Scetticismo (filosofia): differenze tra le versioni

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Rispetto al primo problema, Pirrone afferma che le cose sono ugualmente indifferenti, immisurabili e indiscriminabili. Ma ad essere indifferenti sono le cose in sé stesse, oppure è così che si presentano a noi a causa dei nostri strumenti conoscitivi inadeguati? Molto probabilmente Pirrone deve essere interpretato nel primo senso: come uno che ''sa'' che le cose sono in sé indifferenti, immisurabili e indiscriminabili, come uno che sia riuscito a conoscere in qualche modo la natura del divino e del bene e di fronte a questa esperienza, che non si può verbalizzare o concettualizzare, gli enti perdono di significato e di spessore.
 
Si tratta, quindi, di uno scetticismo "relativo", non assoluto (non a caso [[Cicerone]] metteva Pirrone tra i filosofi dogmatici): una verità assoluta viene colta, ma è incomunicabile. La disposizione corretta di fronte alle cose è dunque quella di un distacco teoretico e pratico. Conseguenze sono proprio l<nowiki>'</nowiki>''aphasia'' (a livello teoretico, l'atteggiamento scettico più coerente) e l<nowiki>'</nowiki>''atarassia'' (a livello pratico: pace interiore come conseguenza dell'indifferenza).
 
Lo scetticismo è perciò un'ipotesi [[gnoseologia|gnoseologica]] di carattere autolimitativo e pragmatico, che guarda alla realtà e ne trae i pochi elementi certi ed utili per impostare un orizzonte anti-dottrinario e condurre la propria esistenza in modo imperturbabile e indifferente alle emozioni della contingenza.