Trattato di Osimo: differenze tra le versioni

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Dopo il distacco dalla [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|federazione jugoslava]] di [[Slovenia]] e [[Croazia]], nei cui confini sono compresi i territori inerenti al trattato di Osimo, alcuni esuli e qualche politico italiano misero in discussione la validità del trattato stesso, ma l'Italia rapidamente riconobbe Slovenia e Croazia come legittimi successori degli impegni internazionali della Jugoslavia, comprendendo pure il trattato di Osimo per le rispettive parti di competenza.
 
Fu il primo trattato internazionale i cui negoziati per l'Italia non vennero curati dal [[Ministero degli Affariaffari Esteriesteri]]. Le trattative furono condotte deliberatamente in maniera riservata<ref>Già nel 1970 - in occasione della visita ufficiale di Tito in Italia - erano state presentate delle interpellanze parlamentari da parte del deputato democristiano Giacomo Bologna e di altri deputati missini, alle quali era stato risposto che in tale occasione non si sarebbe parlato di questioni confinarie. Di fronte alle voci secondo le quali Italia e Jugoslavia stavano intrattenendo delle trattative sui confini, analoghe interpellanze furono presentate nel febbraio del 1975 dai deputati democristiani - nonché esuli istriani - Paolo Barbi e Giacomo Bologna. Il governo non ammise né smentì i negoziati, ma ricordò che dopo il 1954 gli Alleati non avrebbero dato appoggio a rivendicazioni «su territori posti sotto amministrazione o sovranità dell'altro paese». In merito si veda Diego D'Amelio, ''Il dibattito pubblico sul trattato di Osimo fra ragion di Stato e protesta locale'', in ''Qualestoria'', 2/2013, pp. 86-87.</ref>. L'incarico venne infatti affidato dal governo ad un dirigente del [[Ministero delledello Attivitàsviluppo Produttiveeconomico|Ministero dell'Industriaindustria, del commercio e dell'artigianato]], [[Eugenio Carbone]].
 
'''Firmatari'''