A priori e a posteriori: differenze tra le versioni
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''A priori'' in filosofia è un concetto che si riferisce a tutto ciò che si può conoscere indipendentemente dall'esperienza ed è quindi opposto a ''a posteriori'' che indica una conoscenza fondata su dati sensibili desunti dall'esperienza.
==Filosofia antica e medioevale==
Nella storia della filosofia antica e medioevale i due principi riguardano non solo i procedimenti conoscitivi ma assumono anche un significato [[metafisica|metafisico]] che si riferisce alla differenza intercorrente tra il piano dell'[[essere]] e quello dell'esperienza. Così in Platone
I filosofi medioevali arabi e successivamente gli [[scolastica|scolastici]] ripresero questi concetti e distinsero la dimostrazione basata sull<nowiki>'</nowiki>''a priori'' come perfetta poiché inizia dalla causa per risalire all'effetto (demonstratio per quid), mentre è giudicata imperfetta quella ''a posteriori'', risalente dall'effetto alla causa (demonstratio quia).
Ancora nel secolo XIV queste espressioni si ritrovano in [[Alberto di Sassonia]], seguace della filosofia di [[Occam]]:
{{Quote|''Demonstratio quaedam est procedens ex causis ad effectum et vocatur demonstratio a priori et demonstratio propter quid et potissima;... alia est demonstratio procedens ab effectibus ad causas et talis vocatur demonstratio a posteriori et demonstratio quia et demonstratio non potissima''
==Filosofia moderna==
Questi principi rimangono in uso nel senso dato dai filosofi medioevali sino al [[secolo XVII]] quando ad opera dei filosofi [[empirismo|empiristi]] inglesi e dei [[razionalismo|razionalisti]] assumono un significato più ampio che è arrivato sostanzialmente sino ai nostri giorni: vale a dire che l<nowiki>'</nowiki>a priori rappresenta tutto ciò che si può conoscere indipendentemente dall'esperienza come ad esempio la matematica e la geometria mentre l<nowiki>'</nowiki>a posteriori è riferito a tutto il sapere basato sui dati sensibili assunti tramite l'esperienza.
Filosofi empiristi come [[John Locke]] e [[David Hume]] discutono sulla possibilità di
Il concetto di ''a priori'' nella ''[[Critica della ragion pura]] '' di [[Kant]] si ritrova a proposito delle funzioni conoscitive dello [[Spazio (fisica)|spazio]] e del [[tempo]] che
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* e universali, cioè appartengono a tutti gli uomini dotati di ragione.
Lo spazio e il tempo hanno natura immediata, cioè non subiscono la mediazione delle categorie, e non discorsiva in quanto non concepiamo lo spazio dai vari spazi, ma intuiamo i vari spazi come un unico spazio
Altri a priori kantiani sono le [[Categoria (filosofia)#Categorie kantiane|categorie]] nella [[Kant#Analitica trascendentale|analitica trascendentale]] e le [[Idee#Kant|idee]] nella [[Kant#Dialettica trascendentale|dialettica trascendentale]].
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Il termine "a priori" sta a significare qualcosa che avviene quando, dopo aver fatto esperienza tramite le percezioni del mondo esterno, i nostri progenitori abbiano poi trasferito le conoscenze al [[patrimonio genetico]].
Diversa da quella di Lorenz è la teoria avanzata da [[Karl Popper]] che in polemica con l'etologo sostiene invece che «tutto ciò che sappiamo è geneticamente a priori»: nel senso che ogni nostra percezione presuppone una nostra capacità genetica di ordinare e interpretare le sensazioni e di formarci quindi una conoscenza a posteriori. Popper ritiene che è kantianamente vero che «ogni conoscenza percettiva presuppone una conoscenza a priori» ma, a differenza della teoria kantiana, l'a priori non esprime una conoscenza necessaria ma ipotetica. Ad esempio il nostro primo approccio con la geometria ci fa congetturare che questa sia di tipo [[geometria euclidea|euclideo]] ma se andiamo oltre lo spazio che più da vicino ci circonda il carattere euclideo della geometria diviene un'ipotesi. La nostra conoscenza a priori quindi «è solo geneticamente a priori e ''non valida a priori; non a priori necessaria, non apodittica''...a posteriori sono le eliminazioni delle ipotesi, l'urto delle ipotesi con la realtà.»
== Note ==
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