Letteratura di consumo: differenze tra le versioni
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==Generalità==
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L’espressione «letteratura di consumo» vuole evidenziare il fatto che il fine di essa è, appunto, quello di essere “consumata”, e solo in maniera marginale diventare oggetto di studi critici; estremizzando questa posizione, o riferendosi alle opere meno valide del versante in questione, in molti casi ci si spinge a utilizzare le espressioni man mano più denigranti di letteratura “popolare” (rivolta alla massa, quindi anche ai lettori più superficiali), “d’evasione” (lontana dalla realtà e dunque con fini esclusivamente ricreativi) e “da spiaggia” (utile cioè per trascorrere il proprio tempo libero rilassandosi).
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L’autore di opere di consumo, ad esempio, preferisce in generale una [[sintassi]] fluida e lineare e l’utilizzo di un vocabolario più o meno limitato; i periodi complessi sono evitati, e il [[linguaggio]] è quasi unicamente veicolo della narrazione. Ne consegue che i fattori non riguardanti direttamente il succedersi delle azioni e l’intrecciarsi delle vicende (digressioni, introspezioni psicologiche, decorazioni formali, descrizioni, ecc.), e che in più appesantirebbero l’opera rendendola indigesta ad una buona fetta di lettori, vengono messi in secondo piano oppure totalmente ignorati.
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Trascuratene le caratterizzazioni, capita che i personaggi delle storie restino stereotipati, definiti in base a elementi molto generali, e schematicamente divisi fra “buoni” e “cattivi”, [[eroe|eroi]] e antagonisti.
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Una produzione meno raffinata e più tesa ad accontentare il pubblico anche poco colto, che s’impone già nel [[teatro]] antico [[teatro greco|greco]] e [[teatro latino|romano]] e nel cosiddetto [[romanzo greco]] di età [[Ellenismo|ellenistica]], si fa strada in [[Italia]] nel [[XVI secolo|Cinquecento]], in particolare tra gli autori che avversano le rigidità del nuovo [[classicismo (letteratura)|classicismo]] e che vengono incoraggiati, nella loro attività, dagli stessi tipografi. [[Anton Francesco Doni]], [[Pietro Aretino]], [[Francesco Berni]] fondano la figura del letterato “di mestiere”, che mira a conquistare l’indipendenza economica con i suoi scritti e s’impegna dunque per venire incontro anche ai lettori meno sofisticati, o più in generale agli ambienti esterni alle corti, in aperta opposizione con i canoni classicistici ed [[Aristotele|aristotelici]]. Si diffondono di conseguenza le opere [[Dialetto|dialettali]], oppure di argomento scandalistico o sarcastico, dall’aspetto lezioso o dissacratorio, portando, in alcuni casi, attraverso il rifiuto delle convenzioni e dello stile aulico, a esempi di vero e proprio [[realismo (letteratura)|realismo]].
[[Immagine:David Copperfield.jpg|
È tuttavia solo nell’[[XIX secolo|Ottocento]] che si diffonde, in [[Italia]] come in molti altri paesi occidentali, il fenomeno della letteratura di consumo. La seconda [[rivoluzione industriale]], che tocca in maniera significativa un’area ben più vasta rispetto a quella interessata dalla prima nel corso del [[XVIII secolo|Settecento]], produce evidentissime trasformazioni all’interno delle società e delle culture, connettendosi chiaramente al nascere della [[Positivismo|filosofia positivistica]]; lo stesso incremento dell’[[industria]] e della [[tecnica]] spinge il mondo letterario a preferire sempre più la [[prosa]], ed in particolare il [[romanzo]], alla [[poesia]], in quanto maggiormente adatta a descrivere costumi, società, eventi storici e politici in maniera diretta, “scientifica” e priva di artifizi.
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L’[[industria editoriale]] reclama le esigenze di mercato; gli autori vengono sempre più pressati dalla necessità di produrre opere che siano comprensibili e piacevoli per tutti, anche per i meno istruiti, e nello stesso tempo intravedono le possibilità di una nuova fonte remunerativa, atta a garantire una vita agiata, pur sempre col sostegno di un’altra professione: molti scrittori scelgono ad esempio il [[giornalismo]], altro fenomeno di straordinario sviluppo, per analoghi motivi, nell’[[XIX secolo|Ottocento]], anche se ben noto già al secolo precedente. Il punto d’incontro fra narrativa e giornalismo lo si ritrova nel cosiddetto “[[romanzo d'appendice]]” o “[[feuilleton]]”, pubblicato a puntate nelle ultime pagine dei [[quotidiano|quotidiani]].
[[Immagine:Pinocchio_visto_da_Enrico_Mazzanti_(1883).jpg
In accordo con i gusti più superficiali e con la cultura spesso mediocre di una grande fetta di pubblico, si definisce inoltre la [[narrativa di genere|letteratura “di genere”]], col nascere dei [[romanzo|romanzi]] avventurosi, sentimentali, polizieschi, [[fantascienza|fantascientifici]] e per l’infanzia, in gran parte basati sui colpi di scena, sul patetismo e anche, in contrapposizione col realismo dominante, sull’abbandono alla fantasia e sulla suggestione di avventure esotiche.
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