Inferno - Canto tredicesimo: differenze tra le versioni
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[[Immagine:Inferno Canto 13 verse 11.jpg
Il '''canto tredicesimo''' dell<nowiki>'</nowiki>''[[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]]'' di [[Dante Alighieri]] si svolge nel secondo girone del [[cerchi dell'Inferno|settimo cerchio]], dove sono puniti i [[violenza|violenti]] contro se stessi; siamo all'alba del 9 aprile [[1300]] ([[Sabato Santo]]), o secondo altri commentatori del 26 marzo [[1300]].
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==Analisi del canto==
===La selva dei suicidi - versi 1-30===
[[Immagine:Blake Dante Hell XIII.jpg|thumb|
[[Dante]] e [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], attraversato il [[Flegetonte]] grazie all'aiuto del [[centauro]] [[Nesso (mitologia)|Nesso]], si ritrovano in un [[bosco]] tenebroso. Non ci sono sentieri (vedremo poi che ciò è dovuto alla nascita casuale delle piante e al fatto che il dover farsi strada tra gli sterpi sia parte della pena degli scialacquatori) e Dante evoca il sinistro luogo con una famosa terzina scandita dalla tecnica della "Privatio" -o antitesi- "Non... ma...", anafora che si ripete nei vv. 1-4-7.
{{Citazione|Non fronda verde, ma di color fosco;<br />
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===L'arbusto sanguinante - vv. 31-54===
[[Immagine:Inferno Canto 13 verse 34.jpg
Dante "coglie" un ramicello da un grande arbusto e viene sorpreso dal grido "Perché mi schiante?" seguito dal fuoriuscire di sangue marrone dal punto reciso. Di nuovo arrivano parole dalla pianta "Perché mi scerpi? / non hai tu spirto di pietade alcuno? / Uomini fummo, e or siam fatti sterpi" (vv. 35-37) cioè "perché mi laceri? Eravamo uomini e ora siamo piante, perciò la tua mano dovrebbe essere più clemente". Al che Dante impaurito lascia subito il ramo.
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===Pier delle Vigne- vv. 55-78===
[[Immagine:Inferno- 1911, pier delle vigne.jpg|thumb
Il tronco, adescato dalle dolci parole, non può tacere e spera di non annoiarli se li "invischierà" un po' con i suoi discorsi: si notino due verbi tipicamente mutuati dalla pratica venatoria, passatempo tipico della corte di [[Federico II di Svevia]], come ''adescare'', prendere con l'esca, e ''invischiare'', afferrare con vischio. Il tono della conversazione si alza e diventa ricercato e artificioso, con rime difficili, discorsi intricati e ricchi di figure retoriche come [[ripetizione|ripetizioni]], [[allitterazione|allitterazioni]], [[metafora|metafore]], [[similitudine (figura retorica)|similitudini]], [[ossimoro|ossimori]], ecc.
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===Spiegazione di come i suicidi si trasformino in piante - vv. 79-108===
[[Immagine:Inf. 13 Giovanni di Paolo (c.1403–1483).jpg|thumb|left|
Virgilio, su richiesta di Dante, chiede quindi come le anime si trasformino in piante e se alcuna di esse si divincoli mai da tale forma. Di nuovo il tronco soffia prima forte e poi da quel "vento" tornano le parole: (parafrasi) "Brevemente vi sarà risposto: quando l'anima feroce del suicida si separa dal corpo dal quale essa stessa si è distaccata con la forza, [[Minosse]] (il giudice infernale), la manda al settimo cerchio ("foce"), dove cade nella selva a caso, dove la fortuna la balestra (di nuovo un verbo legato alla [[caccia]]). Lì nasce un ramoscello, poi un arbusto: le Arpie mangiando le sue foglie gli arrecano dolore e il dolore si manifesta in lamenti ([[chiasmo]] riferito a come dai rami rotti possano uscire parole e lamenti)" (vv. 93-102).
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===Gli scialacquatori - vv. 109-129===
[[Immagine:Inferno Canto 13 verse 120.jpg
I due poeti sono ancora in attesa di altre parole dal tronco quando la scena cambia improvvisamente. Si sentono rumori di caccia, come chi si senta venire incontro un cinghiale braccato da cani e cacciatori e che senta gli animali e le frasche spezzate. Ed ecco che dal lato sinistro Dante vede due anime nude e piene di graffi che scappano per la selva spaccando rami dappertutto (si tratta di un esempio di caccia infernale o [[caccia selvaggia]]<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/scialacquatori_%28Enciclopedia-Dantesca%29/# Scialacquatori in “Enciclopedia Dantesca” – Treccani<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>).
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===Il suicida fiorentino - vv. 130-151===
[[Immagine:Stradano Inferno Canto 13.jpg|thumb
Dopo la parentesi della caccia infernale, la scena torna silenziosa e meditativa: Virgilio indica a Dante il cespuglio dove si era riparato Jacopo e questi lo vede tutto piangente per le numerose ferite riportate durante l'assalto. Esso si lamenta contro Jacopo da Sant'Andrea ("Che t'è giovato di me far schermo? / Che colpa ho io della tua vita rea?", vv. 134-135), poi Virgilio gli chiede di parlare un po' di sé.
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