Economia dello sviluppo: differenze tra le versioni

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In realtà lo stesso modello proposto da Griffin si rivelò ben presto inadeguato a rappresentare efficacemente la complessa problematica delle relazioni fra aiuto e sviluppo. Il primo a rilevare un limite fondamentale del [[modello di Griffin]] fu [[Walter T. Newlyn]] che, in un articolo del 1973, criticò l'assenza determinante di un modello economico sottostante che potesse spiegare le interazioni descritte da Griffin. Secondo Newlyn l'analisi di Griffin si basava su mere relazioni contabili soggette ad essere incorporate in schemi diversi di relazioni economiche che ne alteravano di volta in volta il significato.
Innanzitutto Griffin non considerava gli effetti moltiplicatori dell'afflusso di aiuti che avrebbero potuto determinare un incremento del reddito con conseguenti riflessi positivi sul livello dei risparmi interni. Inoltre il modello di Griffin mancava di valutare la possibilità di ''vincolare'' gli aiuti all'investimento: benché sia possibile che il vincolo non produca effetti sullo schema dei consumi, debbono essere presi in considerazione una serie di casi in cui tali effetti contraddicono gli argomenti di Griffin.

Gli ''[[Aiuti internazionali allo sviluppo|aiuti vincolati]]'' forzerebbero un paese a risparmiare una quota dell'incremento di reddito maggiore di quanto risulti dalla sua propensione marginale al risparmio. Peraltro, ''vincolare'' gli aiuti significa favorire un impoverimento immediato a favore di uno sviluppo promesso. In altri termini la popolazione deve rinunciare ad una quota di benessere immediato — che proverrebbe dal consumare una quota degli aiuti — in favore dello sviluppo del paese. E questo sacrificio sarebbe richiesto dall'affermazione che le spese per consumi, ivi incluse quelle per la tutela della salute, dell'educazione e per una migliore alimentazione, non determinano sviluppo. L'analisi di Griffin rivela tutta la sua dipendenza dai limiti imposti dal [[modello di Harrod-Domar]], al quale in ultima istanza si rifà, limiti che verranno invece superati da una parte importante della dottrina contemporanea nella [[Teoria dei bisogni fondamentali]].
 
Sul finire degli anni sessanta e nel corso della prima metà degli [[anni 1970|anni settanta]] si diffuse un atteggiamento ottimistico per quanto riguardava la possibilità di crescita economica dei PVS; ottimismo che prendeva spunto dagli ottimi risultati raggiunti, in termini di crescita economica, da parte di alcuni (pochi) [[Paesi in via di sviluppo]] che erano stati interessati da flussi di capitali privati a prezzi di [[mercato]] riuscendo ad incrementare considerevolmente i tassi di crescita ed i rendimenti sugli investimenti.