Enrico VI, parte III: differenze tra le versioni

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[[File:Edward IV Plantagenet.jpg|thumb|left|[[Edoardo IV d'Inghilterra]]]]
 
Dice Riccardo: "''Piangere è diminuire la profondità del dolore: piangano dunque i fanciulli; per me, colpi e vendetta!''"<ref name="Atto II, scena 1"/>. Ma certo occorre ponderare bene le proprie mosse: “''Ma in questo difficile momento, che cosa si deve fare?''” (ivi). Si decide nuovamente per lo scontro frontale, senza lasciarsi aperte vie di fuga. Tutti sono consapevoli che l’odio ha ormai creato una matassa inestricabile; né il dialogo <ref>"''La ferita che ci ha condotti a questo punto non può sanarsi a parole''", Atto II, scena 2</ref> né il diritto<ref>Ormai "''tutto può esser giusto e il torto non esiste più''", Atto II, scena 2</ref> possono sciogliere il [[nodo gordiano]] della successione al trono d’[[Inghilterra]].<ref>L’atmosfera drammatica è tesa fino allo spasimo; avvertiamo l’attenzione del pubblico [[spettatore]] pizzicata magistralmente da [[Shakespeare]] come un abile violinista fa con le corde di un [[violino]] (sul [[palcoscenico|palco]] si fa dire all'[[attore]] che impersona [[Richard Neville, XVI conte di Warwick|Warwick]]: "''Perché ce ne stiamo qui come donnicciuole impaurite piangendo le nostre perdite mentre il nemico infuria, e stiamo a guardare come se si trattasse di una [[tragedia]] recitata per spasso da simulanti attori?''", Atto II, scena 3.</ref>
 
Intanto, l'ennesima battaglia viene rappresentata a tinte fosche sulla scena. Enrico VI ne attende fatalisticamente l’esito: "''Questa battaglia è come la guerra del mattino quando le nubi morenti contendono con la luce che cresce, e il pastore soffiandosi sulle dita intirizzite non sa se sia giorno o notte. Ora la vittoria inclina da questa parte, come un mare possente forzato dalla marea a combattere col vento; ora inclina dall’altra parte, come quello stesso mare che la furia del vento forzi a ritirarsi; talora la vince il vento e talora la marea; ora l’uno è più forte ora l’altra fortissima: lottano entrambi per la vittoria corpo a corpo, e nessuno è vincitore o vinto: così ugualmente bilanciata è questa terribile battaglia. Mi siederò qui su questa tana di talpa: conceda Dio la vittoria a chi vuole! (…) O volesse Dio farmi morire! Poiché, che vi è in questo mondo se non dolori e guai? O Dio! Che vita felice se fossi un semplice campagnuolo!''"<ref>Atto II, scena 5.</ref>. La battaglia è sempre più cruenta e il suo orrore cresce inesorabilmente secondo una logica perversa che travalica le stesse intenzioni degli uomini. Da opposti schieramenti, si avanzano sulla scena padri che si rendono conto di aver ucciso il figlio, e figli che si avvedono di aver ucciso il padre.
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Finalmente, il pendolo della fortuna si sposta nuovamente dalla parte di York. Edoardo torna a Londra a prendersi il titolo di re per cui si è tanto combattuto versando fiumi di sangue ma la sua indole buontempona e godereccia lo induce ad usare il suo potere non per occuparsi primariamente degli affari di stato e degli interessi politici del suo regno bensì per cercare di costringere un’avvenente vedova, Lady Grey, a diventare la sua amante. Ma Lady Grey resiste alla impacciate avances del re (definito da lei "''il più goffo corteggiatore della Cristianità''"<ref name="Atto III, scena 2">Atto III, scena 2.</ref>) e questi finisce, contro ogni logica politica e dinastica, col chiederle addirittura di sposarlo. Suo fratello Riccardo assiste a questa miserevole tresca e la collera di [[Caino]], origine di tutto, torna novamente [[protagonista]] della scena. Riccardo confessa le sue intenzioni più segrete, le sue mire a spodestare il fratello e tutti quelli che lo precedono nella linea di successione al trono. Un sogno a occhi aperti, difficile da realizzare, anzi quasi impossibile. Però, supponendo "''che non vi sia possibilità di regno per Riccardo: quale altro piacere può fornirmi il mondo? Troverò forse il mio paradiso in grembo a una donna, coprirò il mio corpo di gai ornamenti, e affascinerò il bel sesso con le parole e con gli sguardi? O miserabile pensiero e più difficile a mettere in atto che ottenere venti corone d’oro! Già! L’amore mi abbandonò fin da quando ero in seno a mia madre e perché non m’impacciassi con le sue tenere leggi corruppe con qualche dono la fragile natura e la indusse ad atrofizzarmi il braccio come un ramo secco, a crearmi un’odiosa prominenza sul dorso dove la deformità siede a scherno del mio corpo, a dar forma disuguale alle mie gambe, a far di me un ammasso caotico, un orsacchiotto mal leccato che non ha alcuna delle sembianze materne. Come potrei essere fra quelli che piacciono alle donne? Mostruoso errore nutrire un tal pensiero! Dunque, giacché questa terra non mi offre alcuna gioia se non nel comandare, nel tenere a freno e nell’usar prepotenze a coloro che son fatti meglio di me, sarà mio paradiso sognare il trono e per tutta la mia vita considerare il mondo come un inferno, finché il mio capo, portato dal tronco deforme, non sia circondato da una splendente corona''"<ref name="Atto III, scena 2"/>.
 
In questa situazione ancora fluida e non assestata, una leggerezza di [[Edoardo IV d'Inghilterra|re Edoardo]] fa di nuovo precipitare la situazione. Infatti, mentre [[Warwick]] si trova in [[Francia]] per chiedere al [[Luigi XI|re Luigi]] il consenso al [[matrimonio]] fra Edoardo stesso e madama Bona, la sorella del re, giunge notizia che intanto proprio Edoardo, sconfessando di fatto l’operato del suo plenipotenziario e il suo disegno politico di alleanza con la Francia, ha sposato Lady Grey, "''spinto alle nozze dall’appetito e non dall’onore né dal desiderio di rafforzare e garantire il nostro paese''"<ref>Atto III, scena 3.</ref>. Questa azione di Edoardo offende profondamente Warwick e ne determina il passaggio al campo dei sostenitori dello spodestato Enrico. Ma anche nell’entourage di Edoardo c’è malcontento e preoccupazione per questa sua scelta non meditata.
[[File:King Richard III.jpg|thumb|[[Riccardo di Gloucester]], poi Riccardo III d'Inghilterra.]]