A priori e a posteriori: differenze tra le versioni

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==Filosofia antica e medioevale==
Nella storia della filosofia antica e medioevale i due termini riguardano non solo i procedimenti conoscitivi ma assumono anche un significato metafisico che si riferisce alla differenza intercorrente tra il piano dell'essere e quello dell'esperienza. Così in Platone <ref>«Qualche studioso ha ravvisato nella reminiscenza delle idee la prima scoperta occidentale dell<nowiki>'</nowiki>''a priori''» una teoria che può essere accolta a patto che si distingua quello platonico dall'a priori kantiano che è di tipo soggettivo. Le idee platoniche possonoinfatti essere intesesono, come anche Rosmini pensava in polemica con la dottrina kantiana, un ''a priori'' oggettivo,: esse infatti sono oggetto della mente che le contempla e che con la reminiscenza «''coglie'' non ''produce'' le idee, le coglie ''indipendentemente dall'esperienza'' anche se con il concorso dell'esperienza...» (in [[Giovanni Reale]], ''Il pensiero antico'', Vita e Pensiero, 2001 pp.140-141</ref> si distingueva tra il sapere rappresentato dalle ''idee'' e quello fenomenico empirico. Aristotele supera ogni concezione trascendente e distingue tra l'acquisizione del sapere universale tramite πρότερον πρός ἡμᾶς ("ciò che è più noto e anteriore per noi"), cioè ciò che è più vicino alla sensazione, il particolare, dal πρότερον ϕύσει ("ciò che è anteriore e più noto per natura") vale a dire quello che è più lontano dalle sensazioni: l'universale. <ref>Aristotele, ''Analitici secondi'', I, 2</ref>
I filosofi medioevali arabi e successivamente gli scolastici ripresero questi concetti e distinsero la dimostrazione basata sull<nowiki>'</nowiki>''a priori'' come perfetta poiché inizia dalla causa per risalire all'effetto (demonstratio per quid), mentre è giudicata imperfetta quella ''a posteriori'', risalente dall'effetto alla causa (demonstratio quia). <ref>Enciclopedia Garzanti di Filosofia, 1977, alla voce "a priori-a posteriori"</ref>