Quantità (filosofia): differenze tra le versioni

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Nell<nowiki>'</nowiki>''Organon'' Aristotele estende il concetto di quantità nell'ambito della Logica specificatamente per quanto riguarda i [[giudizio (filosofia)|giudizi]] universali o particolari a seconda che nel soggetto esprimano una quantità universale (''Tutti'' gli uomini) o particolare (''Qualche'' uomo). A questi due tipi di giudizi Kant aggiungerà quello "individuale" (''Questo'' uomo).
 
Con la nascita della scienza moderna la speculazione filosofica assimilirà la quantità alle qualità "primarie", riguardanti le proprietà [[oggetto (filosofia)|oggettive]], e quindi misurabili delle cose, distinte dalle qualità primarie"secondarie", [[soggetto (filosofia)|soggettive]] in quanto dipendenti dalle sensazioni particolari, individuali e [[contingenza (filosofia)|contingenti]].

Questa distinzione già presente negli [[atomismo|atomisti]] <ref> «Democrito distingue le nostre conoscenze in due grandi categorie: ci sono le conoscenze per natura e le conoscenze per convenzione, nel senso che gli atomi e il vuoto sono conoscenze che noi abbiamo per natura, cioè corrispondono effettivamente allo stato delle cose, mentre il dolce, l'amaro, ecc., quelle che appunto saranno poi chiamate le "qualità secondarie", Democrito le ritiene soltanto convenzionali, perché non sono fondate sulla realtà - in quanto gli atomi non hanno qualità - ma fondate sulla nostra soggettività e sulla nostra capacità di percezione. Una distinzione analoga si ritrova in Locke, ma anche in Galilei: è la distinzione tra la conoscenza matematica e la conoscenza qualitativa. Quindi, in questo senso, Democrito è stato considerato l'iniziatore di un orientamento di pensiero che poi avrà anche come suoi esponenti Galilei e Locke.» (in [http://www.emsf.rai.it/scripts/interviste.asp?d=168#6 Gabriele Giannantoni, Emsf])</ref> sarà variamente discussa nel pensiero di Galilei, Cartesio, Locke, Hobbes ed altri.
 
In particolare '''[[Kant]]''' tratterà della quantità definendola come categoria, appartenente cioè alla formulazione logica del pensiero, e nello stesso tempo come forma a priori trascendentale, costitutiva cioè, con l'attività discriminante dell'intuizione, dei fenomeni.<ref>Luciano Zamperini, ''Da Kant a Marx'', Giunti Editore, Firenze 1999, pp. 30, 31</ref>