Isauria: differenze tra le versioni

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L'Isauria era infestata da briganti, detti Isauri, che prendevano il nome della regione stessa di cui essi erano nativi e dove operavano. Il problema delle loro scorrerie afflisse l'Isauria e le regioni confinanti, come la Licia e la Panfilia, per diversi secoli. Si narra che, sotto il regno di [[Marco Aurelio Probo|Probo]] (276-282), gli Isauri, condotti dal loro capo Lidio, saccheggiarono la Panfilia e la Licia, prima di essere fermati dall'esercito romano, il quale, strettolo d'assedio presso la città di Crimna, in Licia, riuscirono ad uccidere Lidio e a fermare i saccheggi<ref>Zosimo, Libro I.</ref>. Nel corso del secolo successivo, nel IV secolo, i saccheggi degli Isauri tornarono un problema serio.
 
Intorno al 354, i briganti Isauri devastarono le province dell'Oriente romano. I motivi della rivolta fu l'uccisione di un loro associato, che fatto prigioniero dalle autorità romane, fu gettato in pasto alle belve durante i giochi all'anfiteatro di [[Iconio]], città della [[Pisidia]], ritenuto dai briganti Isauri un oltraggio senza precedenti<ref name=AmmXIV2>Ammiano, XIV,2.</ref>. Giunsero ad attaccare le navi romane costeggiate lungo la costa, uccidendone gli equipaggi e ritirandosi con un ricco bottino; tanto era il timore degli equipaggi di essere assaliti e uccisi dai briganti Isauri che non osavano più approdare sulle coste dell'Isauria bensì sostare a [[Cipro]], sulla sponda opposta<ref name=AmmXIV2/>. Non essendo rimasto più nulla da saccheggiare in Isauria, passarono poi a devastare la Licaonia, provincia limitrofa all'Isauria, e, bloccando le strade con strette barriccate, depredarono i beni dei provinciali e dei viaggiatori<ref name=AmmXIV2/>. Le guarnigioni romane in un primo momento fallirono nel loro tentativo di arrestare i saccheggi dei briganti Isauri, in quanto questi ultimi conoscevano bene il loro territorio montagnoso e approfittarono della conoscenza della configurazione del terreno impervio per tendere imboscate e insidie alle armate romane<ref name=AmmXIV2/>. Tuttavia, in un terreno pianeggiante, gli Isauri non potevano minimamente competere con le armate romane, ragion per cui i briganti Isauri, dopo aver avuto qualche rovescio in Licaonia in quanto territorio in gran parte pianeggiante, deliberarono di ritirarsi in Pamfilia<ref name=AmmXIV2/>. Dopo aver affrontato estreme difficoltà, gli Isauri giunsero sulle rive del Melas, un fiume che forniva riparo alle popolazioni locali dai saccheggi nemici, con l'intenzione di attraversarlo: il fiume era tuttavia molto profondo e inoltre, mentre gli Isauri erano alla ricerca di imbarcazioni per attraversarlo, intervennero le legioni romane, che riuscirono a respingere gli Isauri, costringendoli a ripiegare in direzione di Laranda, dove si riposarono per qualche giorno e si rifornirono di provviste<ref name=AmmXIV2/>. Da qui attaccarono alcuni villaggi ricchi, senza molto successo in quanto essi erano difesi da alcune coorti di cavalleria romana, che non ebbero problemi a respingere gli assalti degli Isauri su un territorio pianeggiante<ref name=AmmXIV2/>. Tentarono poi di assaltare per tre giorni e per tre notti la fortezza di Palea, nei pressi del mare, ma questa era protetta da delle mura molto resistenti, e dunque l'assalto fallì<ref name=AmmXIV2/>. Essi decisero pertanto di assaltare Seleucia, la metropoli della provincia, con l'intento di distruggerla: essa era tuttavia difesa da tre legioni sotto il comando del Comes''comes'' [[Castricio]], il quale, avvertito dagli esploratori delle intenzioni degli Isauri, decise di scontrarsi con gli Isauri per difendere la città<ref name=AmmXIV2/>. Le tre legioni romane avevano intenzione di scontrarsi con i briganti isauri nei pressi del fiume Calicadno, il cui corso costeggia le torri delle mura di Seleucia, ma, dopo alcune schermaglie iniziali, esse furono richiamate indietro dai loro comandanti, i quali ritenevano troppo rischiosa una battaglia a così poca distanza dalle fortificazioni<ref name=AmmXIV2/>. Ritornate dentro le mura, sbarrarono tutti gli ingressi, e presero posizione sulle torri e sulle mura per difenderle dall'assedio degli Isauri<ref name=AmmXIV2/>. Questi ultimi avevano catturato alcune imbarcazioni che stavano trasportando grano sul fiume, e si impadronirono di nuove provviste, mentre gli assediati avevano già esaurito le loro scorte regolari di provviste, e rischiavano di capitolare per fame<ref name=AmmXIV2/>. Quando le notizie dell'assedio di Seleucia raggiunsero [[Costantinopoli]], il [[Cesare (titolo)|Cesare]] [[Costanzo Gallo|Gallo]] decise di ordinare a [[Nebridio]], ''[[Comes Orientis]]'', di intervenire in soccorso della città assediata: alla notizia dell'arrivo imminente della potente armata di Nebridio, i saccheggiatori Isauriisauri decisero di levare immediatamente l'assedio, trovando di nuovo riparo sulle loro montagne<ref name=AmmXIV2/>.
 
Gli Isauri proseguirono le loro scorrerie anche sotto il regno dell'Imperatore [[Valente (imperatore romano)|Valente]] (364-378); in particolare intorno al 375 devastarono le province della Licia e Panfilia, devastando le campagne nel caso non riuscissero ad impadronirsi delle città dotate di solide fortificazioni; le truppe inviate da Valente da [[Antiochia]] per fermare le incursioni, allorché gli Isauri si ritiravano sulle montagne con tutto il loro bottino, si rifiutavano di seguirli sulle montagne, timorosi probabilmente di imboscate<ref>Zosimo, Libro IV.</ref>. Gli Isauri ripresero poi le loro incursioni nel 405, sotto il regno di [[Arcadio]], devastando le campagne e le città non ben fortificate o addirittura prive di fortificazioni; i loro saccheggi furono agevolati dal fatto che le fortificazioni delle città di quelle regioni (Panfilia e Cilicia) erano già state danneggiate dalle incursioni del generale ribelle [[Tribigildo]] alcuni anni prima (399). Il generale Arbazacio, inviato dall'Imperatore per porre fine ai saccheggi dei briganti Isauri, riuscì ad occupare molte città cadute in mano ai briganti e a risospingerli sulle montagne, uccidendo anche molti di loro, ma poi non portò fino in fondo a termine il suo incarico, pensando ad arricchirsi in maniera illecita con diversi abusi. Richiamato a Costantinopoli per essere processato per gli abusi commessi, riuscì però ad essere assolto grazie alla cessione all'Imperatrice di parte del bottino recuperato agli Isauri<ref>Zosimo, V,25.</ref>.