Foiba di Basovizza: differenze tra le versioni

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[[File:Cossiga a Basovizza.jpg|thumb|right|Il presidente [[Francesco Cossiga]] in visita alla foiba di Basovizza.]]
[[File:Recupero corpi foiba di Basovizza.jpg|thumb|left|Ricerca dei corpi nella foiba di Basovizza nel [[1957]].]]
In origine la cosiddetta foiba di Basovizza era un profondo pozzo minerario, nel territorio della frazione di [[Basovizza]], nel comune di Trieste. Scavato all'inizio del [[XX secolo]] per l'estrazione del carbone e poi abbandonato per la sua improduttività; fu una concessione di ricerca dell'[[A.Ca.I.]] ([[Azienda Carboni Italiani]]). Nel maggio 1945 fu utilizzato dai partigiani jugoslavi per l'occultamento di un numero imprecisato di cadaveri di italiani e tedeschi durante l'occupazione jugoslava di Trieste. Fu gettato all'interno del pozzo un numero rilevante di cadaveri di prigionieri, militari e civili trucidati dall'esercito e dai partigiani titini. Storici come [[Raoul Pupo]], [[Roberto Spazzali]], e [[Guido Rumici]] sostengono che sia impossibile calcolare il numero esatto dei corpi infoibati, altri invece all'opposto affermano che il calcolo può essere compiuto sulla base di stime. È invalso l'uso di stimare il numero dei corpi in base alla constatazione che il pozzo minerario prima del 1945 era profondo 228 metri, mentre dopo il 1945 i metri erano diventati 198, per cui si hanno 250 metri cubi riempiti con materiali che, secondo questa stima, sarebbero corpi umani.
 
La documentazione raccolta dagli alleati anglo-americani<ref>Manca un riferimento bibliografico alla documentazione</ref> in merito agli infoibamenti è basata in parte sulle testimonianze dei parroci di Sant'Antonio in Bosco e di Corgnale, rispettivamente don Francesco Malalan e don Virgil Šček<ref>Il secondo fu deputato sloveno al Parlamento del Regno d'Italia negli anni a cavallo fra la fine della Prima Guerra Mondiale e l'avvento del fascismo.</ref>. Le due testimonianze riferivano di processi lampo - a loro dire regolari - tenuti dall'armata jugoslava a carico di alcune centinaia fra agenti dell'Ispettorato locale e militari (compresi circa 40 tedeschi), con fucilazioni e corpi gettati nel pozzo della miniera. Don Malalan - il cui fratello era commissario jugoslavo a Basovizza - affermò che gli ufficiali della IV Armata jugoslava avevano le liste complete delle persone condannate, liste che sarebbero in seguito state pubblicate - cosa che in realtà non avvenne - per dimostrare la legalità delle esecuzioni. Don Malalan, pur invitato dal fratello, non fu presente agli infoibamenti ma testimoniò che don Šček gli aveva confidato d'aver assistito alle uccisioni, dando conforto ad alcuni condannati. Oltre a quelle dei due sacerdoti, è stata raccolta anche la testimonianza di un'anziana del luogo e di alcuni bambini, che riferirono delle grida dei condannati. Un'ulteriore ricostruzione degli avvenimenti è contenuta in una relazione del servizio segreto jugoslavo (OZNA) del 3 settembre 1945, nella quale si afferma che «in questa voragine [di Basovizza] ci sono in gran numero cadaveri putrefatti di militari delle SS, della Gestapo, dei "Gebirgsjaeger", di questurini e anche di quaranta cavalli. I partigiani hanno gettato in questa voragine una notevole quantità di munizioni e poi di esplosivo; a causa dell'esplosione tutti i cadaveri vennero in parte ricoperti da detriti (...)».
 
== Lo stato attuale ==