Museo archeologico nazionale Jatta: differenze tra le versioni

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{{citazione|Non più in città si veniva per provvedersi di viveri; perocché i venditori di pane, vino e camangiari, albergati sotto piccole tende, fornivano il necessario nella campagna medesima<ref name=paginaundici>{{Cita|Di Palo|p. 11|Museo}}.</ref>.}}
[[File:Giovannijattajunior.jpg|thumb|Giovanni Jatta junior]]
La scoperta fortuita nel [[1820]] del patrimonio vascolare presente nel sottosuolo scatenò una vera e propria caccia al tesoro e tutta Ruvo fu messa a soqquadro non tanto con l'interesse di costituire un museo o di ricavare informazioni storicamente utili, ma con l'intento di vendere i pezzi pregiati al fine di un personale tornaconto<ref>{{Cita|Di Palo|p. 10|Museo}}.</ref>. Due anni dopo si verificò il boom degli scavi e anche i primi intellettuali cominciarono ad interessarsi ai reperti. Oltre ai saccheggi dell'antica necropoli e al mercato sorto attorno alle anticaglie, alcune famiglie nobili ruvesi, quali Caputi, Fenicia, Jatta, Lojodice e altri, istituirono dei musei privati<ref name=paginaundici/>. Tuttavia tutte queste famiglie, ad eccezione degli Jatta, hanno poi disperso il loro patrimonio [[archeologia|archeologico]] vendendolo ai privati e spesso all'estero, determinando così una dispersione delle ricchezze storiche rubastine<ref name=paginaundici/>. L'eccezione fu rappresentata dagli Jatta, soprattutto da [[Giovanni Jatta|Giovanni Jatta senior]], magistrato presso il foro di [[Napoli]], il quale finanziò vari scavi privati con l'intento di allargare la sua piccola collezione, per lo più composta da monete<ref name=paginadodici>{{Cita|Di Palo|p. 12|Museo}}.</ref>. Aiutato dal fratello Giulio, nel [[1844]], anno di morte di Giovanni, la raccolta contava circa cinquecento reperti<ref name=paginadodici/>. L'erede di questo ingente patrimonio fu il nipote [[Giovanni Jatta (1832)|Giovannino]], figlio di Giulio Jatta e Giulia Viesti, tuttavia nel testamento il [[giureconsulto]] aveva ordinato all'erede di cedere le ricchezze al Re dell'epoca in modo da conservarle nel [[Museo Archeologico di Napoli]]<ref name=paginadodici/>. Ma a Giovannino, essendo ancora troppo piccolo, subentrò sua madre Giulia che, morto anche il marito, decise di chiedere al Governo Reale di lasciare la collezione Jatta a Ruvo in modo da essere esposta in un edificio adibito ad abitazione e museo<ref name=paginatredici>{{Cita|Di Palo|p. 13|Museo}}.</ref>. Nel [[1848]] il [[Ferdinando II delle Due Sicilie|re]] acconsentì alle richieste della signora Viesti. Con la maggiore età di Giovanni Jatta junior, la collezione era già passata ai duemila esemplari e toccò proprio a lui sistemare tutti i reperti nelle quattro stanze predisposte per il museo e in una quinta dedicata a [[monile|monili]] e [[monete]]: la disposizione stanza per stanza dei reperti è giunta intatta fino a noi<ref name=paginatredici/>. Nei secoli successivi si aggiunsero alcuni pezzi scoperti e rinvenuti da [[Antonio Jatta]]<ref name=paginatredici/>. Nel [[1991]], la collezione privata Jatta fu acquistata dallo [[Italia|Stato]] con un indennizzo alla famiglia di 9 miliardi di [[lira italiana|lire]] dovuto alle spese sostenute dalla famiglia negli anni per la cura del patrimonio<ref name="paginaquindici">{{Cita|Di Palo|p. 15|Museo}}.</ref>.
 
Il museo è tutt'oggi disposto secondo il volere dei fondatori ed è diviso in quattro sale ma fino ai primi del [[XX secolo|Novecento]] le sale erano ben cinque. La quinta sala conteneva un ricco medagliere, rubato nel [[1915]] e non più ritrovato<ref name=paginatredici/>.
 
I reperti inoltre sono disposti in ordine di importanza infatti la prima sala ospita delle terrecotte mentre l'ultima ospita il pezzo più importante e famoso, il vaso di [[Talo (mitologia)|Talos]]<ref>{{Cita|Di Palo|p. 14|Museo}}.</ref>.
Nel [[1993]] con [[decreto ministeriale]] il Museo Jatta è stato dichiarato [[musei nazionali italiani|nazionale]], mentre l'11 giugno dello stesso anno il Museo è stato riaperto al pubblico<ref name="paginaquindici"/>.
Alle sale si accede tramite l'antico portone di legno presente nell'atrio<ref name=museo/>.
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===Seconda sala===
La seconda sala, la più grande, contiene circa 700 vasi di produzione [[Grecia|greca]] o locale<ref name=museo/>. I vasi sono stati creati con la tecnica delle figure rosse, ovvero immagini rosse su sfondo nero<ref name=museo/>. All'ingresso della sala è possibile ammirare un grande [[cratere (vaso)|cratere]] a mascheroni del [[IV secolo a.C.]] rappresentante [[Apollo]] nell'atto di scagliare le frecce contro i [[Niobidi]], opera del [[pittore di Baltimora]]<ref name=ventinove>{{Cita|Di Palo|p. 29|Museo}}.</ref>. Il vaso è fiancheggiato da due anfore dello stesso periodo ma opera del pittore Licurgo: la prima reca le scene di [[Eracle]] nel tempio con [[Antigone (figlia di Edipo)|Antigone]] e [[Creonte]] e della lotta tra [[amazzoni]] e guerrieri attorno ad Eracle; la seconda invece la consegna delle armi ad [[Achille]] da parte delle [[Nereidi]]<ref name=ventinove/>. Degno di nota è il cratere attico a campana raffigurante l'ascesa di Eracle all'[[Olimpo]]<ref name=bucci65>{{Cita|Bucci|p. 65|buccimuseo}}.</ref>.
 
Le vetrine disposte tutt'intorno custodiscono una grande varietà di reperti che vanno da anfore e vasi di sempre minori dimensioni ad oggetti di uso funebre e quotidiano<ref name=ventinove/>. Inoltre in questa stanza è conservato un'iscrizione [[lingua latina|latina]] che ricorda la costruzione delle [[mura (architettura)|mura]] della ''[[Ruvo di Puglia|Rubi]]'' romana<ref name=bucci65/>.
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===Terza sala===
[[File:Terza sala MNJ.JPG|thumb|Panoramica della terza sala]]
Nella terza sala, contenente oltre quattrocento pezzi<ref name=bucci70>{{Cita|Bucci|p. 70|buccimuseo}}.</ref>, spicca il bianco del busto marmoreo di Giovanni Jatta junior al quale si deve la fondazione del Museo<ref name=quarantacinque>{{Cita|Di Palo|p. 45|Museo}}.</ref>. Il primo vaso collocato è un cratere protoitaliota a voluto del IV secolo a.C. sul quale sono rappresentati Eracle e [[Cicno (Ares)|Cicno]] ed è inoltre ripresa la biga di [[Ares]] con una interessante [[prospettiva]] frontale<ref name=quarantacinque/>. Su di un altro cratere protoitaliota è invece raffigurato [[Bellerofonte]] su [[Pegaso (mitologia)|Pegaso]] affiancato da [[Atena]] e [[Poseidone]], opera del ceramografo chiamato ''pittore di Ruvo''<ref name=quarantacinque/>. Un terzo cratere di Licurgo riporta ben tre scene: il [[giardino delle Esperidi]] sulla facciata anteriorie; un sacrificio ad Apollo sul posteriore; Eracle contro il [[Bos taurus|toro]] ed un [[riti dionisiaci|rito dionisiaco]] sul collo del vaso<ref name=quarantacinque/>. Su una colonna mozzata è inoltre presente un ulteriore cratere a volute su cui è dipinto il mito di [[Fineo]] ed è opera del pittore Amykos<ref name=quarantacinque/>. Altri crateri posti sulle colonne raffigurano [[Teseo]] e [[Piritoo]] puniti da [[Minosse]] e il ratto delle [[Leucippidi]]<ref name=bucci70/>.
 
Nelle vetrine sono conservati un gran numero di [[rhyton|rhyta]], bicchieri con forma di teste umane o animali, tra cui alcuni [[attica|attici]] e alcuni [[Iapigi|appuli]]<ref name=quarantacinque/>. È inoltre presente una [[pelike]] che rappresenta l'incontro tra [[Paride]] ed [[Elena]] mediato da [[Venere (divinità)|Venere]], un [[kantharos]] con figura di anziano barbuto e un [[askos]]<ref name=quarantacinque/>.
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Nelle vetrine sono conservati rhyta bifacciali ma anche collane e balsamari in pasta vitrea<ref name=sessantasette/>. Importante è anche la [[kylix]] con figura di giovane nudo<ref name=sessantasette/>. Accanto è posto un [[lekythos]] raffigurante la gara di canto tra [[Tamiri]] e le [[Muse (divinità)|Muse]]<ref name=sessantasette/>. La seconda vetrina raccoglie reperti del [[neolitico]] e dell'[[età del ferro]]<ref name=sessantasette/>. La terza ed ultima vetrina conserva opere di importazione [[Corinto|corinzia]] databili tra il VII e il VI secolo a.C., come alcuni tipi di [[alabastron]] e [[ariballo]]<ref name=sessantotto>{{Cita|Di Palo|p. 68|Museo}}.</ref>.
 
Altri vasi custoditi sono del tipo a figure nere e dunque appartenenti alla prima fase della ceramica attica, quali l'[[oinochoe]] rappresentante Eracle contro il leone [[Nermeo]] e [[Teseo]] che rincorre il [[Minotauro]]<ref name=sessantotto/>. L'ultima ceramica, la più pregiata, è il vaso di [[Talo (mitologia)|Talos]] opera del cosiddetto pittore di Talos<ref name=sessantotto/>. Il Museo e la stessa città di Ruvo devono la loro fama a questo vaso considerato uno dei più importanti capolavori ceramografici attici per via dell'delle innovazioni artistiche presenti come le ricerche coloristiche e prospettiche del [[V secolo a.C.]]<ref name=sessantotto/>. Sul vaso è dipinto l'episodio narrato da [[Apollonio Rodio]] nelle [[Argonautiche]] riguardo l'uccisione di Talos da parte di [[Medea]], sostenuto morente dalle braccia di [[Castore e Polluce]]<ref name=sessantotto/>. Nella stanza inoltre ci sono oggetti di metallo e parti di armature<ref name=museo/>.
 
== Note ==