Filippo Abignente: differenze tra le versioni

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Figlio di Giovanni e della baronessa Fortunata Gaiano di Baronissi, fu [[canonico]] e insegnante di [[latino]] e [[filosofia]] nel [[seminario]] vescovile di Sarno, distinguendosi per le sue idee [[liberalismo|liberali]]. Nell'aprile [[1848]] fu eletto [[deputato]] del [[Regno di Napoli]] per il distretto di [[Salerno]] e riconfermato nelle successive elezioni del [[15 giugno]]. A seguito della reazione [[borboni]]ca del [[1849]], il [[7 agosto]] fu confinato nel [[monastero]] di [[Vico Equense]], da dove il [[5 ottobre]] fuggì a [[Napoli]] e di qui a [[Genova]] e poi a [[Nizza]], dove abbandonò il [[sacerdozio]] e si dedicò allo studio prediletto di storia del [[cristianesimo]], mantenendosi in contatto con il mondo dell'emigrazione politica italiana.
 
Tornato a Napoli alla caduta dei Borboni, s'impiegò al Ministero della [[Pubblica Istruzione]] e poi passò all'insegnamento di storia della [[Chiesa]] nell'[[Università di Napoli]], secondo il criterio interpretativo razionalistico derivato dalda [[David Friedrich Strauß]]. Eletto deputato al parlamento ininterrottamente dal [[1867]] al [[1882]] per il collegio di [[Angri]], fu contrario alla [[legge delle guarentigie]] ([[1871]]), dichiarandosi favorevole a un accordo fra legislazione liberale e libertà religiosa, raggiungibile attraverso una riforma della Chiesa; vicepresidente della Camera nel [[1876]] e dal [[1880]] al [[1882]], [[Consiglio di Stato|consigliere di Stato]] nel [[1876]], rifiutò l'incarico di ministro propostogli da [[Benedetto Cairoli]].
 
Dopo la sconfitta elettorale nelle elezioni del 1882, si ritirò a vita privata nella natìa Sarno.