Cogito ergo sum: differenze tra le versioni

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{{torna a|Discorso sul metodo}}
La [[locuzioni latine|locuzione]] '''''Cogitocogito ergo sum''''', che significa letteralmente ''"Pensopenso dunque sono"'', è l'espressione con cui [[Cartesio]] esprime la certezza indubitabile che l'uomo ha di se stesso in quanto soggetto pensante.<ref>Cartesio, ''Principia philosophiae'' 1, 7 e 10, 1644.</ref>
 
== Il percorso del ''Cogitocogito'' ==
{{Vedi anche|Meditazioni metafisiche#Sum ergo cogito{{!}}Sum ergo cogito}}
Cartesio vi perviene mosso dalla ricerca di un [[metodo]] che dia la possibilità all'uomo di distinguere il vero dal falso, non soltanto per un fine strettamente speculativo, ma anche in vista di un'applicazione pratica nella vita. Per scoprire tale metodo, il filosofo francese adotta un procedimento di critica totale della [[conoscenza]], il cosiddetto ''dubbio metodico'', consistente nel mettere in [[dubbio]] ogni affermazione, ritenendola almeno inizialmente falsa, nel tentativo di scoprire dei principi ultimi o delle massime che risultino invece indubitabili e su cui basare poi tutta la conoscenza.<ref>Cartesio, ''Discorso sul metodo'', 1637.</ref>
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{{citazione|Bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità, ''penso dunque sono'', era così salda e certa da non poter vacillare sotto l’urto di tutte le più stravaganti supposizioni degli scettici, giudicai di poterla accettare senza scrupolo come il primo principio della filosofia.|''Discorso sul metodo'', Laterza, Roma-Bari, 2004}}
 
== Implicazioni del ''Cogitocogito'' ==
Con il ''Cogitocogito ergo sum'' Cartesio sembra rifarsi alla filosofia di [[Agostino d'Ippona|Agostino]] e alla sua affermazione ''[[Si fallor sum]]'' (''Se sbaglio esisto''),<ref>Agostino, ''La città di Dio'', XI, 26: «''Non qui non est, utique nec falli potest, ac per hoc sum; si enim fallor, sum''» («Ciò che non è, non può far niente, tantomeno sbagliare, il che è già far qualcosa; se dunque dubito, sono»).</ref> ma in realtà ne capovolge radicalmente la prospettiva: per Agostino, infatti, il [[dubbio]] era espressione della [[verità]], e significava che io ho la capacità di dubitare solo in quanto c'è una Verità che mi trascende e rende possibile il mio [[pensiero]].
 
Cartesio invece, che tiene lui stesso a sottolineare la differenza col metodo agostiniano, intende affermare che è la verità a scaturire dal dubbio, non viceversa. Il fatto di dubitare, cioè, è la condizione che mi permette di dedurre l'[[essere]] o la verità.<ref>La supremazia del ''cogito'' mette in evidenza la differenza di Cartesio rispetto ad esempio all'[[agostinismo]] di [[Tommaso Campanella|Campanella]]: «Per Cartesio l'autocoscienza è pensiero, e solo pensiero. [...] Mentre per Campanella essa era l'uomo e ogni cosa della natura, [...] la teoria ontologica cartesiana è tutta assorbita dall'esigenza critica del ''cogito'' al quale si riduce ogni dato; l'essere è condizionato dal conoscere» (Antonino Stagnitta, ''Laicità nel Medioevo italiano: Tommaso d'Aquino e il pensiero moderno'', Roma, Armando editore, 1999, pag. 78).</ref> Solo così il dubbio può diventare "metodico": arrivando a giustificarsi da sé, e non sulla base di una verità ad esso pregressa, il dubbio stesso si assume il compito di distinguere il vero dal falso.
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Estimatore di Cartesio sarà invece [[Hegel]], il quale, salutandolo come l'iniziatore del [[filosofia moderna|pensiero moderno]] dopo secoli di filosofia presunta "misticheggiante", dirà di lui: «Qui possiamo dire che siamo a casa e, come il navigante dopo una lunga peripezia su un mare tumultuoso, possiamo gridare "Terra!"».<ref>Hegel, ''Vorlesungen'', 19, 3, 328.</ref>
 
Altri interpreti, ad esempio [[Emmanuel Lévinas]], sottolineano come nel ''Cogitocogito'' cartesiano vi sia una preminenza del soggetto sull'oggetto, che sarebbe allora incompatibile con la loro presunta identificazione: la dimostrazione cartesiana di una corrispondenza del soggetto pensante con l'oggetto pensato avviene tutta all'interno del soggetto stesso, quindi non atterrebbe alla sfera sicura dell'oggettività, ma a quella evanescente della soggettività.
 
Un ribaltamento ironico, ma solo apparentemente innocuo, della prospettiva cartesiana, si ritrova nella rielaborazione della sua famosa locuzione in «penso, dunque Cartesio esiste» elaborata dal disegnatore [[Saul Steinberg]] (1914-1999).<ref>[http://www.aforismario.it/passi-filosofici.htm Le frasi più celebri dei filosofi].</ref>