Opinione: differenze tra le versioni
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L<nowiki>'</nowiki>'''
==Dalla filosofia antica al pensiero moderno==
Nella [[filosofia antica]] il termine opinione è reso con δόξα (dòxa), intendendo con esso una conoscenza incerta opposta alla conoscenza scientifica (επιστήμη, [[episteme|epistème]]) più sicura.
{{Quote|Pur essendo questo logos comune, la maggior parte degli uomini vivono come se avessero una loro propria e particolare saggezza.<ref>framm.2</ref>}}
Coloro che si affidano ai sensi sono immersi in un sonno che fa scambiare i sogni con la realtà. Gli "svegli" sanno invece che devono ricorrere a quel ''logos'' che è comune agli uomini e alle cose («Bisogna seguire ciò che è comune» <ref>''Ibidem''</ref>) permettendoci così di cogliere l'oggettività delle cose.
Riprendendo il pensiero di Eraclito,
{{Quote|Il sogno è la conoscenza di qualche cosa che so soltanto io; l’immaginazione e simili sono appunto sogni. Similmente il sentimento è il modo per cui qualche cosa è soltanto per me, e che io ho in me come soggetto particolare; per quanto i sentimenti siano elevati, quello che io sento è essenzialmente per me, come individuo. Invece nella verità (colta dalla ragione) l’oggetto non è immaginario, fatto oggetto soltanto da me, ma è in sé universale.<ref>Raffaele Marino, ''Lassalle e il suo Eraclito: saggio di filosofia egheliana'', Le Monnier, 1865 p.184</ref>}}
Nel suo ''Poema sulla natura''
Vi è anche una opinione comune ritenuta plausibile come quella che viene messa in discussione dai [[paradosso|paradossi]] (dal [[lingua greca|greco]] ''παρα'', contro e ''δόξα'', opinione) di
Per
Una rivalutazione dell'opinione è nei
{{Quote|Non solo non esiste una verità assolutamente valida, ma l'unico metro di valutazione diviene l'[[individuo]]: per ciascuno è vera solamente la propria percezione soggettiva.<ref>Fabio Cioffi, ''I filosofi e le idee'', vol I pag.129, ed. B. Mondadori</ref> }}
Concorda con questa concezione il pensiero di
{{Quote|...tra Socrate e i sofisti esiste un'affinità, nel senso che, per esprimerci schematicamente, sia l'uno che gli altri partivano da un modo di affrontare i problemi che è un modo, come si suol dire con un termine un po' tecnico, soggettivistico; cioè il criterio di verità è l'uomo, e non sono le cose. La differenza tra Socrate e i sofisti sta nel fatto che, mentre per i sofisti il criterio è l'opinione individuale - questa è la tesi di Protagora: "vero è ciò che tale sembra a ciascuno" -, Socrate cercava di andare oltre questo relativismo e questo individualismo, cercando di scoprire, di fare emergere dalle varie opinioni, dalle varie scelte, dai punti di vista, un consenso, un accordo, una ''homologhía'', dicevano i greci antichi, che costituisse qualche cosa di più stabile, e quindi più vero e più certo, che non le semplici opinioni individuali.<ref>[http://www.emsf.rai.it/scripts/interviste.asp?d=485#7 Gabriele Giannantoni in Emsf]</ref>}}
Nell'età medioevale la fede (πίστις, pistis), che era considerata da Platone come una forma dell'opinione<ref>Fabio Ruggiero, ''La follia dei cristiani: la reazione pagana al cristianesimo nei secoli I-V'', Città Nuova, 2002 p.122</ref>, assume invece il valore di somma verità: «il solo bene che non è fallace e saldo è la fede in Dio.» <ref>[[Filone di Alessandria]], ''De Abrahamo'' 268</ref>
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