Anamnesi (filosofia): differenze tra le versioni

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La concezione dell'anamnesi, già presente nella visione [[orfismo|orfico]]-[[Pitagora|pitagorica]], è adottata da Platone per dimostrare nel ''Fedone'' la tesi dell'[[immortalità]] dell'anima e la formazione della conoscenza matematica e scientifica: noi non potremo mai avere una percezione empirica dei numeri, la cui conoscenza non dipende dai sensi, o delle forme geometriche, che nella loro perfezione non possiamo riscontrare nella realtà, ma potremo averla solo attraverso l'anamnesi che permette all'anima di scoprire in sé quelle verità che sono da sempre presenti in lei.
 
La reminiscenza o anamnesi è dunque un risveglio della [[memoria (psicologia)|memoria]], il ridestarsi di un sapere [[innatismo|già presente]] nella nostra [[anima]], ma che era stato dimenticato al momento della [[nascita]] ed era perciò [[inconscio]]. Per Platone e i [[neoplatonismo|neoplatonici]], [[conoscenza|conoscere]] significa dunque ''ricordare''. La conoscenza non deriva dall'[[esperienza]], sebbene questa svolga un ruolo importante e ineliminabile nel farsi "nunzio" dell'intelligibile;: il ricordo avviene in forma immediata e [[intuizione|intuitiva]], per lampi improvvisi.
 
[[Platone]] descrive il concetto di anamnesi soprattutto nel ''[[Menone]]'', nel ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'' ed in altri [[dialoghi (Platone)|dialoghi]]. Nel ''[[Menone]]'' in particolare egli riferisce come [[Socrate]] riesca ad aiutare uno [[schiavo]] privo di cultura a comprendere il [[teorema di Pitagora]]. Platone vede in questo episodio la conferma della teoria dell'anamnesi: nonostante l'ignoranza in cui si trovava, lo schiavo può ritrovare da sé i passaggi logici di quel teorema perché evidentemente erano già presenti in forma latente nella sua mente, avendoli ''visti'' nel mondo [[Iperuranio]] delle idee prima di [[incarnazione|incarnarsi]]. È stato sufficiente quindi attivare il processo del ricordo tramite la [[maieutica]] [[Socrate|socratica]]<ref>Platone, ''Fedro'', 247 c-e; ''Fedone'', 72e-77b; ''Menone'', 81c-86c.</ref> corrispettivo [[Socrate|socratico]] della reminiscenza dove però non compare nessun riferimento a un mondo ideale sede di ogni verità trascendente. Socrate è qui interpretato e trasfigurato platonicamente: per lui infatti la via che conduce alla verità avviene solo tramite il [[dialogo]] tra gli uomini e la verità che si consegue non è mai definitiva ma oggetto di sempre nuovi confronti: all'uomo non è dato il possesso della verità ma solo la ''ricerca'' di una verità da rimettere sempre in discussione.
 
[[Platone]] descrive il concetto di anamnesi soprattutto nel ''[[Menone]]'', nel ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'' ed in altri [[dialoghi (Platone)|dialoghi]]. Nel ''[[Menone]]'' in particolare egli riferisce come [[Socrate]] riesca ad aiutare uno [[schiavo]] privo di cultura a comprendere il [[teorema di Pitagora]]. Platone vede in questo episodio la conferma della teoria dell'anamnesi: nonostante l'ignoranza in cui si trovava, lo schiavo può ritrovare da sé i passaggi logici di quel teorema perché evidentemente erano già presenti in forma latente nella sua mente, avendoli ''visti'' nel mondo [[Iperuranio]] delle idee prima di [[incarnazione|incarnarsi]]. È stato sufficiente quindi attivare il processo del ricordo tramite la [[maieutica]] [[Socrate|socratica]]<ref>Platone, ''Fedro'', 247 c-e; ''Fedone'', 72e-77b; ''Menone'', 81c-86c.</ref> corrispettivo socratico della reminiscenza.
== Note ==
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