Realismo critico: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 2:
Nell'ambito della corrente filosofica del [[realismo (filosofia)|realismo]], che sostiene l'esistenza di una [[realtà]] indipendente dai nostri [[concettualismo|schemi concettuali]], dalle nostre pratiche [[filosofia del linguaggio|linguistiche]], dalle nostre credenze, si distingue la posizione del '''realismo critico''' teorizzata da sette filosofi [[U.S.A.|statunitensi]] (D. Drake, [[Arthur Oncken Lovejoy]] , J. B. Pratt, A. K. Rogers, [[George Santayana]], [[Wilfrid Sellars]] , Charles Augustus Strong) <ref>Umberto Antonio Padovani, Andrea Mario Moschetti, ''Grande antologia filosofica: Il pensiero contemporaneo (sezione prima)'', Ed. C. Marzorati, 1985 p.623</ref> i quali collaborarono a descrivere i principi teorici della loro concezione nell'opera ''Saggi di realismo critico'' ([[1920]]), scritta in opposizione alle tesi dei [[neorealismo|neorealisti]] e degli [[idealismo|idealisti]].
 
Questi autori ritengono, nell'opera ''Il nuovo realismo'' ([[1912]]) <ref>Mario Dal Pra, ''Storia della filosofia'', Volumi 11-12, Vallardi 1999, pag.198</ref> che l'errore degli idealisti sia quello di pensare che l'oggetto conosciuto appaia immediatamente come presente nella coscienza: il che comporta non solo un riavvicinamento alle teorie idealistiche ma soprattutto la confusione del dato conoscitivo con quello cosciente. Essere coscienti di un'allucinazione o di un sogno non vuol dire averne conoscenza la quale è invece un processo mediato, costituito da passaggi successivi e collegati, mirante a stabilire i dati essenziali delle percezioni o dei fenomeni psichici. Solo così si può distinguere la verità dall'errore, riferendosi cioè al dualismo tra "essenze" e "cose o stati mentali": mentre queste si configurano in una dimensione spazio-temporale, le essenze sono il risultato di un'intuizione che nasce dopo una serie di percezioni del reale. La verità sarà allora quella che nasce quando si è in grado di attribuire un essenza a un dato reale.
 
La capacità di identificare intuitivamente le essenze alle esistenze spazio-temporali, secondo i realisti critici, è non solo una funzione del nostro intelletto ma anche la capacità degli organismi di rispondere praticamente all'ambiente culturale in cui si sviluppano.