Federico Caccia: differenze tra le versioni

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Il padre aveva ricoperto la carica di decurione a [[Novara]] ed a [[Milano]], dove tra l'altro era stato anche membro dei Dodici di provvisione, della Congregazione del Banco di Sant'Ambrogio e priore dell'Ospedale Maggiore. Quando Camillo morì nel [[1642]], dei suoi due figli il primogenito, Ottavio, ereditò dal padre il decurionato Novara, mentre il secondogenito, Federico, venne avviato in un primo tempo alla carriera legale. Dopo aver studiato al collegio dei gesuiti di Brera a [[Milano]] ove ottenne i primi rudimenti da Nicola Casati, venne ammesso al Collegio Borromeo di [[Pavia]] studiando alla locale università ove ottenne di laurearsi nel [[1662]]. Nel [[1664]] venne accolto nel Collegio dei Nobili Giureconsulti di [[Milano]] per poi spostarsi a [[Roma]] dove fu avvocato concistoriale sotto il pontificato di [[Clemente X]]. Con l'ascesa del lombardo [[Innocenzo XI]], la carriera del Caccia fu estremamente rapita: divenuto rettore dell'Arciginnasio di [[Roma]] (carica che ricoprì per quattro anni), divenne uditore del Tribunale della [[Sacra Rota]] e luogotenente del Sant'Uffizio, nonché elemosiniere del pontefice col titolo di prelato domestico di Sua Santità.
 
Malgrado questi incarichi, la sua indole lo aveva spinto in precedenza a rifiutare anche incarichi di peso come la guida delle diocesi di [[Diocesi di Lucca|Lucca]], [[Diocesi di Novara|Novara]] o [[Diocesi di Cremona|Cremona]] che gli erano state proposte dalla corte pontificia. Nel [[1693]] venne nominato [[arcivescovo titolare]] di [[Arcidiocesi di Laodicea di Frigia|Laodicea di Frigia]] il 2 gennaio del [[1693]], consacratonon aessendo [[Roma]]ancora ilstato 4ordinato gennaiosacerdote. dello stesso anno dal cardinale [[Galeazzo Marescotti]].
 
SuccessivamenteNel [[1693]] venne nominato [[arcivescovo titolare]] di [[Arcidiocesi di Laodicea di Frigia|Laodicea di Frigia]] il 2 gennaio del [[1693]], consacrato a [[Roma]] il 4 gennaio dello stesso anno dal cardinale [[Galeazzo Marescotti]]. Propedeuticamente venne nominato nunzio apostolico in Spagna (5 gennaio [[1693]]) e assistente al Trono Pontificio (6 gennaio [[1693]]). Il 14 aprile [[1693]] si trasferì alla sede episcopale di [[Milano]] di cui aveva ottenuto la cattedra. [[Papa Innocenzo XII]] lo elevò al rango di [[cardinale]] nel [[concistoro]] del 12 dicembre [[1695]], ricevendo poi il titol cardinalizio di Santa Pudenziana (13 agosto [[1696]]). Per sostenere le sue ricche cariche, ottenne anche le prepositure commendatarie dei Santi Simone e Giuda e l'abbazia di S. Lorenzo al Pozzo, in territorio novarese.
 
I due anni del suo episcopato milanese furono costellati di pochi eventi: dopo aver inviato una lettera al popolo della diocesi, emanò delle disposizioni disciplinari sui conventi femminili e convocò un sinodo minore nel [[1697]]. Per la gloria della chiesa di Milano benedisse il "San Carlone", il colosso di [[Arona]], predisponendo nel Duomo di Milano la creazione di una statua d'argento dedicata a Sant'Ambrogio e la costruzione di una teca in argento per accogliere il corpo di [[Sant'Aquilino]] nella [[Basilica di San Lorenzo]]. Il 23 maggio [[1697]] iniziò una visita pastorale della sua arcidiocesi, ma riuscì a portare avanti ben poco di questa. Sempre nel [[1697]] il Caccia ottenne l'incarico di reggere la città di Milano durante l'assenza del governatore spagnolo, don [[Filippo de Guzmán]], confermando così l'equilibrio raggiunto tra stato spagnolo e chiesa nel corso del Seicento.
 
Caratterialmente il Caccia era descritto come uomo tranquillo, aperto ma discreto, incline alla carità verso i poveri che lasciò poi eredi del suo patrimonio.
Morì al palazzo episcopale di [[Milano]] il 14 gennaio [[1699]], alle 8.00: il suo corpo venne esposto alla venerazione dei fedeli nel Duomo, per poi venire sepolto di fronte all'altare della Madonna dell'Albero, presente all'interno della cattedrale stessa. Con il suo testamento, di brevi ma intense legazioni, lasciò gran parte dei propri possedimenti ai poveri.