Anonimato: differenze tra le versioni

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{{Nota disambigua|il brano di [[Lucio Battisti]]|Anima latina#Anonimo|Anonimo}}
L''''anonimato''' (o anche '''anonimìa''') è lo stato di una persona ''' anonima''', ossia di una persona di cui l'identità non è conosciuta. Questo può accadere per diversi motivi: una persona è riluttante a farsi conoscere, oppure non lo vuole per motivi di sicurezza come per le vittime di [[crimine|crimini]] e di [[guerra]], la cui identità non può essere individuata.
 
Nascondere la propria identità può essere una scelta, per legittime ragioni di [[privacy]] e, in alcune occasioni, per sicurezza personale: un esempio ne sono i criminali, i quali, solitamente, preferiscono rimanere anonimi, in particolare nelle lettere [[Estorsione|ricattatorie]].
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Un'opera si dice anonima quando non si conoscono i suoi autori. Lo possono essere i prodotti del [[musica folk|folclore]] o della tradizione, tramandati oralmente; oppure lo sono i dati riguardanti il nome di un autore andati perduti o intenzionalmente nascosti.
 
== Diritto all'Anonimatoanonimato e Dirittidiritti della Personalitàpersonalità ==
Nell'Ordinamentoordinamento giuridico Italiano non esiste un diritto generale di anonimato.
Esso costituisce un diritto solo nei casi espressamente previsti da norme speciali.
Contrariamente, il diritto al nome ed il diritto all'identità, che molto spesso vengono considerati complementari e contrapposti all'anonimato, sono tutelati dalle leggi Italianeitaliane.
Il diritto al nome è riconosciuto negli articoli 6 e seguenti del Codice Civile. L'articolo 6 in modo particolare afferma che "Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome.Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati." Si afferma dunque il diritto di ogni persona al nome che le è attribuito e in un certo senso a tutelarne l'immagine (impedire l'indebito uso ad altri). Oltre al nome, nell'articolo 9 del Codice Civile viene tutelato lo pseudonimo.
Il diritto al nome è un diritto immateriale che riguarda la personalità, così come il diritto all'identità personale (tutelato dall'articolo 2 della Costituzione) e il diritto all'immagine (tutelato dall'articolo 10 del Codice Civile).
In particolare il diritto all'identità personale viene definito dalla Corte di Cassazionecassazione Civilecivile, come "l'interesse del soggetto, ritenuto generalmente meritevole di tutela giuridica, di essere rappresentato, nella vita di relazione, con la sua vera identità, così come questa nella realtà sociale, generale o particolare, è conosciuta o poteva essere riconosciuta con l'esplicazione dei criteri della normale diligenza e della buona fede oggettiva".
L'anonimato può sembrare contrapposto a questi diritti immateriali (nome ed identità personale) ma molte volte esso può costituire una forma di controllo della proiezione sociale della propria identità. Nella società dell'Informazione nella quale viviamo, lasciare delle tracce di se stessi è molto semplice, quasi impossibile non farlo, dunque, è proprio l'anonimato che garantisce "uno spazio di libertà".
 
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La [[S.I.A.E.]], differenzia l’uso di pseudonimo o anonimato all’uso del nome d’arte; in quanto quest’ultimo è notoriamente, per fama dell’autore, conosciuto come il nome vero.
 
== Diritto all'Anonimatoanonimato della partoriente ==
Si pongono in risalto alcuni aspetti presenti nella pronuncia della Corte Costituzionale del 25 novembre 2005, n. 425, in cui si affronta la rilevante questione del confine tra il diritto alla riservatezza e all’anonimato da parte della madre, e il diritto di conoscere le proprie origini biologiche da parte del figlio.
 
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== Diritto dell'adottato alle proprie origini ==
La Corte Costituzionalecostituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184 ([http://www.camera.it/_bicamerali/leg14/infanzia/leggi/legge184%20del%201983.htm Diritto del minore ad una famiglia]), come sostituito dall’art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ([http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/03196dl2.htm Codice in materia di protezione dei dati personali]). L'articolo è stato modificato nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice di interpellare la madre – che abbia dichiarato di non voler essere nominata – su richiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione.
 
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 novembre 2013.