Merce: differenze tra le versioni

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Una '''merce''' è un [[Bene (economia)|bene economico]], naturale o tecnicamente prodotto, suscettibile di essere [[scambio|scambiato]] con altri beni (e si parla in questo caso di [[baratto]]), oppure contro [[denaro]] all'interno di un [[mercato]]. Non vengono definiti come merci né i beni in attesa della [[vendita]] presso i produttori né quelli presso il [[consumatore]]. <ref>Cfr. ''Dizionario di Economia e Finanza'' Treccani (2012) alla voce corrispondente</ref>
 
L'origine del termine è riconducibile al greco ''meiromai'' (= partecipare, aver parte), e poi al latino ''merere'' (nel senso di "meritare", "guadagnare").
 
== Natura della merce ==
La merce è di natura concreta (consiste cioè in oggetti materiali, anche complessi), e viene considerata differente dai beni non materiali, cioè dai [[Servizio|servizi]] <ref>Cfr.''Enciclopedia Treccani'' alla voce "servizio"</ref>.
 
La merce è il mattone elementare di cui si costituisce la [[ricchezza]]. Ma un oggetto, per essere considerato segno o fonte di ricchezza, deve avere un [[Valore (economia)|valore]]. Tale valore, che si determina solo nel momento in cui esso viene reso disponibile - e scambiabile - su un [[mercato]], è ciò che fa di un oggetto una merce.
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{{Quote|Il valore di ogni merce, per la persona che la possiede e che non intende usarla o consumarla personalmente ma scambiarla con altre merci, è dunque uguale alla quantità di lavoro che le consente di acquistare o di avere a disposizione. Il lavoro è quindi la misura reale del valore di scambio di tutte le merci.
 
Il prezzo reale di ogni cosa, ciò che ogni cosa realmente costa all’uomo che vuole procurarsela, è la fatica e l’incomodo di ottenerla. Ciò che ogni cosa realmente vale per l’uomo che l’ha acquisita e che vuol disporne o cambiarla con qualcos’altro, è la fatica e l’incomodo che può risparmiargli e imporre agli altri. Risulta così in modo evidente che il lavoro è la sola misura universale e precisa del valore, ossia la sola norma con la quale possiamo confrontare i valori delle differenti merci in tutti i tempi e in tutti i luoghi. <ref>[[La ricchezza delle nazioni (Adam Smith)|Adam Smith, ''La ricchezza delle nazioni'']]</ref>}}
 
== La merce nell'interpretazione marxista ==
{{Quote|A prima vista, una ''merce'' sembra una cosa triviale, ovvia. Dalla sua analisi, risulta che è una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici. <ref>[[Carlo Marx|K. Marx]], ''[[Il Capitale]]'', Libro I, 1</ref>}}
 
[[File:Kapital titel bd1.png|thumb|right|200px|La prima edizione de ''Il capitale'']]
L'[[economia classica]] considerava fatti di per sé evidenti quelli che con il metodo marxiano divengono invece problemi da spiegare. Ad esempio che cos'è la merce? Per l'economia classica è un bene economico mobile destinato alla [[vendita]].
 
La merce, forma elementare della ricchezza nella società capitalistica, per [[Marx]] è innanzi tutto un ''valore d'uso'', un oggetto utile che soddisfa bisogni umani di qualunque specie (ad esempio il grano è una merce perché soddisfa il bisogno dell'alimentazione). Ma ogni merce è depositaria anche di un altro valore che permette il suo [[scambio]] con certe quantità di altre merci; ha anche un ''valore di scambio''. Per esempio, si può scambiare mezza tonnellata di ferro con 13 chili di grano o, in generale, X quantità della merce A con Y quantità di merce B e Z merce C con W merce D ecc.
 
Dunque una determinata merce ha insieme un valore d'uso, in relazione alla sua [[qualità]], e un valore di scambio, in relazione alla sua quantità; il primo valutato in funzione del [[consumo]], il secondo in funzione dello scambio.
 
Ma perché X merce A è scambiabile con Y merce B ecc.? Nell'esempio di Marx: ''"un'opera di Properzio e otto once di tabacco da fiuto possono avere lo stesso valore di scambio nonostante la diversità fra il valore d'uso di un tabacco o di un'elegia"''. Devono avere in comune qualcosa, della stessa grandezza, che non sia né A né B né C ecc. Si potrebbe dire che le due merci scambiate hanno la stessa quantità di [[denaro]]: ma questa non è una risposta; ci si può infatti chiedere perché la stessa quantità di denaro? Per Marx, il fattore comune è la ''quantità di [[lavoro]] impiegato per produrle'', " ''lavoro medio'' " la quantità di lavoro che è occorsa ''indipendentemente dall'abilità del singolo produttore'' delle merci oggetto dello scambio. La grandezza di valore di una merce è allora determinata dalla quantità di lavoro ''concreto'' racchiuso in essa, la quantità di lavoro equivalente al tempo di lavoro concreto medio impiegato per produrla.
 
Secondo altre interpretazioni del concetto di "merce" in Marx il lavoro astratto non sta ad indicare il lavoro inteso indipendentemente dalla sua qualità specifica, ma il fatto che ogni merce contiene oltre al lavoro ''concreto'', lavoro impiegato di fatto per produrre una merce, anche il lavoro ''astratto'' quello cioè che la società riconosce socialmente utile, utile ai suoi fini. <ref>Per questa interpretazione del "lavoro astratto" vedi: [http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=151 lavoro astratto e lavoro concreto nella merce secondo Marx]
</ref> Proprio quest'ultimo elemento spiega perché due prodotti che a parità d'abilità hanno la stessa quantità di lavoro concreto, poi non abbiano lo stesso prezzo, non vengano cioè scambiati alla pari. La [[società (sociologia)|società]] riconosce minore utilità sociale al prodotto a [[prezzo]] minore, cioè in quella merce il lavoro astratto è inferiore alla quantità di lavoro concreto necessario a produrla. In una società raffinata anche se il lavoro concreto per produrre un profumo è di molto inferiore a quello necessario per allevare una pecora, il profumo avrà un prezzo più elevato perché per esso il lavoro astratto è molto superiore a quello connesso alla pecora.