Nebulosa di Orione: differenze tra le versioni

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| misura =
| appmag_v = 3,0 (nebulosa);</br> 4,0 (ammasso aperto)<ref name="ned">{{cita web | titolo=Nasa/Ipac Extragalactic Database |sito=Results for NGC 1976| url=http://nedwww.ipac.caltech.edu/| accesso=14 ottobre 2006 }}</ref>
| dimensione_v = 65′ × 60′ (nebulosa)</br> 47″ (ammasso aperto)<ref name="revised_ngc">[{{cita web|url=http://www.seds.org/~spider/ngc/revngcic.cgi?NGC1976 Revised NGC Data for NGC 1976]|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081217034558/http://www.seds.org/~spider/ngc/revngcic.cgi?NGC1976|dataarchivio=17 dicembre 2008|titolo=Revised NGC Data for NGC 1976}} per Wolfgang Steinicke's [http://www.ngcicngcicproject.org/steinicke/ngcicdb.asp NGC/IC Database Files].</ref></br>0,923°<sup>2</sup> di volta celeste
| luminosita_sup =
| angolo_posizione =
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La '''Nebulosa di Orione''' (nota anche come '''Messier 42''' o '''[[Catalogo di Messier|M]] 42''', '''[[New General Catalogue|NGC]] 1976''') è una delle [[Nebulosa diffusa|nebulose diffuse]] più brillanti del cielo notturno. Chiaramente riconoscibile ad [[occhio nudo]] come un [[Oggetto del profondo cielo|oggetto di natura non stellare]], è posta a sud del famoso [[asterismo]] della [[Cintura di Orione]],<ref>Dall'[[emisfero boreale]], la Nebulosa di Orione appare sotto l'[[asterismo]] della [[Cintura di Orione]], mentre osservando dall'[[emisfero australe]], la nebulosa appare sopra; in generale però, a causa della sua simmetria, la costellazione di Orione appare simile da entrambi gli emisferi.</ref> al centro della cosiddetta ''[[Spada di Orione]]'', nell'[[Orione (costellazione)|omonima costellazione]].
 
Posta ad una distanza di circa {{M|1 270||al}} dalla [[Terra]],<ref name=apj667>{{cita pubblicazione| autore=Karin M. Sandstrom| coautori=J. E. G. Peek, Geoffrey C. Bower, Alberto D. Bolatto, Richard L. Plambeck| titolo=A Parallactic Distance of 389<sup>+24</sup><sub>-21</sub> parsecs to the Orion Nebula Cluster from Very Long Baseline Array Observations| rivista=The [[Astrophysical Journal]] | anno=1999 | volume=667 | numero=2 | pagine=1161-1169| url=http://adsabs.harvard.edu/abs/2007arXiv0706.2361S| accesso=3 novembre 2007 }}</ref> si estende per circa 24 anni luce<ref name="dimensioni" /> ed è la regione di [[formazione stellare]] più vicina al [[Sistema solare]]. Vecchie pubblicazioni si riferiscono a questa nebulosa col nome di ''Grande Nebulosa'', mentre più anticamente i testi astrologici riportavano lo stesso nome della [[stella]] [[Eta Orionis]], ''Ensis'' (la spada), che però si trova in un'altra parte della costellazione.<ref name="Allen">{{cita libro|autore= Richard Hinchley Allen| url= http://userswww.winshopconstellationsofwords.com.au/annewConstellations/EnsisOrion.html|titolo=Starnames, Their Lore and Meaning|anno= 1889}}</ref> Si tratta di uno degli oggetti più fotografati e studiati della volta celeste,<ref name="successor">{{cita web|url= http://www.cfa.harvard.edu/pressnews/pr0605.html2006-05|titolo= Astronomers Spot The Great Orion Nebula's Successor|editore= Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics|anno= 2006}}</ref> ed è sotto costante controllo a causa dei fenomeni celesti che hanno luogo al suo interno; gli [[astronomo|astronomi]] hanno scoperto nelle sue regioni più interne [[Disco protoplanetario|dischi protoplanetari]], [[Nana bruna|nane brune]] e intensi movimenti di [[gas]] e [[Polvere interstellare|polveri]].
 
La Nebulosa di Orione contiene al suo interno un [[ammasso aperto]] molto giovane, noto come [[Trapezio (astronomia)|Trapezio]].<ref>Arcadio Poveda ''et al'', 2005, "Low-Mass Runaway Stars from the Orion Trapezium Cluster", Astrophysical Journal, 627.</ref> Le osservazioni con i più potenti telescopi (specialmente il [[Telescopio spaziale Hubble]]) hanno rivelato molte stelle circondate da anelli di polveri, probabilmente il primo stadio della formazione di un [[sistema planetario]].
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| rivista = Sky & Telescope
| pagine = 94
| url = http://business.highbeam.com/436983/article-1G1-54069573/igniting-hearth
| url = http://pqasb.pqarchiver.com/skyandtelescope/access/886319051.html?dids=886319051:886319051&FMT=CITE&FMTS=CITE:PAGE&date=Feb+1999&author=E+C+Krupp&desc=Igniting+the+Hearth
| accesso = 19 ottobre 2006 }}</ref>
 
Sebbene la nebulosa sia chiaramente visibile come tale anche senza l'ausilio di strumenti, sembra strano che non ci sia menzione di questa sua caratteristica nebulosità prima del [[XVII secolo]]. In particolare, né l<nowiki>'</nowiki>''[[Almagesto]]'' di [[Claudio Tolomeo]], né il ''[[Libro delle stelle fisse]]'' di [[Abd Al-Rahman Al Sufi|Al Sufi]] cita questa nebulosa, nonostante altri oggetti più o meno apparentemente nebulosi e più o meno luminosi siano citati. Curiosamente, neppure [[Galileo Galilei]] la cita, nonostante le sue osservazioni condotte con il suo [[cannocchiale]] nel [[1610]] e [[1617]] proprio in quest'area di cielo.<ref>{{Cita web | cognome = James | nome = Andrew | data = 29 ottobre 2005 | url = http://homepage.mac.com/andjames/Page204.htm | titolo = The Great Orion Nebula: M42 and M43 | editore = Southern Astronomical Delights | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100612010748/http://homepage.mac.com/andjames/Page204.htm| dataarchivio=12 giugno 2010| accesso = 27 ottobre 2006 }}</ref> Questi fatti hanno dato luogo a delle speculazioni secondo cui la luminosità della nebulosa sarebbe aumentata notevolmente a seguito dell'aumento di luminosità delle sue stelle interne.<ref>{{Cita web | cognome = Tibor Herczeg | nome = Norman | data = 22 gennaio 1999 | url = http://www.astro.uni-bonn.de/~pbrosche/aa/acta/vol03/acta03_246.html | titolo = The Orion Nebula: A chapter of early nebular studies | editore = History of Astronomy | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121011062024/http://www.astro.uni-bonn.de/~pbrosche/aa/acta/vol03/acta03_246.html| dataarchivio = 11 ottobre 2012| accesso = 27 ottobre 2006 }}</ref>
 
La prima menzione della Nebulosa come tale risale solo al [[1610]], ad opera di [[Nicolas-Claude Fabri de Peiresc]], come risulta dalle sue annotazioni.<ref name="Peirasc">{{cita web | url = http://galileo.rice.edu/Catalog/NewFiles/peiresc.html | titolo = The Galileo Project - Peiresc, Nicolas Claude Fabri de | accesso = 30 aprile 2008 }}</ref> [[Johann Baptist Cysat]] di [[Lucerna]], un astronomo gesuita, fu il primo a pubblicare delle note sulla nebulosa (sebbene con alcune ambiguità), in un libro sulle [[Cometa|comete]] edito nel [[1618]]. Fu scoperta [[Scoperta indipendente|indipendentemente]] negli anni successivi da alcuni astronomi importanti dell'epoca, come [[Christiaan Huygens]] nel [[1656]] (il quale pubblicò un primo abbozzo nel [[1659]]).
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Gli studiosi hanno dato dei nomi alle varie strutture interne alla Nebulosa di Orione: la fascia scura che si estende da nord intorno
alla brillante regione centrale è chiamata ''Bocca di pesce''; le regioni illuminate da entrambi i lati sono chiamate ''Ali''. I nomi di altre strutture sono ''La spada'', ''La Vela'' ed altri ancora.<ref>"[{{cita web|url=http://www.seds.org/messier/m/m042.html |titolo=M-42]"| editore=seds.org}}</ref>, Students for the Exploration and Development of Space, 12 aprile, 2006.</ref>
 
== Fenomeni di formazione stellare ==
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M.J. McCaughrean and C.R. O'dell, 1996, "Direct Imaging of Circumstellar Disks in the Orion Nebula", ''Astronomical Journal'', volume 111, pagina 1977.</ref> Il telescopio Hubble ha infatti rilevato più di 150 dischi protoplanetari, che sono considerati come lo stadio primario dell'evoluzione dei [[Sistema planetario|sistemi planetari]]. Questi dati sono utilizzati come evidenza che ogni sistema planetario ha origini simili in tutto l'[[Universo]].
 
Le stelle si formano quando nubi di [[idrogeno molecolare]] ed altri gas in una [[regione H II]] si contraggono a causa della loro stessa [[gravità]]. Come il gas collassa, la nube centrale cresce rapidamente e il gas interno si riscalda a causa della conversione dell'[[energia potenziale gravitazionale]] in [[energia termica]]. Se la temperatura e la pressione raggiungono un livello sufficientemente alto, inizia la [[fusione nucleare]] che dà origine alla [[protostella]].<ref name="formazione stellare">{{cita web | titolo=Formazione stellare (1h - A)| url=http://physics.infis.univ.trieste.it/~monaco/node21.html | urlarchivio =https://web.archive.org/web/20100301045820/http://physics.infis.univ.trieste.it/~monaco/node21.html|dataarchivio =1 marzo 2010|accesso=30 aprile 2008}}</ref>
| titolo=Formazione stellare (1h - A)
| url=http://physics.infis.univ.trieste.it/~monaco/node21.html
| accesso=30 aprile 2008}}</ref>
 
[[File:Ssc2006-16b.jpg|thumb|Le immagini all'infrarosso del [[Telescopio Spaziale Spitzer]] rivelano aree non visibili nella banda del visibile.]]
Di solito, un'altra nube di materia resta al di fuori della stella prima dell'innesco del meccanismo di fusione; questa nube in avanzo va a formare il disco protoplanetario della protostella, al cui interno può avvenire la formazione di pianeti. Recenti osservazioni all'[[infrarosso]] hanno mostrato come i granuli di polvere di questi dischi possano accrescersi, diventando la base di formazione dei [[Planetesimo|planetesimi]].<ref>{{cita pubblicazione| autore=Marc Kassis ''et al'', |data=2006, "|titolo=Mid-Infrared Emission at Photodissociation Regions in the Orion Nebula",| ''rivista=The Astrophysical Journal'', 637:823-837. Also see the [|url=http://wwwiopscience.keckobservatoryiop.org/news0004-637X/science637/060109_orion2/index823/pdf/63023.htmlweb.pdf|doi=10.1086/498404|accesso=20 pressnovembre release]2014}}.</ref>
 
Una volta che la protostella entra nella fase di [[sequenza principale]], è classificata come ''[[stella]]'' a tutti gli effetti. Le osservazioni mostrano che, sebbene la gran parte dei dischi planetari possa formare pianeti, l'intensa radiazione stellare dovrebbe distruggere tali dischi attorno alle stelle vicino al [[Trapezio (astronomia)|Trapezio]], se questo gruppo fosse così vecchio quanto le stelle di massa inferiore presenti nell'ammasso circostante.<ref name="salisbury" /> Da quando sono stati scoperti dischi protoplanetari anche in stelle molto vicine all'ammasso del Trapezio, può esserne dedotto che queste stelle sono molto più giovani rispetto a quelle circostanti.
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Una volta formate, le stelle all'interno della nebulosa emettono una corrente di [[Particella elementare|particelle]] cariche nota come [[vento stellare]]. Le stelle più [[stella massiccia|massicce]] del [[Classificazione stellare|gruppo OB]] e le [[Stella T Tauri|stelle più giovani]] hanno un vento stellare molto più forte di quello del nostro [[Sole]].<ref>Ker Than, 11 January 2006, "[http://www.space.com/scienceastronomy/060111_orion_news.html The Splendor of Orion: A Star Factory Unveiled]", Space.com</ref> Il vento forma onde d'urto nel momento in cui incontra il [[gas]] della nebulosa, il quale quindi forma nubi intense di gas. L'onda d'urto derivata dal vento stellare gioca dunque un ruolo fondamentale nel fenomeno della formazione stellare, compattando le nubi di gas, creando densità non omogenee e causando infine il collasso della nube, in un effetto a catena che alla fine interesserà l'intera nebulosa.
 
Ci sono tre differenti tipi di onde d'urto nella Nebulosa di Orione. Molti meccanismi sono spiegati alla voce [[Oggetto di Herbig-Haro]].<ref>"[{{cita web|url=http://wwwnews.vanderbilt.edu/news2006/releases?id01/mapping-orions-winds-59128/|titolo=23966 Mapping Orion'sOrion’s Winds]",winds|data= 16 gennaio 2006,| editore= ''Vanderbilt News Service''}}</ref>
 
* [[Bow shock]]: sono fermi e hanno origine quando due correnti di particelle collidono tra loro; si rinvengono vicino alle stelle più calde della nebulosa, dove il vento stellare viaggia alla velocità di migliaia di km al secondo, e nelle regioni esterne della nebulosa, dove la loro velocità si aggira sulle decine di km al secondo.<ref name="bow shock">{{Cita libro
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[[File:Orion.nebula.arp.750pix.jpg|thumb|Immagine del centro della nebulosa, presa dal telescopio Hubble. L'immagine ricopre un'area di circa 2,5 anni luce. Il Trapezio sta poco a sinistra del centro. ''NASA/ESA''.]]
 
Le nubi interstellari come la Nebulosa di Orione sono state scoperte in tutte le [[galassie]] come la [[Via Lattea]]. Esse nascono come piccole macchie di idrogeno neutro freddo intramezzato da tracce di altri elementi; la nube può contenere centinaia di migliaia di [[Massa solare|masse solari]] ed estendersi per centinaia di anni luce. La leggera forza di gravità che potrebbe portare al collasso della nube è controbilanciata da una debole pressione del gas nella nube.<ref name="Nebula">{{cita web | titolo=Nebula | url=http://cmsdev.nasawestprime.com/worldbook/nebula_worldbook_prt.htm | accesso=30 aprile 2008}}</ref>
| titolo=Nebula
| url=http://www.nasa.gov/worldbook/nebula_worldbook.html
| accesso=30 aprile 2008}}</ref>
 
Sia a causa della collisione con i bracci di spirale, sia a causa delle onde d'urto causate dalle [[supernova]]e, gli [[Atomo|atomi]] possono iniziare a precipitare in [[Molecola|molecole]] più pesanti, producendo così una [[nube molecolare]]. Ciò preannuncia la formazione di stelle all'interno della nube, il che avviene entro un periodo di 10-30 milioni di anni all'interno di [[Instabilità di Jeans|aree instabili]], dove i volumi destabilizzati collassano in un disco; questo si concentra nelle regioni centrali, dove si formerà la stella, che potrà essere circondata da un disco protoplanetario. Questo è lo stato attuale della Nebulosa di Orione, con in più stelle nuove che si formano in un processo a catena come descritto sopra. Le stelle più giovani che ora sono visibili nella nebulosa si ritiene abbiano un'età inferiore ai {{formatnum:300000}} anni<ref>"[{{cita web|url=http://www.seds.org/hst/OrionFull.html Detail of the Orion Nebula]",|titolo= HST image and text|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090708065811/http://www.seds.org/hst/OrionFull.html|dataarchivio=8 luglio 2009|editore=seds.org}}.</ref>, mentre la loro luminosità potrebbe essere iniziata da appena {{formatnum:10000}} anni.
 
Molti di questi collassi possono dare origine a stelle particolarmente massive, in grado di emettere grandi quantità di [[radiazione ultravioletta]]. Un esempio di questo fenomeno è dato dall'ammasso del Trapezio: la radiazione ultravioletta delle stelle massicce al centro della nebulosa allontana il gas e le polveri circostanti in un processo chiamato ''protoevaporazione''. Questo processo è anche responsabile dell'esistenza all'interno della nebulosa di aree "cave", che consentono alle stelle interne di essere vista dalla Terra.<ref name="successor" /> Le stelle più grandi del gruppo avranno una vita molto breve, evolvendo rapidamente ed esplodendo come supernovae.