesine]]. Fu il più sanguinoso e clamoroso attentato urbano antitedesco in tutta l'Europa occidentale<ref>{{cita|Benzoni 1999|pp. 9 e 113}}.</ref>.
L'azione, del cui ordine dopo la guerra si assunse la responsabilità [[Giorgio Amendola]], fu compiuta
Fin dalle [[Reazioni all'attentato di via Rasella e all'eccidio delle Fosse Ardeatine|prime reazioni]], l'attentato è stato al centro di una lunga [[Controversie sull'attentato di via Rasella|serie di controversie]] (anche in [[Storiografia sull'attentato di via Rasella|sede storiografica]]) sulla sua opportunità militare e legittimità morale, che lo hanno reso un caso paradigmatico della «memoria divisa» degli italiani<ref>La storica [[Anna Rossi-Doria]] lo definisce «il caso italiano di memoria divisa più rilevante sia per la durata nel tempo che per la molteplicità dei significati». Cfr. Anna Rossi-Doria, ''Una storia di memorie divise e di impossibili lutti'', in ''Passato e presente'', 2000, 49, pp. 133-140: 136.</ref>. Nella lunga [[#Processi|storia processuale]] dei fatti del marzo 1944, anche la legittimità giuridica dell'attentato è stata oggetto di valutazioni diverse: sul piano del diritto internazionale bellico è stato giudicato, da tutte le corti militari britanniche e italiane che hanno processato e condannato gli ufficiali tedeschi responsabili delle Fosse Ardeatine, un atto illegittimo in quanto compiuto da combattenti privi dei requisiti di legittimità previsti dalla [[Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907|IV Convenzione dell'Aia del 1907]]; sul piano del diritto interno italiano è stato invece considerato, in tutte le sentenze emesse sul caso [[Processo civile per l'attentato di via Rasella|da giudici civili]] e penali, un atto di guerra legittimo in quanto riferibile allo Stato italiano allora in guerra con la Germania. Tale riconoscimento di legittimità ebbe luogo, secondo l'interpretazione di alcune sentenze al riguardo proposta da alcuni autori, in forza di una legislazione successiva al compimento dell'attentato<ref>{{cita|Cipriani 2009|p. 485}}.</ref><ref>{{cita|Resta, Zeno-Zencovich 2013|pp. 861 e ss}}.</ref>; secondo l'interpretazione delle medesime sentenze presentata da altri autori, l'attentato era da considerarsi legittimo anche al momento della sua attuazione<ref>Il «riconoscimento dei Partigiani come legittimi belligeranti non poteva e non può essere posto in alcun dubbio nell’ambito dell’ordinamento italiano [...]; e ciò anche in quanto, come ricorda la [...] sentenza delle Sezioni Unite 3053/1957, sin dal momento della dichiarazione di guerra contro la Germania (13 ottobre 1943), il legittimo governo italiano aveva incitato tutti gli italiani a ribellarsi ed a contrastare con ogni mezzo l’occupazione tedesca»: {{cita|Tucci 2012|p. 328}}.</ref><ref>«Il Tribunale civile di Roma, con sentenza del 9 giugno 1950 [...] ricono[bbe] la piena legittimità dell’attentato di via Rasella, riscontrando il carattere statuale dell’attività partigiana nel diritto interno vigente all’epoca dei fatti, nonché in quello successivo»: {{cita|Tropea 2016|p. 187}}.</ref>.
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