Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia: differenze tra le versioni
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Le '''''Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia''''' (in [[lingua inglese|inglese]]: ''Reflections on the Revolution in France'')<ref>Titolo con sottotitolo: ''Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia, e sulle deliberazioni di alcune società di Londra relative a tale evento. In una lettera indirizzata ad un gentiluomo di Parigi, dell'onorevole Edmund Burke'' (in [[lingua inglese|inglese]]: ''Reflection on the Revolution in France, and on the proceedings in certain societies in London relative to that event. In a letter intended to have been sent to a gentleman in Paris. By the Right Honourable Edmund Burke'').</ref> è l'opera più celebre di [[Edmund Burke]] e la più famosa [[invettiva]] mai scritta contro la [[Rivoluzione francese]]. Nate da un carteggio con un gentiluomo parigino, vennero pubblicate a [[Londra]] il 1º novembre [[1790]], e tale fu la loro fama, che esse divennero subito un "[[best-seller]]".<ref name="Reflections"/> In soli sei mesi ne furono vendute 19.000 copie;<ref name="Reflections"/> nel settembre [[1791]] solo in [[Gran Bretagna]] vi furono undici ristampe, mentre l'opera già correva per l'[[Europa]], tradotta nelle maggiori lingue.<ref name="Reflections"/><ref>La prima edizione italiana dell'opera fu pubblicata a [[Colonia (Germania)|Colonia]], in [[Germania]], nel [[1791]] ([http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=iccu&select_db=iccu&nentries=1&from=5&searchForm=opac/iccu/error.jsp&resultForward=opac/iccu/full.jsp&do=search_show_cmd&rpnlabel=+Autore+%3D+burke+(parole+in+AND)++AND+Titolo+%3D+rivoluzione+(parole+in+AND)+&rpnquery=%40attrset+bib-1+%40and++%40attr+1%3D1003+%40attr+4%3D2+%22burke%22++%40attr+1%3D4+%40attr+4%3D2+%22rivoluzione%22&totalResult=16&fname=none&brief=brief opac.sbn.it]).</ref>
== Contesto storico ==
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{{vedi anche|Rivoluzione francese}}
Il 2 novembre [[1789]], l'[[Assemblea Nazionale Costituente|Assemblea Nazionale]], su proposta di [[Charles Maurice de Talleyrand-Périgord|Talleyrand]], allora [[vescovo]] di [[Autun]], confiscò tutti i beni ecclesiastici, mettendoli a disposizione dello [[Stato]] per l'estinzione del debito pubblico. In quello stesso anno vennero introdotti gli [[Assegnato|assegnati]], una forma di [[carta moneta]] garantita dai "domini nazionali", che i detentori potevano utilizzare per acquistare i beni confiscati alla [[Chiesa cattolica|Chiesa]]. Sebbene utilizzati in principio come buoni del tesoro, ricevettero ben presto un [[corso forzoso]], andando di fatto a sostituire le ''[[livre]]s''. L'emissione incontrollata di [[Assegnato|assegnati]], che sfiorò i quattrocento milioni, scatenò una crescita vertiginosa del [[tasso d'inflazione]], andando così a innescare una devastante [[recessione]] dell'intera [[economia]] francese.<ref>Jean Jaurès, [http://fr.wikisource.org/wiki/La_Constituante/Les_Biens_nationaux ''Les Biens nationaux''], all'interno dell'''Histoire socialiste de la France contemporaine''.</ref>
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La nazionalizzazione dei beni della [[Chiesa cattolica|Chiesa]] spinse l'[[Assemblea Nazionale Costituente|Assemblea Nazionale]] ad interessarsi del finanziamento del [[clero]]. Il 12 luglio [[1790]] fu approvata la [[Costituzione civile del clero]]: le diocesi vennero ridotte da centotrenta ad ottantatré, facendole coincidere con i dipartimenti; [[parroci]] e [[vescovi]] divennero a tutti gli effetti [[funzionario pubblico|funzionari pubblici]] stipendiati dallo [[Stato]] e, in quanto tali, tenuti a prestare giuramento alla [[Costituzione]]. Seguendo una [[Gallicanesimo|tradizione gallicana]] ben ancorata in una parte dei rappresentanti del [[Terzo Stato]] e degli [[illuministi]] favorevoli alla secolarizzazione della società, i deputati non domandarono al [[Papa]] il proprio giudizio sulle riforme del clero cattolico francese. I primi sacerdoti cominciarono a prestare giuramento senza attendere il pronunciamento del [[Papa|sovrano pontefice]]. La [[Costituzione civile del clero|Costituzione]] divise la popolazione in due campi antagonisti: la maggior parte degli ecclesiastici furono non giuranti, ovvero "refrattari".<ref>[[Reynald Secher]], ''Il genocidio vandeano'', Effedieffe edizioni, 1991, p.83.</ref> Questo fu l'inizio del dramma sociale che si verificò tra il [[1792]] ed il [[1793]],<ref>{{en}} [http://www.newadvent.org/cathen/13009a.htm Catholic Encyclopedia. ''French Revolution'', ''Civil constitution of the clergy''.]</ref> e che si acuì ulteriormente durante il [[Regime del Terrore]]. Il 10 marzo [[1791]] [[papa Pio VI]] si pronunciò contro la Costituzione civile con l'[[enciclica]] ''Quod aliquandum''<ref>[http://www.totustuustools.net/magistero/p6quodal.htm Testo dell'enciclica Quod aliquandum].</ref> e il mese successivo, con l'enciclica ''Charitas quae'',<ref>[http://www.totustuustools.net/magistero/p6charit.htm Testo dell'enciclica Charitas quae].</ref> sospese ''[[Sospensione a divinis|a divinis]]'' tutti i sacerdoti e vescovi "costituzionali" (ossia coloro che avevano giurato fedeltà alla costituzione) e tutti quei vescovi consacrati dagli stessi.
[[Talleyrand]], che tra i primi sette "vescovi giurati" era stato il principale sostenitore della Costituzione civile del clero e che aveva [[Ordine sacro|ordinato]] i primi due vescovi "costituzionali" (i cosiddetti "''talleyrandistes''"), venne quindi [[scomunica]]to e [[Dimissione dallo stato clericale|dimesso dallo stato clericale]].<ref>{{cita libro|autore=Luigi Mezzadri|titolo=La rivoluzione francese e la Chiesa|editore=Città nuova|anno=2004|città=Roma|pagine=p. 102|id=ISBN 88-311-0337-7}}</ref>
[[File:Burke & Fox.jpg|thumb|left
La questione religiosa e le drastiche riforme imposte d'autorità dall'[[Assemblea Nazionale Costituente|Assemblea]] aggravarono il malcontento di una larga parte dei [[francesi]]. Agli inizi del [[1790]] nel sud della [[Francia]] scoppiarono delle discordie tra [[cattolici]] e [[protestanti]], mentre la questione del giuramento degenerò presto in scontro violento nell'[[Ovest]], in [[Vandea]] e [[Bretagna]], regioni fortemente cattoliche e leali al [[re]], dove il [[clero]], sostenuto dalla popolazione, si era in gran maggioranza schierato su posizioni "refrattarie".
Nel frattempo, gli Stati europei rimasero per lo più indifferenti alla situazione francese, mentre in alcuni casi si verificarono perfino delle tiepide adesioni. Tuttavia in [[Regno di Gran Bretagna|Gran Bretagna]], il 9 febbraio [[1790]], durante il discorso sul bilancio preventivo militare (''Speech on the Army Estimates Bill'') alla [[Camera dei Comuni (Regno Unito)|Camera dei Comuni]], lo [[statista]] e [[filosofo]] anglo-irlandese [[Edmund Burke]] manifestò per primo pubblicamente la propria riprovazione per i fatti che si stavano verificando in [[Francia]].<ref name="Burke_Fusano">[http://www.filosofico.net/burke.htm ''Edmund Burke'', (a cura di) D. Fusaro].</ref>
Durissima fu la replica di Burke alle parole di [[Charles James Fox]], inneggianti agli avvenimenti francesi e alle delibere dell'[[Assemblea Nazionale Costituente|Assemblea Nazionale]].<ref name="National_Review">Conor Cruise O'Brien. ''A vedication of Edmund Burke'' (articolo su "National Review", 17 dicembre 1990).</ref>
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Il 6 maggio dello stesso anno, altrettanto risoluta fu un'altra replica a Fox, che aveva celebrato la nuova costituzione francese definendola come «il più stupendo e glorioso monumento alla Libertà che sia mai stato eretto sulle fondamenta dei diritti dell'uomo».<ref name="National_Review"/>
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Seguirono dei disordini in aula, per lo più fomentati da Fox ed il suo giovane pupillo [[Richard Brinsley Sheridan|Richard Sheridan]], e Burke fu costretto ad interrompere il proprio discorso. Tra le grida dei deputati, Burke riuscì a stento a riprendere la parola, apostrofando il suo collega:
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A distanza di pochi mesi, Burke dava alle stampe le ''Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia'', confermando la definitiva rottura con Fox e gli altri membri del [[Whig (Regno Unito)|partito ''Whig'']]. La fine dell'amicizia fra i due decretò anche lo scoppio di una serie di divisioni tra gli stessi ''Whigs'', che di lì a poco si sarebbero divisi fra gli "''Antichi Whigs''", sostenitori di Burke e del governo ''tory'' del [[primo ministro]] [[William Pitt il Giovane]], e i "''Nuovi Whigs''" seguaci di Fox, segnando di fatto un frattura che mai più sarebbe stata colmata, salvo il breve periodo del [[Ministero di tutti gli Ingegni]], nel caos istituzionale seguito alla morte di Pitt nel [[1806]].<ref name="National_Review"/>
== Genesi dell'opera ==
[[File:EdmundBurke1771.jpg|thumb|
Le ''Riflessioni'' ebbero origine da un carteggio con un giovane aristocratico parigino, Charles-Jean-François Dupont, che aveva conosciuto [[Edmund Burke]] nel corso di un viaggio in [[Inghilterra]]. Il 4 novembre [[1789]], pochi mesi dopo la [[presa della Bastiglia]], Dupont scrisse a [[Edmund Burke|Burke]], chiedendogli le sue impressioni riguardo alla piega che in [[Francia]] stavano prendendo gli eventi. [[Edmund Burke|Burke]] rispose all'amico con due lettere, la seconda delle quali, la più lunga, diventò la base su cui vennero sviluppate, ampliate e redatte le ''Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia''. Non è un caso, perciò, come sottolinea lo stesso [[Edmund Burke|Burke]] nella breve introduzione, che egli abbia voluto mantenere consapevolmente la struttura dell'opera in forma epistolare.<ref name="Reflections">[[Edmund Burke]], ''Reflections on the Revolution in France'', a cura di L. G. Mitchell. Oxford University Press, USA, 1999, Introduction, VII-XIX.</ref>
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== Contenuto dell'opera ==
[[File:Ouverture des États généraux de 1789 à Versailles.jpg|thumb
La critica serrata che Burke muove nelle ''Riflessioni'' alla [[Rivoluzione francese]] parte da un nodo ed un presupposto fondamentali. Secondo lo statista anglo-irlandese, la rivoluzione francese è irrimediabilmente destinata al disastro, perché essa poggia le proprie fondamenta ideologiche su nozioni astratte, che hanno la pretesa di essere razionalmente fondate, ma che al contrario ignorano la complessità della natura umana e della [[società (sociologia)|società]].<ref name="Reflections"/> [[Edmund Burke|Burke]] considerava la [[politica]] da un punto di vista pragmatico, e rigettava le idee ed il [[razionalismo]] astratto dei filosofi dell'[[Illuminismo]], come il [[Jean Antoine Caritat|marchese di Condorcet]], secondo i quali la [[politica]] poteva essere ridotta ad un mero sistema basato sulla [[matematica]] e su di un rigida [[logica]] deduttiva. Formatosi sugli scritti di [[Cicerone]], [[Aristotele]], [[Platone]], [[Agostino d'Ippona|Sant'Agostino]] e [[Montesquieu]], Burke credeva in un governo basato sul "sentimento degli uomini", piuttosto che sul freddo raziocinio. Per tale motivo ricorrono spesso, nelle ''Riflessioni'', giudizi negativi e di aperta condanna contro tutti quegli esponenti dell'[[Illuminismo]], soprattutto francese, come [[Voltaire]], [[Jean-Jacques Rousseau|Rousseau]], [[Claude-Adrien Helvétius|Helvétius]], [[Anne Robert Jacques Turgot|Turgot]], che negavano o snaturavano i concetti del [[Peccato originale]] e della [[Divina Provvidenza]], e dell'azione di quest'ultima all'interno della società umana.<ref name="Reflections"/>
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Come [[Anglicanesimo|anglicano]] e ''[[Whig (Regno Unito)|whig]]'', Burke non condivide la nozione di "[[Diritto divino dei re|diritto divino]]", ma, contro [[Jean-Jacques Rousseau|Rousseau]], egli difende il ruolo centrale del diritto alla [[proprietà privata]], della [[tradizione]] e del "[[pregiudizio]]" (quest'ultimo inteso però come l'adesione di un popolo a un complesso di valori privi di giustificazioni razionali coscienti), la garanzia dei quali volge gli uomini ai comuni interessi di prosperità nazionale ed ordine sociale. Egli si mostra favorevole a riforme moderate e graduali, purché esse rientrino in un ordine costituzionale.
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[[Edmund Burke|Burke]] insiste sul fatto che una dottrina politica fondata su nozioni astratte come la [[libertà]], l'uguaglianza e i diritti dell'uomo può essere facilmente utilizzata da coloro che detengono o concorrono al potere per giustificare delle azioni tiranniche ed oppressive. In tal modo egli sembra profeticamente preannunciare i disastri e le atrocità che avverranno in [[Francia]] di lì a poco sotto la [[dittatura]] di [[Maximilien de Robespierre|Robespierre]], durante il [[Regime del Terrore]].<ref name="Reflections"/>
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Per Burke gli individui sono soprattutto dominati da "sentimenti innati" e sono fortemente attaccati ai loro "pregiudizi"; la capacità di ragionamento e discernimento degli uomini è limitata ed essi preferiscono perciò affidarsi proprio ai loro pregiudizi. Egli difende i "pregiudizi" umani in virtù della loro utilità pratica. Attraverso essi l'individuo può determinare rapidamente le decisioni da prendere in situazioni problematiche; in poche parole, negli esseri umani i "pregiudizi" «fanno dell'abitudine una virtù».<ref name="Reflections"/>
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Era infatti, secondo [[Edmund Burke|Burke]], proprio contro la [[Cristianesimo|religione cristiana]] e la [[Chiesa Cattolica|Chiesa]] che la [[Rivoluzione francese|Rivoluzione]] aveva mosso fin dall'inizio la sua più feroce offensiva. Egli riconobbe nei primi atti dell'[[Assemblea Nazionale Costituente|Assemblea]], dominata dal dogma politico di [[Emmanuel Joseph Sieyès|Sieyès]], un esplicito attacco al [[Cristianesimo]], concretizzatosi nella confisca delle [[proprietà (diritto)|proprietà]] della [[Chiesa Cattolica|Chiesa]] e nella [[Costituzione civile del clero]]. Ma c'era qualcosa di più. Dietro alla [[secolarizzazione dei beni ecclesiastici]] come garanzia dell'emissione di un prestito nazionale e degli [[Assegnato|assegnati]], egli intuì il mascheramento di un secondo attacco, altrettanto devastante, facente parte di una duplice [[congiura]] dai disegni ben più occulti.<ref name="Reflections"/><ref name="Congiura">John G. A. Pocock. ''Edmund Burke storico della Rivoluzione'', (a cura di) B. Bongiovanni e L. Guerci. Einaudi, Torino, 1989, passim.</ref>
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[[File:Assignat de 10 livres.jpg|thumb|left
[[File:Jean Duplessi-Bertaux 001.jpg|thumb|left
Burke individuò la prima parte di questa cospirazione nei ''philosophes'' e negli ''idéologues'' che fin dagli inizi del secolo dominavano la cultura francese. Questi "chierici laici" (come li definì [[Edmund Burke|Burke]] nelle ''Riflessioni'') erano stati inizialmente soggetti al controllo delle [[Accademia|accademie]], fondate verso la fine del [[XVII secolo]] da [[Luigi XIV]]. Durante i regni successivi, tuttavia, la loro emancipazione era sempre più cresciuta, essendo venuti meno il patrocinio della [[Casa regnante|Corona]] e della [[Chiesa Cattolica|Chiesa]], ed il [[mecenatismo]] dell'[[aristocrazia]], fino a trasformarsi in una vera e propria macchina ideologia. ''Philosophes'' e ''idéologues'' si erano perciò riorganizzati intorno ad imprese editoriali indipendenti, come quella che aveva varato il vasto progetto dell'''[[Encyclopédie]]'', guidate da sottili ideologi che miravano alla distruzione della [[Cristianesimo|religione cristiana]].<ref name="Reflections"/> Tuttavia, secondo Burke, dietro a molti di questi "chierici" radicali e ''amateur'' letterari si celavano figure più sinistre, denominate, nella terminologia burkeana, come "speculatori" ("''speculator''") o "agitatori" ("''stock-jobber''").<ref name="Reflections"/>
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[[Edmund Burke|Burke]] credeva che l'intesa tra questi gruppi sovversivi non fosse affatto puramente accidentale. Negli ultimi decenni, infatti, dai germi seminati dalla cultura di [[Illuminismo|Lumi]], erano nate grandi e pericolose cospirazioni, come quella degli [[Illuminati]] di [[Baviera]]. In tutta [[Europa]], intanto, gli [[Stati]] stavano sprofondando in un indebitamento sempre più pesante, che li avrebbe ben presto condotti alla [[bancarotta]], fino a divenire così facili prede dei loro stessi creditori.<ref name="Reflections"/><ref name="Congiura"/>
[[File:Louise Elisabeth Vigée-Lebrun - Marie-Antoinette dit « à la Rose » - Google Art Project.jpg|thumb
Il secondo evento cruciale della [[Rivoluzione francese|Rivoluzione]], così come Burke vedeva le cose nel [[1789]]-[[1790|90]], era rappresentato dai fatti di [[Versailles]] del 5-6 ottobre. Egli descrive tutte le violenze perpetrate contro [[Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena|Maria Antonietta]] finendo col fare di lei il simbolo della fine di un'età della cavalleria, da lui amaramente rimpianta. Sebbene in questo punto sembri in qualche modo cedere al sentimentalismo, [[Edmund Burke|Burke]] ebbe però il grande merito di riportare alla memoria un importante concetto di [[Sociologia|sociologia storica]].<ref name="Congiura"/> I [[Filosofia della storia|filosofi della storia]] britannici e francesi, le cui opere erano ben note a [[Edmund Burke|Burke]], concordavano tutti sul considerare lo sviluppo della [[Cavalleria medievale|cavalleria]] in [[Medioevo|epoca medievale]], e soprattutto l'atteggiamento nei riguardi della [[donna]], quali fattori capitali per la formazione di quel codice di comportamento, sia aristocratico che delle [[élite (sociologia)|élite]] rurali ed urbane (si pensi alla ''[[gentry (classe sociale)|gentry]]''), che aveva modificato completamente il costume degli europei moderni da quello degli antichi.<ref name="Congiura"/>
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Infine Burke mise in evidenza come l'instabilità ed il disordine generale che avrebbero accompagnato e seguito la [[Rivoluzione francese|Rivoluzione]], avrebbero reso l'esercito, ossia la [[Guardia nazionale francese]], incline ad [[ammutinamento|ammutinarsi]] o a sostenere un ruolo chiave all'interno delle dispute fra fazioni ideologiche e politiche. Egli afferma che un generale popolare, capace di farsi amare ed obbedire dai suoi soldati, una volta spentisi i fuochi maggiori del disastro rivoluzionario, avrebbe potuto rapidamente divenire «padrone dell'Assemblea e dell'intera nazione». Pareva egli così predire l'avvento della dittatura militare e dell'impero [[Napoleone Bonaparte|napoleonico]]. In seguito la storico francese [[Jean Jacques Chevallier]] affermò: «Burke, [[Cassandra (mitologia)|Cassandra]] amara e frenetica, denunciava le future calamità che la Rivoluzione avrebbe prodotto. I fatti volgevano nella direzione da lui preannunciata e gli davano ragione, sempre più ragione».<ref>Jean-Jacques Chevallier, ''Le grandi opere del pensiero politico. Da Machiavelli ai nostri giorni'', Trad. it. di D. Barbagli. Bologna, Il Mulino, 1998.</ref>
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== Influenza dell'opera ==
=== Influenza sui contemporanei ===
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[[File:Knight of the woeful countenance 05424u.jpg|thumb
Le ''Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia'' ebbero molto successo già nei primi mesi della loro pubblicazione, lo stesso sovrano inglese [[Giorgio III del Regno Unito|Giorgio III]] le raccomandò come «un libro che ogni gentiluomo dovrebbe leggere».<ref name="Fraser">Antonia Fraser, ''Maria Antonietta - La solitudine di una regina'', trad. di J. Peregalli e C. Pierrottet, Mondadori, Milano, 2001, pp.347-348.</ref> [[Edmund Burke|Burke]] ne diede infatti una copia al [[John Sackville, 3º Duca di Dorset|duca di Dorset]], ambasciatore britannico, con la speranza che l'avrebbe fatta circolare anche all'estero, mentre un'altra copia venne tradotta in [[lingua francese|francese]] dal [[Cosmopolitismo|cosmopolita]] [[Louis Dutens]], e presentata alla [[Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena|regina di Francia]] dalla [[duchessa]] di St. James.<ref name="Fraser"/> È possibile che con il tempo anche [[Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena|Maria Antonietta]] abbia letto il libro, che faceva di lei, ancora in vita, un'eroina leggendaria.<ref name="Fraser"/>
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=== Influenza sui posteri ===
[[File:Joseph de Maistre Vogel von Vogelstein ca 1810.jpg|thumb|left|
Le ''Riflessioni'' divennero negli anni successivi di fatto il [[breviario]] di tutta la corrente controrivoluzionaria e [[Conservatorismo|conservatrice]], che si opponeva al [[radicalismo]] politico della [[Rivoluzione francese]].<ref>Salinari-Ricci, ''Storia della Letteratura Italiana''. Laterza, Roma-Bari, 1997. Vol. 2, pp. 253 e seg. ("L'età della Restaurazione" - Antologia: "La filosofia della Reazione").</ref> Ampiamente lette dai contemporanei e dai posteri, esse avranno un'influenza decisiva sia su esponenti della corrente "reazionaria", come il [[conte]] savoiardo [[Joseph de Maistre]],<ref>[http://www.scuoladieducazionecivile.org/igna1_2007.htm ''Joseph de Maistre, pensatore europeo'' da una lezione del dott. Ignazio Cantoni].</ref> sia su esponenti della corrente liberale.<ref>[http://books.google.it/books?id=pSTLftS1LWMC&pg=PA68&dq=Burke%2BWhig#PPA68,M1 Ian Adams. ''Ideology and Politics in Britain Today''. Manchester University Press, 1998, p. 68 ss.]</ref>
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Sempre [[Friedrich Hayek|Hayek]] e [[Karl Popper|Popper]], due dei principali esponenti del liberalismo del [[XX secolo|Novecento]], riconobbero il loro debito nei confronti di [[Edmund Burke|Burke]]. Per il saggista [[Stati Uniti d'America|americano]] [[Russell Kirk]], le ''Riflessioni'', assieme alle altre opere burkeane, rappresentano senza dubbio lo «statuto del conservatorismo moderno».<ref>«Together, these works of a giant near his end are the charter of conservatism». Russell Kirk. ''The Conservative Mind''. Regnery, 1986, p. 23.</ref>
[[File:Russell Kirk.jpg|thumb|
Un debito della rinascita burkeana in [[età contemporanea]], va anche ad un altro studioso [[Stati Uniti d'America|statunitense]], [[Peter Stanlis]]. Questi, tra i suoi meriti, ha avuto quello di dimostrare la totale inesistenza di [[utilitarismo]] all'interno della [[Politica|dottrina politica]] di Edmund Burke, pure sostenuta da alcuni critici ottocenteschi.<ref name="Stanlis">[http://www.alleanzacattolica.org/indici/articoli/stanlisp267_268.htm Peter J. Stanlis, ''Edmund Burke e il giusnaturalismo classico'' (articolo su "Cristianità", n. 267-268)].</ref>
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