La famiglia Passaguai: differenze tra le versioni

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== Critica ==
Gli ingredienti che lo rendono così diverso (e così divertente) si devono attribuire totalmente ad Aldo Fabrizi (regista e sceneggiatore) che unisce tutto il suo retaggio da avanspettacolo alla commedia Slapstick che fino ad allora era stata virtù essenzialmente del cinema muto americano (Buster Keaton, Charlie Chaplin, Stanlio & Ollio, i Fratelli Marx).
L’avanspettacolo e gli sketch tipici dei decenni precedenti (che ha visto l’attore italiano esibirsi nei piccoli Teatri romani) si possono riscontrare sia nei duetti con il fidanzato segreto della figlia che, ad esempio, con l’importunatore che bombarda di inutili domande Fabrizi.
 
Come infatti afferma anche [[Morando Morandini]] ''La Famiglia Passaguai'' è "''Una macchina comica romanesca che ha le sue ascendenze nel repertorio del teatro dialettale, dell'avanspettacolo e dell'umorismo del settimanale Travaso degli anni '30 ma anche postbellico, arricchito da trovate più cinematografiche (l'anguria) e da notazioni di costume sulla piccola borghesia. Soprattutto nel primo tempo non mancano le gag azzeccate né le macchiette colorite, appoggiate a caratteristi già affermati (T. Scotti) o in erba (C. Delle Piane)''"<ref name="trovacinema.repubblica.it">[http://trovacinema.repubblica.it/film/la-famiglia-passaguai/113842 Film La famiglia Passaguai (1951) - Trama - Trovacinema<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>.
 
A questa componente da avanspettacolo Fabrizi aggiunge lo [[Slapstick]], ovvero la comicità attraverso il corpo e non la parola, la comicità fracassona delle torte in faccia e delle bucce di banana che è presente in modo costante in tutto il film. Basti pensare a Gnappetta, il figlio più piccolo di Peppe, che riempie il film di pernacchie emesse con una tempistica perfetta seppur, ovvio, sempre nei momenti più imbarazzanti (per i Passaguai). Alcune sequenze rimandano addirittura ai cartoni animati, basti pensare alle avventure tra Fabrizi e "L'uomo col cocomero" dove la struttura, che si dipana lungo tutto il film suddivisa in tante piccole puntate, è infantile, ripetitiva ed è destinata immancabilmente sempre al solito finale, ovvero il cocomero dell'uomo in pezzi, proprio come i cartoni della seria [[Looney Tunes]].
 
=== Critica negativa dell'epoca ===
La critica dell'epoca non fu entusiasta, non tutta almeno, tra quelle più aspre si poteva leggere:
 
"I consueti equivoci, inseguimenti, incidenti, i soliti tipi intorno: il tutto su un piano che rifiuta la sincerità per essere inequivocabilmente marionettistico. Il comico che ne scaturisce è meccanico con tutte le sue insuperabili limitazioni"
<ref>Rassegna del film, Torino 2 marzo 1952</ref>.
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"Nel finale, che immerge tutto nell'atmosfera del paradosso, è annullata la validità di alcune felici annotazioni realistiche, qua e là innestate nell'esile vicenda.<ref>"Lorenzo Quaglietti su L'Eco del Cinema, 15/1/1951. http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/consultazione.redirect?sch=44146</ref>.
 
=== Critica positiva dell'epoca ===
Non mancarono ovviamente anche critiche positive alla pellicola:
 
"Un film piacevole, divertente, d'una comicità spontanea ed immediata, un film in cui c'è una trama vera anche se leggera ed una sceneggiatura intelligente e in cui, per di più, Fabrizi si rivela regista attento oltreché interprete spassoso... Un succedersi di casi umani, ravvivati da una fertilissima fantasia, sorretto da un dialogo quanto mai azzeccato e brillante"<ref>Il Messaggero, Roma 21 dicembre 1951</ref>.
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"Una regia brillante, svelta, dinamica, che non perde tempo, non conosce sprechi e trae partito portino dagli errori. Fabrizi non fa ripetere più di due o tre volte la scena, se un attore sbaglia, senza alterare l'effetto della scena, egli non fa ricominciare da capo, ma ne prende appiglio per cavare fuori un nuovo effetto. L'attore si corregge, ma anche la correzione viene registrata dalla pellicola e diventa "trovata". Insomma, una regia insolita, che sa far diventare fruttifero pure lo sbaglio e che parte da un senso popolaresco, se vogliamo, ma indubbiamente efficacissimo dello spettacolo"<ref>Maria G. Landi, ritaglio non identificato del 14 ottobre 1951</ref>.
 
Ne "[[IlPaolo Mereghetti. Dizionario dei film]]" [[Paoloscrive Mereghetti]]nel scrivesuo dizionario: "Utilizzando l'esilissima trama come un vero e proprio canovaccio su cui innestare invenzioni e trovate, Fabrizi fonde gli elementi caratteristici della sua comicità (il tipo romano pacioso e un po' tonto, bistrattato da tutti, a cominciare dall'ingombrantissima moglie) in una struttura che alterna elementi addirittura slapstick - le ripetute gag con l'anguria, l'esilarante trovata del volto deformato dal peso della moglie - a situazioni più tradizionali, derivate dall'avanspettacolo o dal teatro boulevardier, ottenendo effetti comici spesso irresistibili. Ottimo anche il lavoro sui caratteristi, a cominciare da un Delle Piane in calzoncini corti"
=== Critica successiva ===
Ne "[[Il Mereghetti. Dizionario dei film]]" [[Paolo Mereghetti]] scrive "Utilizzando l'esilissima trama come un vero e proprio canovaccio su cui innestare invenzioni e trovate, Fabrizi fonde gli elementi caratteristici della sua comicità (il tipo romano pacioso e un po' tonto, bistrattato da tutti, a cominciare dall'ingombrantissima moglie) in una struttura che alterna elementi addirittura slapstick - le ripetute gag con l'anguria, l'esilarante trovata del volto deformato dal peso della moglie - a situazioni più tradizionali, derivate dall'avanspettacolo o dal teatro boulevardier, ottenendo effetti comici spesso irresistibili. Ottimo anche il lavoro sui caratteristi, a cominciare da un Delle Piane in calzoncini corti"
 
Ne [[Il Morandini]] [[Morando Morandini]] scrive: "Una macchina comica romanesca che ha le sue ascendenze nel repertorio del teatro dialettale, dell'avanspettacolo e dell'umorismo del settimanale Travaso degli anni '30 ma anche postbellico, arricchito da trovate più cinematografiche (l'anguria) e da notazioni di costume sulla piccola borghesia. Soprattutto nel primo tempo non mancano le gag azzeccate né le macchiette colorite, appoggiate a caratteristi già affermati (T. Scotti) o in erba (C. Delle Piane)"<ref name="trovacinema.repubblica.it"/>.
 
Come infatti afferma ancheScrive [[Morando Morandini]] ''Lanel Famigliasuo Passaguai'' èdizionario: "''Una macchina comica romanesca che ha le sue ascendenze nel repertorio del teatro dialettale, dell'avanspettacolo e dell'umorismo del settimanale Travaso degli anni '30 ma anche postbellico, arricchito da trovate più cinematografiche (l'anguria) e da notazioni di costume sulla piccola borghesia. Soprattutto nel primo tempo non mancano le gag azzeccate né le macchiette colorite, appoggiate a caratteristi già affermati (T. Scotti) o in erba (C. Delle Piane)''"<ref name="trovacinema.repubblica.it">[http://trovacinema.repubblica.it/film/la-famiglia-passaguai/113842 Film La famiglia Passaguai (1951) - Trama - Trovacinema<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>.
Lorenzo Codelli nella prefazione al libro '''''Trilogia''''' scrive: "Un'esibizione tanto impudica quanto monomaniacale del proprio ego, orbite, panza, lingua e cervello insieme... La voglia di vacanze a tutti i costi, di piaceri domenicali e angurie a gogò (però la frustrazione ripetuta del cocomero inafferrabile rinvia alle disillusioni già in atto sul versante onniconsumistico) del primo capitolo si dilata nel secondo nella voglia di arricchimento immediato, di passaggio di classe, magari truffando e ingannando (e l'esito miracoloso della finzione milionaria preannuncia chissà quanti imbrogli a venire), e infine nel terzo diventa la voglia di cambiare sia identità sessuale che ruolo gerarchico, quasi un inno alla deresponsabilizzazione individuale. "Va bene che c'è la bomba atomica!" commenta sdegnata una dirimpettaia del transfabrizi in Papà diventa mamma, ed è appena una delle infinite battute e gag che rivelano l'ambiguità davvero scatenata dell'autore-attore-cosceneggiatore-produttore. Il quale arderebbe di ragionare in termini nostalgici, moralistici, come fa quella vicina, ma viene continuamente spinto più in là, molto più in là, dalla propria sfiducia anarcoide nei valori ormai decaduti, dal proprio istinto di derisore professionale. Così ad esempio non esiste più, ahilui, quella bella Roma pacioccona sulle cui immagini un po' da cartolina egli apre e conclude armoniosamente La famiglia Passaguai. E "guai" se quel "passa" (to) fosse ancora immobile lì, giacché l'esodo liberatorio verso i turbamenti di Fiumicino non gli sarebbe manco venuto in mente..."<ref name="Trilogia 1995">Trilogia, edito da Edizioni Centro Espressioni Cinematografiche di Udine(Dino Audino Editore,1995)</ref>.
 
Il film è stato selezionato tra i [[100 film italiani da salvare]]<ref>[http://www.retedeglispettatori.it/index.php?section=i-cento-film&id=23-la-famiglia-passaguai Rete degli Spettatori].</ref>.