Papa Giovanni X: differenze tra le versioni

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Secondo le ''Memorie storiche intorno alla terra di [[Tossignano]]'', Giovanni, della nobile [[Cenci (famiglia)|famiglia dei Cenci]], nacque in questa località sita nelle colline sopra [[Imola]], intorno all'860<ref name=":0">{{Cita|Rendina|p. 314}}</ref><ref>{{Cita|Benacci|pp. 9-10}}</ref>. Intrapresa la carriera ecclesiastica, completò il diaconato a [[Bologna]] (ove fu ordinato dal vescovo Pietro<ref name=":0" />) per poi diventare procuratore dell'[[Arcidiocesi di Ravenna|arcivescovo di Ravenna]] Cailone<ref name=":0" /><ref name=":1">{{Cita|Gnocchi}}</ref>. Giovanni soggiornò spesso a Roma come legato arcivescovile e fu in queste circostanze che strinse rapporti con l'aristocrazia romana, in particolare con il ''[[Magister militum]]'' [[Teofilatto]] dei [[Conti di Tuscolo]] (ca. 860 - ca. 924) e con sua moglie [[Teodora (X secolo)|Teodora]]<ref name=":0" />.
 
La svolta per la carriera ecclesiastica di Giovanni avvenne proprio grazie ai Conti di Tuscolo, quando questi (secondo<ref>Secondo [[Liutprando di Cremona]] Teodora era divenuta amante dello stesso Giovanni).</ref>, quando questi spinsero [[papa Sergio III]] (904-911) a nominarlo [[arcidiocesi di Bologna|vescovo di Bologna]], sede che però Giovanni non governò mai<ref>{{Cita|Liutprando|p. 828}}</ref>. Verso la fine del 904 Cailone morì<ref>{{Cita web|autore = |url = http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/allegati/28021/CRONOTASSI_DEI_VESCOVI_DI_RAVENNA.pdf|titolo = Cronotassi dei Vescovi di Ravenna, file pdf sul sito della diocesi|accesso = 7/1/2015|editore = |data = }}</ref>, permettendo a Giovanni di occupare la ben più prestigiosa sede di Ravenna, diocesi che guidò dal 905<ref name=":1" /> fino all'elezione papale<ref name=":2">{{Cita|Rendina|p. 315}}</ref>.
 
=== L'elezione al Soglio ===
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Una delle sue prime decisioni politiche fu quella di stringere un'alleanza con [[Alberico I di Spoleto|Alberico I]], Marchese di [[Camerino]], allora ''dominus'' del [[Ducato di Spoleto]] e dell'intera [[Italia centrale]]<ref>In quanto marito di [[Marozia]], figlia di Teofilatto e Teodora. Si veda: {{Cita|Arnaldi 1}}</ref>. Già forte dell'alleanza con l'[[aristocrazia romana]], Giovanni portava così dalla sua parte anche uno dei nobili più potenti della Penisola.
 
Per affermare invece l'indipendenza della Santa Sede dall'aristocrazia romana, Giovanni volle ripristinare l'autorità imperiale. Formalmente il titolo apparteneva al provenzale [[Ludovico il Cieco|Ludovico III]] (887-928), che però, sconfitto e accecato (da cui il soprannome di Ludovico il Cieco) da [[Berengario del Friuli]] (ca. 850-924) nel corso della guerra per la corona d'Italia, a causa della sua menomazione non era più in grado di mantenere la sua autorità sull'Italia e sulla Chiesa<ref name=":2" />. Dall'[[888]] Berengario cinse la corona d'Italia. Fu proprio al monarca italiano che il papa offrì la corona imperiale. Nonostante la sua posizione non fosse di primo piano<ref>Berengario aveva in realtà sconfitto Ludovico III, ma è pur vero che il 24 settembre 899 il suo esercito era stato annientato dagli Ungari nella battaglia del Brenta, e quella posizione di debolezza gli impedì, fino a tutto il pontificato di [[Sergio III]] (904-911), di aspirare alla corona imperiale.</ref>, Berengario rappresentava l'unico feudatario italiano che avesse qualche pretesa valida al trono imperiale. Inoltre, a parere del Brezzi<ref>Paolo Brezzi, ''La civiltà del Medio Evo europeo'', Ed. Eurodes, 1978, p. 50.</ref>, la nomina imperiale di Berengario doveva essere, per il papa, l'espressione di un gioco di forze inteso a contrapporre le influenze politiche locali e spoletine con quella di un'autorità esterna a Roma. Invitato dunque a Roma, l'incoronazione dell'ormai sessantenne re d'Italia avvenne nei primi giorni di dicembre del 915 in [[Antica Basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro]]<ref>{{Cita|Sestan-Bosisio|p. 201}}</ref><ref name=":3">{{Cita|Arnaldi 2}}</ref>, dopodiché Berengario rinnovò tutte le promesse di protezione e difesa da parte sua nei confronti della Chiesa<ref name=":10">{{Cita|Moroni|p. 51}}</ref>.
 
==== Difesa dell'Italia e della cristianità dai Saraceni ====
{{Vedi anche|Battaglia del Garigliano (915)}}
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[[File:Marozia.pdf|thumb|Marozia, disegno tratto da Franco Cesati, ''I Misteri del Vaticano o la Roma dei Papi'', vol.1, 1861]]
 
==== Arresto, detenzione e morte (925-926) ====
In una tale situazione politica Giovanni X riuscì a mantenere la pace interna per quasi dieci anni, fino a quando, il 7 aprile 924<ref name=":3" />, Berengario fu assassinato a [[Verona]] dalla fazione che sosteneva [[Rodolfo di Borgogna]] quale imperatore. Il potere imperiale, che si era mantenuto saldo negli anni e che aveva garantito a Giovanni X di mantenere il controllo su Roma e di esercitare liberamente il suo magistero spirituale, veniva ora meno. La scomparsa di Berengario e la mancanza di un pretendente potente che potesse succedere in tutta tranquillità all'imperatore assassinato rigettò nel caos più completo il Regno d'Italia, e permise all'aristocrazia romana di riprendere il sopravvento sul pontefice.
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</ref><ref name=":11">{{Cita|Sestan-Bosisio|p. 209}}</ref>.
 
La situazione politica, che era rimasta stabile per circa un anno, precipitò nel [[927]]: approfittando del fatto che il papa e suo fratello Pietro erano fuori Roma, Marozia e Guido chiusero le porte dell'Urbe impedendo così al pontefice e al Re d'Italia di rientrare<ref name=":11" />; l'alleanza tra il papa e l'imperatore era infatti troppo pericolosa per i progetti di Marozia di dominio dell'Urbe, e d'altra parte anche Guido aveva tutto l'interesse a contenere la potenza temporale della Chiesa (impersonata dal fratello del papa Pietro)<ref>P. Brezzi, cit., p. 54.</ref>. Ugo di Provenza, di fronte a una situazione che vedeva coinvolti in prima persona il fratello e la cognata, preferì non intervenire e ritornò a Pavia, lasciando soli Giovanni e Pietro<ref name=":11" />. Nel dicembre dello stesso 927 Marzoia e Guido passarono alla fase successiva del loro piano, occupando il [[Palazzo del Laterano]]<ref name=":1">{{Cita|Gnocchi}}</ref>. Pietro, privo delle forze militari necessarie, si rifugiò a [[Orte]], dove chiamò in aiuto gli Ungari<ref name=":1" />. L'iniziativa però gli costò cara in quanto, rientrato a Roma nel maggio [[928]], fu ucciso dal popolo e dall'aristocrazia sotto gli occhi del fratello<ref name=":8" />: i Romani perché spinti dal legame con Marozia, gli altri perché irritati dall'arrivo di quelle famigerate orde barbariche<ref>{{Cita|Gregorovius|p. 890}}</ref>. Giovanni, a questo punto, rimase senza più alleati: anche Ugo re d'Italia, infatti, preferì rimanere a guardare l'evolvere degli eventi, senza agire. Nel maggio 928 Giovanni X fu arrestato per ordine di Marozia, venne deposto e rinchiuso in carcere in [[Castel Sant'Angelo]], dove quasi certamente fu eliminato da Marozia e Guido tra maggio 928 e i primi mesi del [[929]]<ref name=":8" /> o addirittura il luglio del [[929]]<ref name=":9" />, quando già si erano succeduti due papi al suo posto: [[Papa Leone VI|Leone VI]] (maggio 928) e [[Papa Stefano VII|Stefano VII]] (dicembre 928).
 
Sulle cause della sua morte sono state proposte varie ipotesi: nelle ''Memorie storiche intorno alla terra di Tossignano'' è scritto che Giovanni fu soffocato con un guanciale dallo stesso Guido<ref name=":8" /><ref>{{Cita|Benacci|p. 160}}</ref>, mentre Gregorovius (basandosi su [[Liutprando di Cremona|Liutprando]]) ritiene che il deposto pontefice fosse morto per [[inedia]] o per [[strangolamento]]<ref>{{Cita|Gregorovius|p. 890}}</ref>.